Le forze favorevoli alla rivoluzione hanno ottenuto quasi la metà dei voti, ma sono state tagliate fuori dalla corsa per la presidenza
Se le elezioni del 23/24 maggio si fossero svolte in un sistema parlamentare proporzionale le forze favorevoli a piazza Tahrir, con circa il 40% dell’elettorato dietro di loro, sarebbero emerse come le forze più potenti. In realtà questo è un gran passo avanti rispetto alle elezioni dello scorso autunno.
La corsa si svolgerà, comunque, fra gli altri due giocatori del triangolo del potere: vale a dire il vecchio regime sostenuto dall’esercito e la Fratellanza Musulmana. Il movimento di piazza Tahrir dovrà contare sulla piazza. La recente assoluzione dei figli di Mubarak e dei generali di polizia getta ulteriore benzina sul fuoco. Sono possibili enormi mobilitazioni popolari.
La sorpresa: il candidato di sinistra
La sorpresa del primo round delle presidenziali è stato il risultato ottenuto dal candidato della sinistra nasseriana Hamdeen Sabbahi. E’ arrivato terzo con il 20,7% e circa 4.800.000 voti. Sabbahi ha vinto nella maggior parte dei centri urbani, nelle due città più grandi, il Cairo, la capitale, e Alessandria, addirittura con quasi un terzo dei voti, lasciando molto indietro i suoi avversari.
E’ emblematico il caso del quartiere baraccopoli Imbaba del Cairo, che è stato una roccaforte salafita jiahdista negli anni ’90 e dopo è stato preso dalla Fratellanza Musulmana. I risultati: Sabbahi primo con il 32,2%, seguito da Shafiq con il 23,2%, da Mursi con il 18,3% e da Abul – Fotouh con il 14,7%.
Abul – Fotouh, l’islamista più liberale favorevole a Tahrir, che era stato espulso dalla Fratellanza, ha ottenuto il 17,1%, corrispondente a circa 4.100.000 voti. Tutto ciò evidenzia una svolta molto chiara verso le forze rivoluzionarie, la sinistra e verso l’ambiente democratico in generale. Nei centri urbani le forze filo Tahrir possono essere considerate la maggioranza assoluta dell’elettorato. (Va tenuto in considerazione il fatto che rimane un grande settore passivo, visto che l’affluenza è stata solo del 46% circa). Certamente Fatouh ha raccolto anche alcuni voti salafiti (i salafiti sostenevano Mubarak contro il movimento democratico). Ma anche questo fatto può essere interpretato come una svolta a sinistra. In effetti queste persone hanno votato per un candidato che vuole collaborare con piazza Tahrir, qualcosa che per i Salafiti è inaudito.
La prima posizione per il candidato della Fratellanza, Mursi, non era proprio da prevedere. In realtà i risultati indicano un declino enorme. Da 10.100.000 voti hanno perso quasi la metà, fino a 5.800.000 (il 24,8%). Se si considera il fatto che il candidato salafita è stato escluso e che alcuni dell’ambiente salafita nell’urna avranno scelto Mursi, il risultato per la Fratellanza è anche peggiore, visto che il blocco salafita alle elezioni parlamentari ha ottenuto 7.500.000. Da un lato ciò mostra la delusione delle masse popolari verso l’alleanza che la Fratellanza ha costruito con lo SCAF (Consiglio Supremo delle Forze Armate). Dall’altro manifesta che l’apparato della Fratellanza e il suo nucleo elettorale è intatto e ancora potente. La Fratellanza rappresenta la borghesia islamica con radici popolari significative. Ma la sua originaria tracotanza è del tutto fuori luogo, dato che ora essa deve corteggiare piazza Tahrir e i settori dell’ambiente liberale contro Shafiq e il vecchio regime. Ma il ripudio che deve affrontare è di primaria importanza, visto fino a che punto essa rifiuta la domanda di piazza Tahrir. E tale rifiuto persiste, dato che non sembra disposta ad andare incontro sostanzialmente alle proposte di piazza Tahrir.
Il secondo classificato, Shafiq, con 5.500.000 voti pari al 23,6%, è chiaramente il candidato dell’esercito e del vecchio regime. Sotto lo slogan della sicurezza e della stabilità essi potrebbero riorganizzarsi. Shafiq ha annunciato di voler metter fine alla rivoluzione. Questa posizione apertamente controrivoluzionaria è nuova, poiché in seguito al rovesciamento di Mubarak i resti del vecchio regime hanno cercato di apparire come pro rivoluzionari. Tale svolta sembra essere una ragione del fallimento di Amr Moussa, che ha rappresentato il camuffamento democratico. Quelli che sostengono il vecchio regime vogliono esprimere la loro richiesta di un nuovo uomo forte.
