Intervista teorica a Baburam Bhattarai del Partito Comunista Unificato del Nepal (Maoista)
Un mese fa scrivevamo del dibattito interno ai maoisti nepalesi.Rispondendo a certi boatos nostrani secondo cui uno degli intellettuali di spicco dell’UCPN (Maoista), Baburam Bhattarai, avrebbe abbracciato il trotskysmo, mettevamo in evidenza non solo il profondo dibattito strategico interno al partito, ma che la maggioranza di esso non condivida tutte le posizioni di Baburam il quale, come si evince dalla densa intervista teorica qui sotto, resta un convinto maoista. Il maoismo dei tempi gloriosi della Rivoluzione culturale, a forti tinte linpiaoiste. Ciò che ha fatto gridare al trotskysmo è quando Baburam affermava che in un paese piccolo e arretrato come il Nepal, senza l’estensione della rivoluzione almeno a livello dell’Asia meridionale, ogni accelerazione verso una collettivizzazione integrale delle relazioni sociali non porterebbe che ad un regime burocratico. Molte altre sono le cose su cui si sofferma Baburam, tra cui il problema del rapporto tra democrazia e socialismo. Ma lasciamo ai nostri lettori la fatica della lettura. Ne vale la pena.
NEPAL: INTERVISTA COL COMPAGNO BABURAM BHATTARAI
WPRM: Grazie per averci incontrato oggi. Nel tuo articolo in The Worker n. 4, “L’economia politica della guerra popolare”, scrivi che “la trasformazione di un sistema sociale in un altro, o la distruzione di quello vecchio per opera di quello nuovo, implica sempre l’uso della forza e una rottura rivoluzionaria. Le Guerra Popolare è un mezzo per eliminare il vecchio con una nuova forza e per fare un balzo verso un nuovo e più elevato sistema sociale”. Perché dunque il partito maoista ha preso parte al processo di pace e ha tentato di cambiare la società attraverso le elezioni dell’Assemblea Costituente?
Baburam Bhattarai: Questa è una domanda molto importante collegata ai fondamenti del Marxismo-Leninismo-Maoismo (MLM). La forza motrice fondamentale della storia è la contraddizione tra l’esistente livello delle forze produttive e i rapporti di produzione all’interno della società. Ad un certo livello tale contraddizione si acuisce ed avviene una rottura nei vecchi rapporti e un balzo versi quelli nuovi. Questa è ciò che chiamiamo rivoluzione sociale. Questo balzo ha necessariamente bisogno di un certo uso della forza, perché ogni sistema di rapporti di produzione è sostenuto da uno stato, e lo stato significa sostanzialmente la forza organizzata dell’esercito. Per rompere col vecchio modo di produzione ed entrare in uno nuovo, c’è bisogno che si rompano i rapporti all’interno dello stato sostenuto dall’esercito. E questo richiede inevitabilmente l’uso della forza. Questa è una legge della storia e un principio cardine del MLM che nessuno può emendare. Se lo si emenda o lo so abbandona allora non si è più marxisti. Il nostro partito non abbandonerà mai questo principio cardine.
In adesione a questo principio noi abbiamo condotto una Guerra Popolare Prolungata (Protracted People’s War, PPW) dal 1996 al 2006. Ma dopo il 2006 c’è stato un certo cambiamento nella nostra linea tattica. Qualcuno ne è rimasto confuso e pensa che abbiamo abbandonato per sempre la PPW e adottato una via pacifica allo sviluppo sociale. Questa confusione dev’essere chiarita. Quello che stiamo dicendo è che la Guerra popolare è una guerra con molte sfaccettature in cui bisogna combinare sia la lotta armata sia quella politica.
La PPW è una strategia militare che si adotta in un contesto semifeudale e semicoloniale, e, nel diverso contesto dell’imperialismo, potrebbe essere applicata in forma modificata anche nei paesi imperialisti. Ma sostanzialmente la teoria della PPW come sviluppata da Mao è relativa a paesi semifeudali e semicoloniali. Perciò la linea militare adottata nel caso del Nepal era essenzialmente una linea di Guerra Popolare Prolungata, che abbiamo sviluppato nel corso della lotta, applicandola in maniera creativa in Nepal per dieci anni. E abbiamo avuto successo nel portare questa guerra dallo stadio di difesa strategica a quello di equilibrio strategico, e poi a quello di offensiva strategica. Siamo sostanzialmente arrivati all’offensiva strategica, che significa lo stadio finale in cui si conquista il potere statale e che va applicata e calcolata meticolosamente. Se non si tiene conto dell’equilibrio delle forze, sia politicamente sia militarmente e sia nel paese sia all’estero, innanzitutto è difficile conquistare il potere statale e in secondo luogo anche dopo esserci riusciti è difficile conservarlo. E’ per questo che abbiamo introdotto alcuni nuovi elementi.
