Il futuro incerto della Libia

Torniamo sulla situazione libica, di cui tutto si può dire fuorché sia normalizzata, con un articolo di Gamal Nkrumah, pubblicato domenica scorsa sul quotidiano egiziano Al-Ahram.

In Libia accade tutto insieme: autonomia in Cirenaica, sfrontatezza delle milizie, e ascesa politica degli islamici

Se mai una tempesta perfetta si è rovesciata sui leader arabi, è successo nel 2011. Ma il conflitto riguardo a come gestire i problemi politici della Libia si è fatto ancora più fosco martedì scorso, quando alcuni leader tribali e comandanti di milizie hanno dichiarato la loro intenzione di creare una regione semi-autonoma nella parte orientale del paese – vale a dire nella Cirenaica, meglio conosciuta in arabo come Barqa.

Divisa, la Libia è destinata a disintegrarsi in entità politiche economicamente irrilevanti, eventualmente con la notevole eccezione della Cirenaica. Barqa è la parte del paese che ha le maggiori riserve di petrolio e gas naturale. E’ anche una ricca regione agricola, soprattutto la zona montuosa costiera che riceve il più alto tasso di precipitazioni nel paese. E la Cirenaica è stata la culla della rivoluzione, il centro della rivolta che ha portato al rovesciamento del regime del defunto leader libico Muammar Gheddafi.

“Questo è un precedente molto pericoloso; è un palese invito alla frammentazione. Lo respingiamo nella sua interezza”, ha dichiarato Fathi Baja, responsabile degli affari politici del Consiglio Nazionale Transitorio (CNT) che governa la Libia, riferendosi all’annuncio di martedì scorso.

Il CNT è passato da una crisi all’altra, dopo il raccapricciante assassinio di Gheddafi avvenuto lo scorso ottobre. Coloro che criticano il CNT sostengono che l’annuncio di martedì sia probabilmente una ferita auto-inflitta. Il CNT ha cercato di ottenere popolarità, ma ha lasciato le redini del potere reale nelle mani delle milizie locali sparse in tutto il paese. I leader della Cirenaica, naturalmente, avevano il diritto di chiedere l’autonomia o l’autogoverno.

I leader tribali e i miliziani della Cirenaica hanno eletto Ahmed Al-Zubair, il prigioniero politico rimasto più a lungo in carcere sotto Gheddafi in quanto leader della Libia orientale. Al-Zubair è un discendente dell’ultimo sovrano libico, re Idris, ed il suo orientamento ideologico è decisamente islamista.

L’ultima svolta in questa epopea dell’incompetenza da parte del CNT sta nel fatto che esso non è riuscito a capitalizzare la sua iniziale supremazia nella parte orientale del paese. L’incontro fra i leader tribali e i signori della guerra della Cirenaica si è svolto proprio a Bengasi, seconda città della Libia e centro economico della Cirenaica.

I principali raggruppamenti tribali della Cirenaica erano rappresentati all’incontro; essi comprendono gli Ubaidat, i Mughariba e gli Awajir. Le tribù della parte sud-orientale del paese (tecnicamente sotto l’amministrazione della Cirenaica) come i Toubou, erano invece sottorappresentate. La ragione è che sono sospettate di appartenere ai gruppi più fedeli a Gheddafi. E la reazione della leadership del CNT alla notizia della proposta di autogoverno in Cirenaica è stata a dir poco furiosa.

I leader della Cirenaica, tuttavia, si sono affrettati a placare i timori delle autorità del CNT a Tripoli. “Siamo contro le divisioni, e contro ogni mossa che danneggi l’unità del paese. Il federalismo non significa divisione, ma unità”, ha spiegato Fadl Allah-Haroun, un leader miliziano della Cirenaica. “Non stiamo parlando di cambiare la bandiera e l’inno nazionale. Stiamo parlando di un’amministrazione separata che si occupi dei nostri problemi particolari e delle nostre preoccupazioni. Vogliamo un parlamento regionale che diventi il luogo per deliberare sulle questioni regionali. Vogliamo anche gestire i nostri affari finanziari”, ha chiarito Haroun.

