Ma non è che ci sia poi tanto da festeggiare…..
Iraq, 30 giugno, festa di liberazione. In attuazione dell’Accordo sullo Status delle Truppe – SOFA dello scorso autunno, le truppe di occupazione statunitensi iniziano il ritiro verso basi non troppo vicine (ma neppure tanto lontane) dalle città e, più in generale, da tutti i centri abitati.
Il governo di Al Maliki e la televisione di stato presentano l’evento, nientepopodimeno, come “il giorno della vittoria”.
Ma quale vittoria? Quale liberazione?
Il SOFA, ricordiamo, non è altro che una foglia di fico che ha legittimato la presenza delle forze d’occupazione dopo la scadenza del mandato dell’ONU (che, dopo aver tuonato contro la guerra di Bush, legittimò tempestivamente l’occupazione). Infatti prevede sì l’allontanamento delle truppe USA dai centri abitati, ma per il momento il numero dei soldati resta invariato (130.000) e con pieni poteri di intervento in “situazioni di emergenza” non meglio specificate.
Gli occupanti, come abbiamo più volte sottolineato, hanno abilmente fomentato le divisioni settarie, contribuendo così alla mancata costituzione di un fronte unitario di Resistenza. Però non c’è dubbio che il divide et impera rende la situazione alquanto precaria sotto il profilo della sicurezza, il che favorisce appunto le “situazioni di emergenza”.
Inoltre secondo l’accordo nell’ agosto 2010 i soldati saranno ridotti a 50.000, per giungere ad un ritiro totale entro il 2011. Ma tutto il testo è subordinato alla clausola “se la situazione lo consentirà” e non è poi affatto chiaro se il ritiro investirà anche la totalità delle basi.
Gli iracheni possono quindi mettersi l’anima in pace: stando al SOFA saranno gli americani a decidere se, come e quando ritirarsi. E potrebbero decidere in tal senso solo qualora l’Iraq si doti di un governo totalmente prono ai loro voleri e in grado di fungere da “cane da guardia” in vista del loro progetto di “Grande Medio Oriente”.
Visto che tale progetto, soprattutto grazie all’Iran e alla tenace Resistenza afgana che colpisce gli occupanti quasi quotidianamente, è ancora ben lungi dal realizzarsi, dubito fortemente che il ritiro quale disegnato dal SOFA possa concretizzarsi.
E non sono la sola a dubitare, visto che il tanto acclamato SOFA fu approvato dal governo iracheno con l’assenza di ben 10 ministri, per essere ratificato poi da una risicatissima maggioranza parlamentare, registrando l’opposizione di importanti organizzazioni politiche di ispirazione sia sciita che sunnita nonché massicce manifestazioni popolari di protesta.