La gente conosce soltanto la parte negativa, ma ciò che dimenticano, o ciò che non siamo stati in grado di far conoscere con successo dall’inizio della PPW, è il nuovo contesto dell’imperialismo mondiale e lo specifico contesto geopolitico del Nepal. In quel contesto, il nostro partito ha deciso che era necessario adottare alcuni elementi dell’insurrezione di massa all’interno della strategia della PPW. Pertanto la strategia di base sarà la PPW, ma alcuni elementi dell’insurrezione di massa, che si basa sui movimenti popolari nelle aree urbane e porta all’insurrezione finale nella città, le tattiche dell’insurrezione di massa, devono essere anch’esse incorporate in questa strategia. Questa è stata la principale discussione all’interno del nostro partito, il Partito Comunista Unificato del Nepal (Maoista) [UCPN(M)]. Abbiamo introdotto per la prima volta quest’idea nel nostro congresso nazionale nel 1991 ed in seguito nella nostra seconda conferenza nazionale nel 2001. In quell’occasione abbiamo portato la teoria della fusione della PPW e dell’insurrezione di massa a un nuovo livello, ovvero che nel contesto specifico del Nepal, pur aderendo alla strada fondamentale della PPW, la tattica della insurrezione di massa dovrà essere fusa con questa strategia. E’ perciò che ad ogni conferenza enfatizziamo quest’aspetto. Ma abbiamo pensato, nello sviluppare questa nuova linea politica che si è sviluppata nel corso della Guerra Popolare in Nepal, che essa dovesse essere vagliata più profondamente nella comunità internazionale dei maoisti.
Abbiamo definito questo come uno degli elementi della “via di Prachanda”, che abbiamo considerato un nuovo sviluppo della teoria MLM. Dopo il 2001 abbiamo continuato ad aderire alla Guerra Popolare, ma siamo ricorsi ad alcune delle tattiche dell’insurrezione di massa, ed è perciò che anche durante la Guerra Popolare abbiamo sempre parlato di negoziati politici e abbiamo partecipato due volte a tali negoziati. In quel periodo abbiamo sollevato le questioni dell’Assemblea Costituente, dell’abolizione della monarchia e della istituzione di una repubblica democratica borghese. Questa era la tattica che seguivamo durante la PPW. Il motivo per cui abbiamo agito così è che nelle condizioni specifiche del Nepal, anche se siamo nello stadio di transizione da feudalesimo a capitalismo, nel nostro caso il sistema feudale è stato fondato per millenni su una monarchia autocratica. Nella maggioranza dei paesi del terzo mondo la monarchia autocratica è già stata abolita, e in quei paesi, nonostante il fondamento della società rimanga semifeudale e semicoloniale, la sovrastruttura politica è guidata da democratici borghesi. Ma nel nostro caso anche la sovrastruttura politica era dominata dalla monarchia autocratica feudale, la borghesia nazionale era molto povera e non in grado di portare avanti la rivoluzione democratica borghese. Così toccava al partito proletario prendere l’iniziativa per abolire la monarchia autocratica e introdurre una monarchia borghese, che potesse essere nuovamente trasformata attraverso la lotta in Nuova Democrazia, ovvero un sistema democratico proletario.
Per questo abbiamo adottato tale tattica, dopo il 2001 abbiamo seguito questa tattica e nel 2005 avevamo raggiunto lo stadio di offensiva strategica nella PPW. Allora abbiamo pensato che era giunta l’ora di spostare il fulcro della nostra attività verso le aree urbane. All’epoca avevamo liberato la maggioranza delle campagne, dove vivono i contadini poveri, mentre meno del 25% della popolazione vive nelle aree urbane. Lì la piccola borghesia ed altre classi dovevano essere mobilitate per completare lo stadio dell’offensiva strategica e conquistare lo stato in modo rivoluzionario. Dopo il 2005 abbiamo deciso di concentrarci sulle aree urbane, perché senza mobilitare le masse nelle aree urbane non potevamo completare l’offensiva strategica, ovvero conquistare lo stato. Avendo presente questa tattica abbiamo partecipato ai negoziati con alcuni partiti parlamentari che erano tutti nemici della monarchia ma che non potevano batterla e completare la rivoluzione democratica borghese, perché erano troppo deboli, essendo troppo debole la loro base di classe. Quando la monarchia autocratica ha centralizzato tutto il potere statale con un golpe, è stato più facile per noi giungere ad un’alleanza con questi partiti democratico-borghesi e abbiamo siglato l’intesa di 12 punti. Sulla base di quest’intesa di 12 punti abbiamo lanciato un movimento di massa che abbiamo chiamato il secondo movimento di massa. Dopo il secondo movimento di massa ci fu un’enorme sollevazione del popolo e la monarchia autocratica è stata costretta ad accettare l’assemblea costituente e ritirarsi. Dopodiché abbiamo aderito all’accordo nazionale di pace, il che ha implicato alcuni compromessi. Questi compromessi sono stati fatti per abolire la monarchia, tenere l’Assemblea Costituente e poi proseguire verso il completamento della rivoluzione democratica borghese.
Ci sono alcuni aspetti ambigui nell’accordo nazionale di pace. Il nostro punto di vista, quello del partito rivoluzionario, era che dopo l’abolizione della monarchia e l’istituzione di una repubblica democratica borghese, il partito proletario avrebbe preso l’iniziativa e lanciato la lotta verso una Nuova Rivoluzione Democratica. Sapevamo che le forze borghesi, dopo l’abolizione della monarchia, avrebbero tentato di resistere, e che la nostra contraddizione principale sarebbe stata dunque quella coi partiti democratici borghesi. Ciò era stato previsto. Non abbiamo detto che dopo l’abolizione della monarchia, ci saremmo fermati. Non l’abbiamo mai detto. Quello che abbiamo detto è che ci saremmo alleati ai partiti democratici borghesi per abolire la monarchia, e dopo la sua abolizione lo scontro sarebbe stato tra le forze borghesi e quelle proletarie. Un nuovo campo di battaglia si sarebbe aperto. Ciò era chiaramente espresso nell’accordo nazionale di pace, nella successiva costituzione temporanea e in altri documenti da noi rilasciati.
