Il voto in Afghanistan mentre la Resistenza avanza
Così come la Resistenza afghana ha dimostrato in questi giorni la propria forza militare, colpendo i centri nevralgici dell’occupazione fin nel cuore di Kabul, siamo altrettanto certi che l’esito delle elezioni presidenziali dimostrerà la grande debolezza degli occupanti e dei loro lacchè.
Oggi in Afghanistan si vota, ma tutti sanno già che si tratta di una farsa.
Non sappiamo quali sforzi vorranno compiere i mass media occidentali, sempre pronti allo scopo, per trasformare davanti al grande pubblico la farsa in “esercizio democratico”, consentito dalla generosa presenza delle truppe della Nato. Si impegnarono molto già nel 2004, in occasione delle elezioni che confermarono alla presidenza Hamid Karzai, cioè l’uomo insediato al potere dagli americani subito dopo l’occupazione del paese avvenuta nell’autunno 2001. Ma, ormai, la propaganda sulla “democrazia” è una favola alla quale non crede più nessuno.
Saranno elezioni farsa non solo perché si svolgeranno in un paese in guerra, sotto occupazione straniera, ma anche per i giganteschi brogli annunciati. Brogli che Karzai metterà in atto, come ammesso anche da insospettabili osservatori occidentali, non solo per assicurarsi la vittoria, quanto per incrementare la percentuale dei votanti.
I principali sfidanti di Karzai saranno l’ex ministro degli esteri Abdullah Abdullah e l’ex ministro delle finanze Ashraf Ghani, ma nessuno dei due rappresenta una linea di cambiamento rispetto a quella impersonata dal presidente in carica. Abdullah sembra avere qualche chance in più, ma ha comunque lo svantaggio di appartenere alla minoranza tagika, un fattore che in caso di ballottaggio potrebbe rivelarsi decisivo. Ma queste considerazioni sono comunque del tutto secondarie rispetto alla capacità di manipolazione dei dati da parte di Karzai. E’ molto probabile dunque che da queste elezioni non emerga alcuna novità, neppure il semplice cambio del volto del presidente pur all’interno della stessa politica di asservimento agli Stati uniti.
Per Obama è un vero impasse. A 8 anni dalla guerra iniziata da Bush, l’aumento delle truppe messo in atto da alcuni mesi non ha dato risultati. La stessa operazione “Colpo di spada” che ha investito nelle ultime settimane la provincia di Helmand, con l’impiego di migliaia di marines non sembra aver raggiunto gli obiettivi prefissati. Al tempo stesso per le truppe di occupazione il 2009 sarà di gran lunga l’anno più sanguinoso. E mentre lo scorso luglio è stato il mese con il maggior numero di caduti dall’ottobre 2001, agosto risulterà probabilmente anche peggio per le truppe occidentali. Si tratta ancora di perdite relativamente contenute, ma la tendenza è chiara ed indicativa della situazione generale.
Ancora più significativo è il dato riportato dalla Bbc secondo cui la guerriglia – che, giova ripeterlo, non è costituita dai soli talebani – controlla ormai il 70% del territorio. Per gli occupanti si profila una vera debacle, ecco perché Obama cerca di correre ai ripari in tutti i modi, aumentando le truppe ed intensificando gli attacchi. La guerra criminale americana e Nato è destinata quindi a durare ed a moltiplicare la propria ferocia, ma la Resistenza ha già dimostrato di saper reggere il confronto. In questo quadro il boicottaggio delle elezioni farsa era una scelta logica quanto obbligata.
Ovviamente anche i dati sulla partecipazione al voto verranno truccati e se necessario gonfiati a dismisura, ma il boicottaggio impedirà qualunque legittimazione della farsa elettorale. E questo, unito agli attacchi nel cuore della capitale, manda un segnale piuttosto chiaro agli occupanti: devono andarsene fino all’ultimo soldato, e se invece decideranno di restare sappiano che dovranno pagare un prezzo sempre più alto.
Eravamo in pochi a credere nelle prospettive della resistenza, nell’ormai lontano 2001. Ne è passata di acqua sotto i ponti, ed alla luce dei fatti il ruolo delle Resistenze (non solo quella afghana) risulta oggi assai più chiaro ed indiscutibile.
A volte il tempo è davvero galantuomo.