La guerra giustissima
La chiesa cattolica e l’occupazione dell’Afghanistan

di Moreno Pasquinelli

E’ oramai una notizia ufficiale. Dopo svariati annunci in tal senso da parte inglese, si starebbero svolgendo proprio in queste ore in Arabia Saudita colloqui riservatissimi tra una delegazione americana e un’altra che si dice rappresenti i Talibani.
Non è una notiziola da niente, è anzi un fatto che, di contro alla sistematica overdose di fatterelli insignificanti con cui i media seppelliscono ogni evento davvero importante, dovrebbe essere considerato enorme.

La crociata antitalibana scatenata da Bush nell’ottobre 2001 (annunciata in pompa magna come Enduring Freedom) e prontamente spalleggiata nel gennaio successivo da una schiera di satrapi d’ogni latitudine (ci riferiamo alla Missione a guida NATO denominata ISAF: 37 paesi coinvolti per un totale di 47mila soldati), per bocca dello stesso general Petraues, è prossima al definitivo fallimento. Di qui i negoziati con i Talibani, fino a ieri inqualificabili terroristi da sterminare, oggi autorevoli interlocutori politici.
Quando si dice il pragmatismo americano!
Dalle parti nostre, voglio dire in questa porzione di mercato mondiale a forma di stivale, il governo, vittima del suo demenziale codismo verso l’impero, è più realista del Re.
La Russa, ricorrendo al simbolismo verbale di tradizione brigatista, ha affermato che in Afghanistan “Si è elevato il livello dello scontro”.  Doveva pur  giustificare l’invio di due cacciabombardieri Tornado, che date le loro caratteristiche offensive, solo dei cretini possono davvero credere saranno utilizzati…”per monitorare il territorio” (sic!). Gli faceva eco Frattini in visita in Pakistan, il quale ha affermato bellamente che l’Italia non si ritirerà mai dall’Afghanistan e che è contraria ad ogni trattativa coi Talibani.
Deve essere questo eccesso di zelo tipico del cameriere verso il suo padrone che La Russa è stato richiamato d’urgenza a corte, ovvero a Washington, dove gli avranno spiegato che la linea la dettano alla Casa Bianca, che l’Italia deve riallinearsi in fretta, che d’ora in avanti dovrà intonare il ritornello opposto, che il negoziato coi Talibani è cosa saggia e giusta. Così sarà.

Meno comica appare invece la posizione della Chiesa cattolica italiana, la quale corrisponde a quella della curia romana, ovvero del Vaticano. In un editoriale di prima pagina dell’Avvenire del 19 ottobre, Riccardo Radaelli così scrive: «Ma oggi chi combatte il governo centrale e le trupe NATO è schierato contro l’idea stessa di quell’Afghanistan che la comunità internazionale si è impegnata —pur in modo insufficiente— ad aiutare in questi anni. Aprire la trattativa con la dirigenza storica talebana significa rischiare di sconfessare tutto ciò. Ci troviamo così intrappolati fra una guerra che non riusciamo a vincere, ma che non possiamo permetterci di perdere, e un compromesso che rischia di essere un cedimento umiliante».
Sì, sì, tutto vero: questa critica alla nuova linea negoziale degli USA, questa perorazione a portare a termine una guerra “che non possiamo perdere”, stavano scritte su Avvenire, il giornale dei vescovi italiani, non su Libero o sul sito della Folgore.
Tutto ciò la dice lunga sulla visione del mondo di chi oggi governa l’universo cattolico, in cima al quale ci sarà pure un Papa teologo ma, mai come nessuno di quelli che l’hanno preceduto, schierato a spada tratta (nel senso letterale) con l’Occidente imperialista.
Non facciano dunque i vittimisti, questi cattolici con l’elmetto, davanti alle violenze che i cristiani subiscono nei paesi martoriati dalla guerra, dalla fame e dal saccheggio perpetrati dall’imperialismo. Per quanto tremende siano molto spesso queste persecuzioni, è proprio la politica curiale di sfrontato appoggio all’imperialismo a giustificarle, in quanto fa ingiustamente apparire tutti i cristiani come servi degli invasori.