Dopo le elezioni dell’Assemblea Costituente, quando il nostro partito è emerso come la forza principale e abbiamo abolito la monarchia, c’è stato molto entusiasmo tra le masse popolari. La linea tattica del nostro partito era stata implementata correttamente. Ciò ha dato una immensa forza alle masse popolari e il nostro sostegno è molto cresciuto. Nel frattempo abbiamo anche collaborato col governo ad interim, con lo scopo di lavorare all’interno della burocrazia, dell’esercito, della polizia e della magistratura, per costruire una base di sostegno nelle strutture dello stato, che ci avrebbe aiutato nelle future attività rivoluzionarie. E’ avendo questo in mente che abbiamo partecipato al governo di coalizione. Dopo l’abolizione della monarchia, quando sarebbe scoppiata la contraddizione principale con le forze democratico-borghesi, allora la nostra lotta avrebbe subìto una svolta.
Dopo le dimissioni di Prachanda ad aprile 2009, quella fase dell’Assemblea Costituente e la creazione della repubblica democratica borghese erano più o meno complete. Ora la nostra intenzione è di portare avanti la lotta per completare la Nuova Rivoluzione Democratica. Dunque c’è stato un nuovo cambiamento di tattica; da quel momento in poi il nostro scontro principale sarebbe stato con i partiti borghesi democratici che sono sostenuti dall’imperialismo e dalle forze espansioniste. In base a ciò il nostro partito ha lasciato il governo e ora ci stiamo concentrando sul movimento di massa, in modo da poter mettere davvero in pratica ciò che teorizzavamo. Questo significa appunto la fusione della strategia della PPW con la tattica dell’insurrezione di massa. Quello che abbiamo fatto dal 2005 è stato preparare la strada all’insurrezione di massa attraverso il lavoro nelle aree urbane e la nostra partecipazione al governo di coalizione.
Ma ciò che non bisogna dimenticare è che non abbiamo mai ceduto le conquiste fatte tramite la PPW, ciò che abbiamo conquistato con dieci anni di lotta. Avevamo l’Esercito di Liberazione del Popolo (People’s Liberation Army, PLA), le nostre zone base, e molto sostegno di massa, e tutto ciò siamo riusciti a conservarlo. Ma non siamo stati capaci di comunicare ai nostri compagni fuori dal paese che le conquiste della Guerra Popolare non sono mai state abbandonate. Il PLA è ancora con noi, e le armi che abbiamo accumulato durante la guerra sono ancora con noi all’interno del sistema a chiave singola, monitorato dal team delle Nazioni Unite, ma sostanzialmente la chiave l’abbiamo noi e l’Esercito è con noi e non ci siamo mai arresi. Dunque non è vero che abbiamo abbandonato la strada della PPW. Ciò che abbiamo fatto è stato sospendere per un certo periodo quell’aspetto della nostra attività e focalizzarci maggiormente sulle attività urbane in modo da poter raggiungere un corretto equilibrio tra l’aspetto militare e l’aspetto politico della lotta. Tra qualche tempo saremo in grado di combinare l’aspetto della PPW e quello dell’insurrezione di massa per lanciare una sollevazione finale e conquistare il potere statale. Vorremmo sottolineare che stiamo continuando sulla strada della rivoluzione, fondendo la teoria della PPW e la tattica dell’insurrezione generale. Penso che qualsiasi illusione ci sia stata durante la fase pacifica si è ora attenuata e la gente si rende conto che stiamo ancora percorrendo la via rivoluzionaria.
Ma ora ci stiamo preparando per lo stadio finale e il completamento della Nuova Rivoluzione Democratica. Tra alcuni mesi quando la contraddizione tra le forze borghesi e proletarie si acuirà, forse assisteremo a un intervento delle forze imperialiste ed espansioniste. A quel punto potremmo essere di nuovo obbligati a partecipare a scontri armati. Il nostro partito se ne rende conto e abbiamo deciso di rifocalizzarci sulle masse popolari nelle aree sia urbane sia rurali. Per rafforzare queste basi di massa abbiamo formato il Movimento Popolare Nazionale Unito, che si preparerà sia alla lotta nelle aree urbane sia a rafforzare la nostra base di massa nelle campagne. In questa fase decisiva del confronto con le forze reazionarie potremmo nuovamente combinare il sostegno nelle zone rurali e in quelle urbane per giungere all’attacco finale contro il nemico e completare la rivoluzione.
Vorrei ribadire che non abbiamo mai abbandonato la PPW, c’è stato solo uno spostamento tattico all’interno della strategia. Questo è uno dei punti. L’altro è che essendo maoisti noi crediamo nella rivoluzione permanente. La rivoluzione non si ferma mai. Anche quando una fase è completa, immediatamente bisogna passare a quello successiva. Solo così si può giungere al socialismo e al comunismo. Questo è un principio cardine del maoismo. Un maoista non può abbandonare il concetto di rivoluzione permanente. Siamo ancora all’interno della PPW, anche se le tattiche si sono adattate alla situazione. Ma c’è un fraintendimento nella comunità internazionale delle forze proletarie, e noi vogliamo chiarirlo: penso tuttavia che questo chiarimento risulterà più efficace con la pratica che con le parole. Comunque siamo fiduciosi di poter convincere i compagni che hanno dubbi sulle nostre attività che stiamo continuando a perseguire la strada della rivoluzione. Giungeremo in modo nuovo alla rivoluzione dimostrando che essa è possibile anche nel ventunesimo secolo, e il Nepal può essere il modello per la rivoluzione del ventunesimo secolo.
WPRM: Puoi spiegare come l’UCPN(M) interpreta la natura dello Stato in questo periodo di transizione? Può la Nuova Rivoluzione Democratica essere completata attraverso lo svolgersi di un’elezione?