Una simile richiesta, tuttavia, non potrebbe suonare peggio alle orecchie del CNT a Tripoli. La scelta di tempo dell’incontro di Bengasi è inquietante. Essa ha avuto luogo proprio nel momento in cui si stanno formando i partiti politici in vista delle elezioni parlamentari di giugno. I primi a crearne uno sono stati gli islamici, che sembrano intenzionati a monopolizzare la scena politica.

I Fratelli Musulmani libici hanno collaborato con altri islamici politicamente indipendenti ma ideologicamente affini, e con altri gruppi di tendenza religiosa, per formare il Partito “Giustizia e Costruzione”.

Vi è stato tuttavia ben poco del consueto clamore che spesso accompagna la formazione di un nuovo partito politico. “Il nostro obiettivo è la diversità, e uno stato di diritto in cui si rispettino le differenze di opinione”, ha dichiarato Mohamed Sawan, che è stato eletto leader del nuovo partito. “Questa è la conferenza di fondazione di un partito nazionale e civile con un quadro di riferimento islamico. Tale partito è stato creato dai Fratelli Musulmani e da molti indipendenti che non sono affiliati a nessuna organizzazione islamica”, ha dichiarato Lamine Belhadj, un alto funzionario del CNT che presiede il comitato che ha lavorato per impostare il nuovo partito islamico moderato.

Compiendo questo passo, la Fratellanza Musulmana libica promette di seguire le orme della sua casa madre egiziana. Il movimento dei Fratelli Musulmani in Libia fu fondato nel 1949 da una costola dell’omonima organizzazione egiziana. Tuttavia, Gheddafi lo mise al bando.

L’organizzazione non ha pertanto potuto tenere incontri pubblici fino al novembre 2011, quando il leader libico era ormai stato assassinato. Tuttavia, non è ancora chiaro quali saranno le politiche regionali del movimento, soprattutto a livello arabo e africano. La Libia di Gheddafi ha rappresentato una potenza nella politica continentale africana.

Il Partito “Giustizia e Costruzione” non ha specificato quale sarà la sua politica africana, ma è chiaro che essa sarà orientata alle nazioni musulmane del continente, e che rafforzerà i legami con quei paesi arabi in cui i partiti affiliati alla Fratellanza Musulmana hanno ottenuto buoni risultati alle elezioni parlamentari, compreso l’Egitto. E’ anche probabile che tale politica sarà tesa a consolidare i rapporti con i paesi arabi del Golfo, ricchi produttori di petrolio.

In ogni caso, la Libia ha già indicato di essere pronta ad adottare una linea più indipendente sia dalle potenze occidentali che dai paesi arabi conservatori del Golfo.
Malgrado i profondi dubbi presenti nella base del CNT, il fatto che molti membri del Consiglio siano devoti alla causa della Fratellanza Musulmana mette il nuovo partito nella posizione di poter di giocare un ruolo politico centrale nella Libia post-Gheddafi.

Tuttavia, la nuova leadership libica ha sottolineato che sostanzialmente non intende modificare l’orientamento regionale e continentale che la Libia aveva sotto Gheddafi.
“La Libia è parte integrante del suo vicinato africano, arabo e mediterraneo. Siamo pronti a collaborare con tutti”, ha dichiarato il primo ministro libico Abdel-Rahman Al-Keib ai giornalisti presenti a Tripoli.

In termini generali, questo è ciò che deve accadere – e che molto probabilmente alla fine accadrà. “I confini della Libia rappresentano una linea rossa che non può essere oltrepassata”, ha affermato dal canto suo Mohamed Sennoussi, un rappresentante del gruppo etnico Toubou, geograficamente concentrato nella città sudorientale di Kufra. I gruppi tribali come i Tuareg e i Toubou, che erano a favore di Gheddafi, devono essere incorporati e integrati pienamente nel nuovo ordinamento politico in Libia. Si tratta di una sfida che il CNT dovrà affrontare nei prossimi mesi. Le rivalità e le animosità tribali continuano ad essere una potente forza distruttiva che potrebbe dividere il paese. Il CNT deve sforzarsi di unire insieme tutti i diversi gruppi etnici, anche quelli più scontenti. Fino a questo momento non vi è alcun segnale positivo in proposito, e vi sono poche speranze che le cose possano cambiare prima delle elezioni parlamentari di giugno.

Gamal Nkrumah è un giornalista egiziano di origini ghanesi, esperto di questioni africane
(Traduzione di Roberto Iannuzzi)

da Medarabnews