Shafiq si appoggia oltre che sull’esercito e sul vecchio apparato statale sulle elites economiche, su elementi delle classi medie laiche e su un settore dei Copti. C’è stata anche una specie di piccola campagna che ha denunciato i cristiani come sostenitori del vecchio regime dittatoriale. Ma la realtà è che un grande settore dei Copti delle classi inferiori e medie ha votato massicciamente per Sabbahi. In ogni modo, considerato che l’apparato statale e grandi settori dei media stanno con loro, il risultato di Shafiq è rimasto magro.
Elezioni truffaldine
Innanzitutto non va dimenticato che da un punto di vista democratico costituzionale le elezioni sono assurde. Il popolo è stato chiamato alle urne sotto il governo di una giunta militare che decide in base ad una funzione le cui prerogative restano indefinite. In realtà la costituzione di Mubarak è ancora in vigore, perché l’esercito e la Fratellanza hanno votato insieme, in un referendum dopo la caduta di Mubarak, per mantenerla, apportando solo piccole variazioni. La redazione di una nuova costituzione è stata delegata ad una commissione costituzionale che va nominata dal parlamento, controllato dalle forze islamiste. Dopo il ritiro di tutte le altre forze dalla commissione, la magistratura ha dichiarato che questo corpo non è rappresentativo. Quindi il comune tentativo della Fratellanza e dello SCAF di evitare un’assemblea costituente eletta dal popolo è entrato in una fase di stallo. E’ di nuovo la giunta a progettare un’assemblea costituente che soddisfi i loro interessi.
La Fratellanza è caduta vittima della sua stessa politica. E’ stato proprio con questa costituzione che il loro capofila, el Shaker, era stato escluso dalla corsa, dato che prima era stato prigioniero politico e quindi aveva un precedente penale. Anche la speranza salafita Abu Ismail era stata esclusa insieme a Suleiman, che era stato designato da Mubarak come suo successore, solo per mandare Shafiq in gara. Queste condizioni da sole rendono le elezioni truffaldine.
Ma ci sono stati enormi problemi anche nello svolgimento delle elezioni. I principali contendenti sconfitti hanno presentato reclami documentati: circa mezzo milione di persone sono state aggiunte alle liste degli elettori senza alcuna spiegazione da parte della commissione elettorale. L’accesso degli osservatori al conteggio non è stato garantito. Sono state ritrovate urne abbandonate fra i rifiuti. Ma tutti i casi di irregolarità denunciati sono stati respinti senza alcuna seria indagine. Il ricorso non è possibile. Così il vecchio apparato ha mantenuto il controllo della struttura elettorale. Pertanto i risultati di Sabbahi e Fatouh appaiono perfino in una luce migliore.
Escludere Shafiq
Subito dopo le elezioni, (il movimento di) piazza Tahrir era di nuovo nelle strade. Ci sono due richieste cruciali:
In primo luogo, la giunta deve cedere subito il potere ad un consiglio civile di transizione composto dai principali candidati presidenziali, compreso El Baradei. Le forze più radicali vogliono basare questo consiglio interamente sul movimento popolare rappresentato dai dirigenti di piazza Tahrir. La corsa elettorale va rinviata fino a quando lo SCAF si sia ritirato e una nuova costituzione venga redatta. Questo approccio è in piena continuità con la domanda centrale della fine del regime militare, che è stata sollevata dal movimento rivoluzionario democratico fin dalla caduta di Mubarak. La Fratellanza continua ad opporsi ad un consiglio civile di transizione anche se sarebbe inclusa, per non parlare poi del rinvio delle elezioni. Insiste sull’evitare il conflitto con il vecchio regime, cosa che l’esperienza concreta ha già smentito.
In secondo luogo, Shafiq deve essere escluso dalle elezioni secondo una legge approvata dal parlamento, e non solo arbitrariamente dal governo sotto la tutela dello SCAF.
E’ difficile immaginare che Shafiq riuscirà vincitore senza imbrogli. Nel caso che comunque ciò accada, è probabile che esploda un Terzo movimento Tahrir . (Il primo ha rovesciato Mubarak. Il secondo ha provato a metter fine al regime militare prima delle elezioni parlamentari dello scorso autunno.) Tale tentativo da parte del vecchio regime di rigenerarsi attraverso una maschera democratica potrebbe portare ad un’altra esplosione popolare che rafforzerebbe ancor di più le forze rivoluzionarie.