Baburam Bhattarai: La questione chiave in ogni rivoluzione è la questione dello Stato. Lo Stato è semplicemente uno strumento per la dittatura di una certa classe. Attualmente in Nepal lo Stato è una dittatura delle classi feudali, compradore borghesi e burocratiche borghesi. Quindi il compito della rivoluzione è quello di schiacciare questo Stato e sostituirlo con una Nuova Democrazia. Questo è l’obiettivo fondamentale della rivoluzione. Ma nel caso speciale del Nepal, lo Stato semifeudale e semicoloniale era presieduto da una monarchia autocratica e sostenuto da forze straniere imperialiste ed espansioniste. Il nostro partito, l’UCPN(M), ha quindi ritenuto più saggio sbarazzarsi prima della monarchia autocratica e stabilire una repubblica democratica borghese per poi avviarsi immediatamente verso la Nuova Rivoluzione Democratica. Questa è stata la nostra tattica. Abbiamo preso l’iniziativa di abolire la monarchia sotto la guida del proletariato il che ha rappresentato un’incredibile spinta per le forze proletarie nel nostro paese. Ha anche marginalizzato le forze democratiche borghesi perché non erano state capaci di prendere la guida in questa fase della rivoluzione. Dopo la messa in opera di questa tattica e l’abolizione della monarchia, abbiamo stabilito nel paese una repubblica democratica borghese, che sostanzialmente è ancora una dittatura dei signori feudali e delle classi capitaliste. Ma politicamente, poiché le forze proletarie hanno preso l’iniziativa per istituire questo Stato di transizione, c’è conflitto tra le classi reazionarie e quelle progressive. E’ stato creato una sorta di flusso che non è stato stabilizzato. All’interno di questo Stato fluido, pensiamo che sarà più facile per le forze rivoluzionarie intervenire e destabilizzare ulteriormente lo Stato, facendovi pressione dall’esterno per distruggerlo e fondare un Nuovo stato democratico.
La natura dello Stato di transizione è, per esprimerlo molto concisamente, in teoria una dittatura delle forze reazionarie. Ma in pratica, dato che le forze proletarie hanno giocato un ruolo decisivo nello smantellamento della monarchia autocratica e nella creazione dello Stato transizionale stesso, l’autorità politica delle forze progressive, patriottiche e proletarie è alta. Pertanto questo Stato non sarà molto stabile e se riusciamo a mobilitare correttamente le masse popolari, può essere abbattuto e sostituito con un Nuovo stato democratico. Pensiamo che quello che stiamo portando avanti in Nepal è un nuovo esperimento, non è successo così in Cina dove sono state implementate direttamente le politiche rivoluzionarie del partito e si è abbattuto il vecchio stato sostituendolo con uno nuovo. Ma nel nostro caso ciò ha significato tagliare a pezzi lo Stato; in effetti lo stiamo divorando pezzo a pezzo. Alla fine saremo in grado di distruggerlo e sostituirlo con un nuovo stato. Questo non significa che cercheremo di riformare lo stato, l’intero stato deve essere sostituito da uno stato nuovo. Da parte nostra non c’è confusione su questo punto. Ma il metodo per distruggere interamente lo stato è in parte nuovo nel nostro caso perché esso era in mano ad una monarchia autocratica e non a partiti democratico-borghesi come in altri paesi del terzo mondo. A causa di questa specificità del Nepal, questo Stato transizionale è una novità che non si è mai vista altrove. Ma il nostro partito ha molto chiaro il fatto che lo stato va totalmente distrutto e sostituito dal nuovo stato. Stiamo lavorando su questa linea e il nostro partito ritiene che con la formulazione della nuova strategia saremo finalmente in grado di mobilitare le masse popolari in un’insurrezione di massa per abolire questo stato e sostituirlo con un nuovo stato democratico.
WPRM: Dopo le dimissioni del Presidente Prachanda dal governo e il colpo di mano del Presidente Yadav sulla questione del generale Kutawal, il principale partito revisionista, il CPN-UML (Partito Comunista del Nepal, Unificato Marxista-Leninista), è ora a capo del governo e voi siete a capo dell’UNPM (Movimento Popolare Nazionale Unificato), formato di recente. Puoi dirci il piano del partito nel guidare il People’s Movement-3 e nel portare avanti l’insurrezione in questa situazione?
Baburam Bhattarai: Come vi ho detto, l’orientamento principale del partito è di completare la Nuova Rivoluzione Democratica in un nuovo modo in Nepal. Nel rimanere saldamente ancorati a questa linea stiamo praticando diversi spostamenti tattici. Pertanto, dopo aver completato l’opera delle elezioni dell’Assemblea Costituente e dell’istituzione di una repubblica democratica, ora il nostro compito è di organizzare un movimento popolare e svilupparlo affinché divenga un’insurrezione che completi la Nuova Rivoluzione Democratica. Ora siamo entrati in tale fase. Durante questa fase ci concentreremo maggiormente nell’organizzazione e la mobilitazione delle masse e nel condurle verso una sollevazione rivoluzionaria. Questo significa che ci saranno alcuni cambi rispetto alla politica che praticavamo durante la Guerra Popolare. In quel periodo ci concentravamo sulle masse contadine, il che era leggermente differente rispetto alla lotta nelle aree urbane in cui si trova essenzialmente la classe operaia.
