Algeria: la rivolta dei giovani sull’esempio tunisino

Il timore che gli aumenti indiscriminati dei generi di prima necessità (i prezzi dei cereali sono aumentati in un anno del 50%!), avrebbero scatenato, soprattutto in alcuni paesi poveri, sommosse popolari, sta diventando realtà. Dopo la “Rivolta delle baguette” di dicembre in Tunisia, ora è l’Algeria il paese in cui divampa e si estende la protesta giovanile. Da lunedì il paese è sconvolto da violenti scontri tra manifestanti e forze di sicurezza. Scoppiati nel popolare quartiere di Algeri Bab el-Oued, essi si sono oramai estesi in vaste aree del paese, tra cui la ribelle provincia orientale della Cabilia. Le autorità tremano: proprio la “Rivolta del couscous” del 1988 diede fuoco alle polveri della sanguinosa guerra civile che dilaniò il paese negli anni ’90.

«La polizia è schierata davanti alle moschee e alle università della capitale a causa dei disordini scoppiati nuovamente questa notte [7 gennaio, Ndr] dopo giorni di proteste contro l’aumento dei prezzi e la disoccupazione. Gruppi di giovani, armati di spade e molotov, hanno attaccato, giovedì, alcuni negozi nella zona di El Biar ad Algeri, saccheggiato un ristorante e svuotato un negozio di gioielli. Secondo alcune testimonianze diverse strade provinciali sono bloccate da barricate. Alcuni mezzi pubblici sono stati dai alle fiamme». [aljazeera.net]

«La protesta si è allargata coinvolgendo alcuni comuni della Cabilia, nella zona di Boumerdes e Bejaia, a 50 e 250 chilometri ad est di Algeri. Secondo quanto riferisce El Watan centinaia di giovani hanno manifestato a Naciria, Bord Menaiel e Issers, bloccando in diversi punti la strada nazionale. Intanto anche ad Algeri nuovi scontri sono stati segnalati ieri pomeriggio in altri quartieri di periferia della città, tra cui el-Hamiz e Bordj el-Kiffan. La polizia in tenuta antisommossa presidia i quartieri più popolari della capitale». [Il Sole 24 Ore, 7 gennaio 2011]

Ma quali sono le cause degli aumenti dei generi di prima necessità? Abdolreza Abbassian, capo economista della FAO, ha sostenuto che questi aumenti sono dovuti alle calamità naturali. «La siccità in Russia e Kazakistan, le inondazioni in Europa, Canada e Australia, stanno facendo aumentare i prezzi dei cereali».[Il Sole 24 Ore del 6 gennaio 2011]

Questa spiegazione, in realtà spiega poco. Ciò è dimostrato dal fatto che sono aumentati generi, quali lo zucchero, gli olii alimentari, le materie grasse, il caffè, il cotone, la carne o la pancetta congelata, che nulla hanno a che fare con le calamità naturali. Né la risposta può essere solo nel gioco tra domanda e offerta, pur essendo vero che da un anno circa, dopo il punto basso della recessione del 2008-2009, la domanda di questi beni è aumentata. Gran parte dei rialzi dei prezzi praticato nei mercati sono piuttosto dovuti alla manovre degli speculatori, anzitutto della grande speculazione finanziaria la quale, attraverso i contratti futures fa lievitare, anche di dieci volte, il prezzo di un bene prima che questo giunga sul mercato all’acquirente finale. Non è solo il rapporto della domanda con l’offerta, quanto appunto la speculazione su questo rapporto, compiuta dai grandi monopolisti della distribuzione mondiale (in grande parte gruppi americani che tirano i fili della borsa di Chicago) in combutta con i veri e propri speculatori. Vere e proprie forme di aggiotaggio pianificato. Esplicativa, da questo punto di vista, l’inchiesta «Un aumento lungo un giorno. Tutta colpa dei futures». [Il Sole 24 Ore, 4 gennaio 2011].

I governi come quello tunisino e algerino si difendono, sostenendo che nulla possono contro questi aumenti: «Sono le leggi di mercato, è la globalizzazione». In realtà l’equiparazione tra mercato e globalizzazione è quantomeno discutibile. La globalizzazione è una metastasi del mercato, è un mercato truccato, dove grandi gruppi finanziari, non solo fanno cartello per speculare sui prezzi – questo lo sapevamo – la globalizzazione, il libero scambio, sono la foglia di fico dietro ai quali si cela la finanza speculativa, che lucra scaricando sui popoli la sue sete insaziabile di fare denaro e di moltiplicarlo, senza neanche spendere un soldo né nel ciclo produttivo e nemmeno in quello della distribuzione. Il guadagno, la lievitazione, avvengono nella sfera della pura circolazione monetaria.

A farne le spese sono i popoli, anzitutto quelli dei paesi più poveri, dove si sopravvive con uno o pochi dollari al giorno, e dove l’aumento dei generi di prima necessità significa morire di fame. Non vi pare legittimo ribellarsi? Non vi pare legittimo mettere sotto accusa i governi locali che si fanno scudo con la globalizzazione, ma che in verità agiscono come esattori delle multinazionali e gendarmi interni delle potenze imperialiste?