Un atto di guerra coperto dal complice silenzio dell’occidente

Alle ore 24:00 locali del 23 ottobre, una serie di esplosioni a catena ha squassato la periferia meridionale di Khartoum. E’ stata praticamente rasa al suolo la fabbrica di munizioni di Yarmouk. Non si è trattato di un incidente, diversi testimoni oculari hanno visto quattro aerei provenienti da Est che hanno lanciato alcuni missili. Dai resti di un missile inesploso è venuta la prova inconfutabile dell’aggressore: Israele.

Guarda caso, pochi giorni prima, per l’esattezza giovedì 18 ottobre, Amos Gilad, alto funzionario della difesa israeliana aveva come annunciato l’attacco, bollando il Sudan come “pericoloso Stato terrorista”. E interrogato dai giornalisti subito dopo il bombardamento, se Israele fosse responsabile, ha rifiutato di rispondere. Come infatti ammettere la responsabilità di un atto di guerra che viola palesemente la Carta delle Nazioni Unite?

Del resto non è un segreto per nessuno che Israele usualmente compie attacchi aerei contro i suoi nemici, come quelli contro le presunte centrali atomiche in Iraq e in Siria. Come fece nel 2009, ancora contro il Sudan, quando massacrò dieci persone accusate di far parte di un convoglio militare che trasportava armi verso Gaza — accusa sempre respinta da Khartoum. E sempre il Sudan, nel mese di agosto del 1998, fu vittima di un attacco missilistico degli Stati Uniti (questo rivendicato, poiché l’Impero se lo può permettere). Venne distrutta una fabbrica farmaceutica ad al-Shifa, a nord di Khartoum, ma per gli americani era una “fabbrica di armi chimiche di Osama Bin Laden”.

Ma perché quest’attacco? Perché proprio adesso? Forse che il Sudan rappresenta una minaccia per lo Stato sionista? Ovviamente no. La ragione è più semplice e l’ha detta il Ministro dell’informazione sudanese: «Si tratta di un aiuto ai ribelli del Darfur, che da sempre ricevono aiuti da parte di Israele, di un tentativo di indebolire il nostro esercito».

Gli israeliani sostengono le guerriglie darfuriane come hanno sempre sostenuto, in combutta con americani e occidentali, le forze secessioniste del Sud Sudan. Dopo decenni di guerra civile alla fine gli imperialisti l’hanno spuntata, amputando il Sudan delle sue vaste regioni meridionali, ricche di petrolio.

Evidentemente non sono ancora sazi. Essi continuano a sostenere le guerriglie del martoriato Darfur con l’intenzione di staccare anche le province occidentali dal Sudan. Il loro disegno è chiaro, smembrare e poi cancellare uno Stato che pur in mezzo a tante difficoltà e tragedie non si è mai piegato ai diktat dell’Occidente.