Per condurre il movimento in questa fase abbiamo costruito il nuovo UNOM, che è sostanzialmente un fronte unito delle forze patriottiche, democratiche e di sinistra guidato dal Partito Comunista. Abbiamo proposta una lista di 25 richieste relative al nazionalismo, alla democrazia e alla sussistenza del popolo. Con queste richieste abbiamo mobilitato le masse popolari. Ad un certo punto la contraddizione con le forze borghesi democratiche e con le forze imperialiste espansionistiche raggiungerà un livello superiore. A quel punto ci sarà uno scontro decisivo tra le forze reazionarie e quelle rivoluzionarie. Quello sarà il sollevamento insurrezionale. Tenendo a mente ciò, abbiamo organizzato piani di lotta a livello di massa che porteremo avanti nei prossimi mesi. Come hanno giustamente segnalato Marx e Lenin, bisogna credere fermamente nella tattica dell’insurrezione. E quando si organizza un’insurrezione bisogna fare un’azione decisiva e portarla alle conseguenze finali. Se non si riesce a fare ciò, si viene sconfitti. Per prepararsi a questo scontro decisivo occorre percorrere diversi livelli, ed è perciò che dopo aver lasciato il governo ora ci stiamo concentrando sulla questione della preminenza dei civili, in modo da poter isolare la sezione militarista dei reazionari. In secondo luogo ci stiamo concentrando sulla questione del nazionalismo in modo da poter organizzare le larghe masse delle forze patriottiche contro gli interventi imperialisti ed espansionisti. In terzo luogo stiamo portando avanti la questione della riforma agraria e la questione fondamentale della sussistenza nelle masse popolari, in modo che possano essere organizzate le masse popolari povere e le classi piccolo-borghesi.
Seguendo questa linea porteremo avanti un piano nei prossimi mesi, ci sarà una grande unione di forze patriottiche, democratiche e rivoluzionarie, che può lanciare l’attacco finale contro le forze reazionarie, le forze democratiche borghesi sostenute dall’imperialismo straniero. Penso che questo porterà ad un autentico movimento e ad un’insurrezione finale delle masse popolari. Se saremo in grado di sfruttare la contraddizione tra le forze reazionarie all’interno del paese e le forze imperialiste e espansioniste al suo esterno, al momento opportuno potremo organizzare un sollevamento rivoluzionario ed uscirne vincitori. E’ per questo che abbiamo creato l’UNPM e portato avanti programmi di protesta. Nei prossimi mesi, durante la stesura della nuova costituzione, quando la contraddizione tra le forze reazionarie si acuirà, allora il nuovo movimento sorgerà e il popolo finalmente insorgerà e completerà la Nuova Rivoluzione Democratica. Questo è tutto ciò che voglio dire per ora sull’argomento.
WPRM: Nel passato hai scritto circa la necessità di confiscare le terre dei signori feudali e il capitale della borghesia compradora e burocratica, e il partito ci è in parte riuscito. Questa è tuttora l’intenzione dell’UCPN(M)?
Baburam Bhattarai: Per completare la Nuova Rivoluzione Democratica bisogna schiacciare i rapporti di produzione e la cultura feudale, il che significa che dobbiamo confiscare le proprietà dei signori feudali e distribuirle ai contadini secondo il principio “la terra a chi lavora”. Questa era la politica cardine del nostro partito durante la Guerra Popolare, che abbiamo portato avanti nelle zone rurali. Il Nepal è geograficamente diviso tra le regioni collinari e le zone pianeggianti e la maggioranza dei terreni si trova nelle pianure. Ma nelle pianure è difficile portare avanti una guerra di guerriglia, dunque ci siamo limitati ad entrare e ad applicare alcune politiche di riforma agraria. Poiché le pianure confinano con l’India e c’è il pericolo dell’intervento straniero, non siamo mai stati capaci di mettere del tutto in pratica la riforma agraria in quelle zone. Essa sarà applicata solo dopo la vittoria finale della rivoluzione. Durante la Guerra Popolare questa politica, il principio della “terra a chi lavora”, è stato praticato in maniera più compiuta nelle zone collinari e solo parzialmente nelle pianure. Ma sottoscriviamo la linea di abolire i signori feudali, poiché senza rendere i contadini, che lavorano la terra, padroni della terra stessa, non si può scatenare la rivoluzione delle campagne né completare la Nuova Rivoluzione Democratica. Quindi la nostra politica sostanziale rimane quella di abolire i rapporti di proprietà feudali ed di introdurre una rivoluzione nazionale borghese orientata in senso socialista. Questa è la nostra politica sulla questione delle terre.
Sulla questione dei capitali, per paesi come i nostri, un paese semifeudale e semicoloniale, il capitale è sostanzialmente controllato dal capitale imperialistico. Nel nostro caso si tratta soprattutto del capitale espansionista indiano. La natura del capitale al momento in Nepal è di tipo compradore e burocratico. Questo significa che è dipendente, e il paese non può raggiungere l’indipendenza nazionale. Perciò vogliamo sbarazzarci del capitale burocratico e compradore e trasformarlo in un capitale nazionale industriale che può essere successivamente organizzato in forma socialista. In accordo con questa politica, dopo che sarà completata la rivoluzione intendiamo confiscare tutto questo capitale e trasformalo in capitale nazionale che potrà essere riorganizzato in un modo di produzione socialista. Questa è la nostra politica per sbarazzarci dei resti del feudalesimo: l’abolizione del capitale burocratico e compradore, e la riorganizzazione dell’economia, prima seguendo la linea di una Nuova Democrazia e in seguito nella transizione verso il socialismo.