Il processo Mubarak
Poi è arrivata l’assoluzione dei figli di Mubarak e dei generali di polizia di rango elevato. Sapendo che Mubarak deve essere la vittima, il vecchio apparato ancora in carica si è scagionato. Una provocazione! Subito una terza richiesta è stata aggiunta dal movimento di piazza Tahrir: un processo popolare per Mubarak e i suoi scagnozzi. Sia Sabbahi che Fotouh si sono uniti alla folla di piazza Tahrir e perfino Mursi si è presentato a corteggiare il movimento, del cui sostegno ha bisogno contro Shafiq.
Dalla padella alla brace?
Paragonato a Shafiq, Mursi è sicuramente il male minore. Ci sono state anche tante proposte, emerse dal movimento popolare, su come assicurare la caduta di Shafiq. A Mursi è stato richiesto un passo indietro, per lasciare a Sabbahi il campo per competere con Shafiq. Si è argomentato che per un intero anno la Fratellanza ha sostenuto che la forza più potente non dovesse schierare un candidato per non imporsi sulla società. Ora essa dovrebbe mantenere le sue promesse, idea che è stata rifiutata da Mursi e dichiarata incostituzionale dalle autorità. Poi è arrivata la proposta che Mursi dovrebbe nominare Sabbahi e Fotouh come suoi vice. Non c’è alcuna clausola costituzionale che disciplini simili materie. Finora Mursi ha evitato di esprimersi sulla questione. Altri hanno chiesto garanzie sui diritti democratici, che egli dovrebbe impegnarsi a rispettare. Per il momento Mursi non è stato troppo sensibile alla pressione popolare. Stando ai precedenti politici della Fratellanza nello scorso anno non c’è da aspettarsi molto.
La maggior parte del movimento di piazza Tahrir e della sinistra sembrano optare per un boicottaggio o per annullare le loro schede, con l’obiettivo di screditare sia Shafiq che Mursi. C’è pochissima fiducia in Mursi, dato il sistematico rifiuto della Fratellanza alla richiesta del movimento di piazza Tahrir di metter fine subito al regime dello SCAF. Altri, come ad esempio l’influente giornalista e già dirigente del movimento di opposizione Kifaya Abdulhailim Qandil, invitano a votare Mursi al fine di sconfiggere Shafiq, ritenuto il pericolo principale.
Indipendentemente dalla scelta, la linea generale è chiara: sconfiggere Shafiq; premere su Mursi perché non violi e non distrugga le conquiste democratiche del movimento non lasciandogli carta bianca. Ed eventualmente mettere in discussione tutta la corsa elettorale, viste le dubbie condizioni e le lacune costituzionali, rinviando le decisioni importanti ad un periodo successivo al ritiro della giunta militare.
Un vulcano
Ogni mossa dello SCAF per preservare il suo regime e la connivenza della Fratellanza, che è stata dolorosamente sperimentata durante l’ultimo anno, dovranno fronteggiare il movimento di massa di piazza Tahrir. Più di prima questo movimento sa che la sua forza si fonda sulla piazza, che può porre fine alla anomala e traballante alleanza fra lo SCAF e la Fratellanza Musulmana. Il consenso popolare del movimento di piazza Tahrir è decisamente aumentato nell’ultimo anno. La fiducia nelle vuote istituzioni imposte dallo SCAF con l’aiuto della Fratellanza travestita da forza democratica è ormai evanescente. Le masse popolari sono pronte per esplodere in una terza mobilitazione Tahrir se lo SCAF lancia un grande attacco, come ad esempio imporre Shafiq. Una cosa del genere comporterebbe un ulteriore avanzamento delle forze rivoluzionarie.
Dunque l’Egitto rimane al centro del movimento rivoluzionario democratico del mondo arabo. Il movimento di piazza Tahrir fino ad ora è riuscito ad evitare in Egitto la ricostituzione dell’ordine imperialista e del regime e rende molto costoso per la Fratellanza muoversi verso una tale direzione. Questo è un esempio per l’intera regione che può avere un impatto importante.
Ma è chiaro che in Egitto e in tutta la regione il processo non sarà costante e continuo. Gli Stati Uniti e l’imperialismo in generale non staranno indefinitamente a guardare una grave e profonda perdita di controllo della regione e dell’Egitto, suo paese centrale. Prima o poi, se il movimento di piazza Tahrir riuscirà a proseguire nella sua ascesa, si troverà di fronte ad un grande attacco sostenuto dall’imperialismo. Il momento giungerà quando il corteggiamento della “Primavera araba” sarà finito e saranno le armi a parlare.
Traduzione di Maria Grazia Ardizzone