WPRM: L’UCPN (M) ha portato avanti delle idee circa le elezioni in un nuovo e democratico Stato socialista. Nel tuo articolo su “La questione della costruzione di uno Stato di nuovo tipo” (The Worker n.9) è affrontata in modo particolare la necessità di una maggiore democrazia popolare. In che senso l’organizzazione di elezioni può risolvere i problemi determinati dalla debolezza delle esperienze del socialismo nel 20° secolo?
Baburam Bhattarai: La questione della democrazia e della dittatura è molto importante per il movimento comunista. In linea di principio ogni Stato è una dittatura di una certa classe, anche la cosiddetta democrazia è una forma di dittatura borghese. Questo è un principio fondamentale del marxismo-leninismo-maoismo (MLM), nessuno può negarlo. Ma guardiamo a quanto è accaduto nel 20. secolo nelle diverse democrazie popolari e nei paesi socialisti: pur con una corretta linea teorica, in pratica abbiamo avuto una riduzione al minimo delle istituzioni e dei processi democratici.
La democrazia è un concetto di classe, e la democrazia borghese ha le sue regole, ma la democrazia proletaria ha anche essa bisogno di essere sviluppata. Guardiamo a cosa è successo in Unione Sovietica, i soviet erano un’istituzione democratica, funzionali alla classe operaia, soprattutto ai tempi del compagno Stalin. In realtà i soviet non riuscivano ad essere molto funzionali e gradualmente si trasformarono in un apparato burocratico statale. Dopo la controrivoluzione in Unione Sovietica, il compagno Mao Zedong tirò alcune lezioni e tentò di ampliare la portata della democrazia proletaria. Questo è quello che venne messo in pratica durante la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria.
Nacquero così alcuni nuovi istituti di comitati del popolo e le guardie rosse per espandere la democrazia popolare. Ma questa esperienza è stata molto breve e dopo che il compagno Mao è morto, anche in Cina ebbe luogo la controrivoluzione.
Ora tocca ai rivoluzionari del 21 ° secolo di imparare dalle lezioni del 20. secolo, sviluppando un nuovo concetto di democrazia proletaria. Il nostro partito, qui in Nepal, ha discusso in modo approfondito questa questione e compiuto un esame degli aspetti positivi e negativi delle rivoluzioni nel 20. secolo.
Siamo giunti alla conclusione che, sebbene il concetto di base del MLM sullo stato e la democrazia rimanga valido, siccome l’apparato sovietico non era più funzionale, e visto che lo Stato sovietico si trasformava in uno stato burocratico, e preso atto dell’esperimento di Mao della rivoluzione culturale relativo all’esperienza negativa dell’Unione Sovietica, noi dobbiamo sviluppare di più e meglio il concetto di democrazia proletaria.
La nostra conclusione è stata che abbiamo bisogno di più spazio per le masse del popolo al fine di di controllare e intervenire negli affari dello Stato. Se ciò non accadrà, dopo la rivoluzione, l’iniziativa delle masse diminuirà, e solo una ristretta élite burocratica regnerà nello Stato in nome del proletariato e la rivoluzione non si sviluppare ulteriormente.
Per farlo dobbiamo creare determinati meccanismi con cui siano assicurati la costante mobilitazione, la sistematica vigilanza e l’intervento delle masse sullo Stato, affinché questo non si trasformi in uno stato burocratico.
Per creare simili istituzioni una delle idee è quella implementare la democrazia come è stato fatto durante la Comune di Parigi, o seguire il modello sovietico di democrazia, oppure trarre insegnamento dalla Rivoluzione culturale.
Vogliamo tenere conto degli insegnamenti di tutte queste tre esperienze, per cui la conclusione del nostro partito è che in un contesto socialista, nel quadro della dittatura del proletariato, la competizione dovrebbe essere promossa tra le masse del popolo, così che le masse saranno costantemente stimolate e si eviterà che solo poche persone monopolizzino lo Stato.
Questo concetto della competizione nel quadro del socialismo, della dittatura del proletariato, noi l’abbiamo sviluppato come concetto fondamentale. Questo è solo un concetto generale, le effettive modalità competitive dobbiamo ancora tirarle fuori. Questo è il nostro approccio generale è ancora in discussione, anche se non abbiamo ancora raggiunto alcuna conclusione definitiva.
Comunque è un fatto che abbiamo proposto una competizione multi-partitica nel quadro socialista. Perché abbiamo bisogno di molti partiti? Sebbene la classe proletaria sia una classe, la coscienza proletaria è un’altra cosa, la coscienza è ineguale. Se vi è competizione inter-partitica quello più rivoluzionario sarà in grado di guidare il processo di trasformazione attraverso mezzi democratici.
Tutte le masse della classe operaia possono essere mobilitate, in modo tale che questa costante mobilitazione di massa limiti il rischio che questa democrazia degeneri in un assetto burocratico. È per questo pensiamo che una delle opzioni può appunto essere quella di consentire la competizione multi-partitica in seno alle classi proletarie e progressive, ferma restando la direzione del proletariato e in un quadro costituzionale socialista.
Questa è una delle opzioni che abbiamo proposto, ma è solo una proposta, non abbiamo ancora raggiunto alcuna conclusione. Questo è ciò che ho discusso in quell’articolo, si tratta di un articolo preliminare, e penso che queste idee debbano essere discusse nel movimento proletario internazionale e ulteriormente sviluppate.
Altrimenti non saremo in grado di trarre le necessarie lezioni dai fallimenti e dagli insegnamenti del socialismo e della rivoluzione proletaria nel 20. secolo e portare avanti la rivoluzione nel 21.
Il punto fondamentale di partenza è ancora quello della Rivoluzione Culturale, dove Mao andò al di là del quadro tradizionale del sistema di stato e diede il potere alle masse del popolo di ribellarsi contro il sistema burocratico del partito e dello Stato.
Questo è l’orientamento generale. Ma le istituzioni adeguate non sono state ancora escogitate.
Il lavoro dei rivoluzionari nel 21° secolo sarà quello di concentrarci ulteriormente su queste idee, di sviluppare quelle istituzioni e procedure che consentano alla classe proletaria in mobilitazione di portare avanti la rivoluzione. E’ avendo questo in testa, che stiamo proponendo l’idea della competizione all’interno del quadro democratico e del nuovo stato socialista.
WPRM: Le elezioni nei paesi imperialisti in realtà non servono per mobilitare le masse, sono piuttosto un rito formale a cui le persone si adeguano in modo molto passivo. Solo molto raramente le elezioni servono effettivamente a mobilitare e in casi molto particolari, come in una certa misura è stato per l’elezione di Obama negli Stati Uniti, perché le persone erano contrarie ai crimini del regime di Bush. Come possono le elezioni essere utilizzate per mobilitare le persone e aiutarle a sviluppare la loro comprensione della natura di classe della società, a inculcare la necessità del socialismo, quando la nostra esperienza generale delle elezioni in paesi imperialisti e oppressi è che esse sono uno strumento per ingannare le masse ?
Baburam Bhattarai: La pratica della democrazia nei paesi imperialisti è una forma di democrazia borghese, un rituale che inganna le masse e perpetua il dominio dello stato di classe. Ma quello di cui stiamo parlando non è l’organizzazione di elezioni all’interno dello Stato borghese, ciò di cui stiamo parlando riguarda il dopo la rivoluzione, del contesto di Nuova democrazia o socialista, dove ci saranno alcune disposizioni costituzionali in base alle quali ai reazionari, agli imperialisti e alle forze criminali, non sarà consentito partecipare. Solo alle forze progressiste, alle forze democratiche e al popolo sarà consentito competere. Questa è la competizione all’interno del quadro democratico Nuovo o socialista di cui stiamo parlando.
Questa è una differenza fondamentale. Dopo la rivoluzione, la prima cosa che faremo sarà la ridistribuzione della proprietà. Non ci saranno più ricchi e poveri, il grande divario tra ricchi e poveri. In questo modo, quando si organizzerà la competizione elettorale, saranno assicurate alle persone pari opportunità. Invece, nel quadro della democrazia borghese e imperialistica c’è un divario enorme tra i possidenti e i proletari nullatenenti.
La competizione è così irregolare che la classe nullatenente non potrà mai competere davvero con i dominanti, la borghesia e la classe imperialista. Solo dopo aver effettuato questa ridistribuzione della proprietà, in modo socialista e democratico nuovo, si potrà organizzare una competizione politica in cui ci sia per ognuno una buona possibilità di competere su un piano di parità. La nostra idea di competizione in un quadro nuovo, democratico socialista, è quindi sostanzialmente diversa dalla quella formale che si pratica in uno Stato democratico borghese e imperialista. Deve essere presa in considerazione, anzitutto, la differenza nella natura di classe dello Stato .
WPRM: Hai già toccato alcuni aspetti della Rivoluzione culturale, ma vorrei che tu entrassi più nel dettaglio. La Rivoluzione culturale è stata l’apice della rivoluzione nel 20. secolo. Quali lezioni, come UCPN(M) voi ne avete ricavato?
Baburam Bhattarai: Sì, noi pensiamo che la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria è stato l’apice della rivoluzione, non solo nel 20. secolo, in tutta la storia della lotta di liberazione del genere umano. E’ stata il culmine dello sviluppo delle idee rivoluzionarie. Quindi tutti i rivoluzionari devono fare della Rivoluzione culturale il loro punto di partenza, e svilupparne l’idea rivoluzionaria.
La questione fondamentale della Rivoluzione culturale era quella di continuare la rivoluzione sotto la dittatura del proletariato. Questa era l’idea di base. Quindi prima c’è bisogno di una dittatura della classe proletaria, quindi si deve distruggere l’intero stato e completare la rivoluzione. Questa è la prima cosa che dobbiamo fare. Dopo l’instaurazione della dittatura del proletariato, la classe operaia ha bisogno di essere costantemente mobilitata, in una rivoluzione ininterrotta. Solo allora potremo evitare la degenerazione dello Stato in un apparato burocratico. Questa è l’idea principale. È per questo che dopo le esperienze negative dell’Unione Sovietica e le prime esperienze negative in Cina, Mao ha sviluppato il concetto di Rivoluzione culturale, dando alle masse il diritto a ribellarsi. Ha chiesto a tutte le classi oppresse e al popolo di ribellarsi contro l’autorità al potere, e ha introdotto le Guardie Rosse, i comitati popolari, la dittatura del proletariato in ogni campo, nella politica, nell’economia e nella società, nello spazio culturale, esercitando a tutto tondo la dittatura sulla borghesia per proseguire la rivoluzione. Questo è l’aspetto fondamentale della Rivoluzione Culturale e questo deve essere accolto e sviluppato ulteriormente.
Ma nel nostro caso, in quanto la nostra classe non ha compiuto alcuna rivoluzione nel 21. secolo, siccome non c’è alcuno Stato rivoluzionario socialista nel mondo, dobbiamo trarre insegnamento dalla Rivoluzione culturale e cercare di metterla in pratica all’interno dei partiti rivoluzionari e in seno alle organizzazioni di massa, e poi dopo abbiamo completare la rivoluzione, solo successivamente si potranno applicare i principi fondamentali della Rivoluzione culturale nello Stato. Questa è la lezione di base da trarre. E ciò che vorremmo sottolineare è che senza la Rivoluzione culturale come punto di partenza non saremo in grado oggigiorno di completare la rivoluzione in nessun paese del mondo, e non saremo in grado, senza questa idea di rivoluzione continua sotto la dittatura del proletariato, di raggiungere il socialismo e il comunismo.
Questa idea di rivoluzione ininterrotta deve essere afferrata con grande fermezza. La gente di solito pensa che una volta che il potere statale sia stato conquistato, allora la rivoluzione sarebbe completata. Ma pensare questo significherebbe che l’iniziativa delle masse rivoluzionarie è rifluita. Che è appunto stato un difetto delle rivoluzioni precedenti. Ciò di cui abbiamo adesso bisogno è di mettere in pratica l’idea che la rivoluzione non si ferma fino a quando tutte le classi siano abolite, lo Stato è abolito, il sistema di proprietà abolito e si sia entrati in una società senza classi e senza Stato, o una Comune delle masse popolari costruita. Fino a quando questo stadio non sia raggiunto la rivoluzione non si ferma mai. Questa idea della Rivoluzione culturale dev’essere afferrata. Siamo molto seri su questo tema.
WPRM: Come mettete in pratica oggi la Rivoluzione culturale all’interno del partito?
Baburam Bhattarai: All’interno del partito consentiamo la più ampia e grande democrazia. Il principio del Partito comunista è il centralismo democratico. Abbiamo bisogno di centralismo per guidare la rivoluzione, abbiamo bisogno di una leadership forte, ma se leadership e centralismo non sono basati sulla massima democrazia interna, questi non sarebbero accettabili. In caso contrario la leadership potrebbe degenerare in centralismo burocratico.
In questo momento all’interno del nostro partito non ci sono grandi divisioni su nessun argomento, tuttavia la direzione centrale mobiliterà i quadri e le masse popolari per discutere di questi temi, e solo allora le decisioni verranno prese. Ma una volta che la decisione è stata presa essa dovrà essere portata avanti. Solo questo tipo di centralismo è veramente centralismo democratico. Questo è ciò che il nostro partito sta cercando di mettere in pratica.
WPRM: Cosa ci dici sulla pratica della “lotta tra le due linee” all’interno del partito?
Baburam Bhattarai: La “lotta tra le due linee” è legata alla questione del centralismo democratico. La “lotta tra le due linee” è la vita di ogni partito, perché tutto, in questo mondo, è una “unità degli opposti”. Anche il partito è una “unità di opposti”. La politica “dell’uno che si divide in due” vale anche per il partito. Così, ove vi fosse una contesa tra una tendenza proletaria e una non proletaria, anche all’interno di un partito comunista ci deve essere un meccanismo adeguato per normare la lotta di tendenze diverse. Quindi la “lotta tra le due linee” dev’essere promossa. L’unica cosa è che dobbiamo essere molto attenti nella gestione della “lotta tra le due linee”. Su questo tema ci sono diverse concezioni e pratiche all’interno del movimento comunista internazionale.
Una è molto settaria o ultrasinistra: una volta che si entra nella “lotta tra le due linee” si finisce sempre con una spaccatura. L’altra è una tendenza revisionista di destra, che consiste nel cercare sempre un compromesso, così che il partito viene trasformato in un gruppo riformista.
La formulazione MLM corretta è “Unità-lotta-trasformazione”. Dobbiamo lottare con l’obiettivo di raggiungere un più alto livello di unità. Questo è l’obiettivo della corretta gestione della “lotta tra le due linee” in un partito rivoluzionario. E il nostro partito ha avuto molto successo con l’applicazione di questo metodo di lotta con l’obiettivo di “unità-lotta-trasformazione”. Noi siamo interessati anzitutto alla trasformazione. Se l’obiettivo non è la trasformazione, allora non si può raggiungere un livello più alto di unità, e allora la “lotta tra le due linee” sfocia sempre in una scissione. E una scissione del partito proletario indebolisce la nostra classe e la nostra capacità di portare avanti la rivoluzione. Questa lezione deve essere afferrata, soprattutto tra i rivoluzionari maoisti nel mondo di oggi. In nome della “lotta tra le due linee” si dimentica l’obbiettivo di raggiungere un più alto livello di unità e di trasformazione. In questo modo le parti rivoluzionarie rimangono gruppi molto piccoli ed elitari e non sono in grado di fare la rivoluzione. Credo che queste lezioni, soprattutto di Lenin e Mao, devono essere tirate e praticate.
WPRM: Siete sottoposti ad una pressione continua, con la possibilità di un intervento da parte dell’imperialismo USA. In particolare siete alle prese con l’espansionismo indiano. Pensi che il “socialismo in un solo paese” possa essere pensato e applicato in Nepal?
Baburam Bhattarai: La questione del “socialismo in un solo paese” è una questione teorica che va discussa. Questa è l’era dell’imperialismo e della rivoluzione proletaria. L’imperialismo consiste sempre in uno sviluppo diseguale e combinato, perciò la rivoluzione all’interno di un singolo paese non è solo una possibilità, è un dovere, perché la rivoluzione non scoppierà in tutto il mondo allo stesso tempo. Una rivoluzione mondiale simultanea è impossibile fino a quando ci sarà l’imperialismo e lo sviluppo diseguale. Questo è un principio fondamentale del leninismo ancora valido e che dobbiamo ben comprendere.
Nel caso specifico di un piccolo paese come il Nepal, schiacciato tra grandi paesi come India e Cina, e sottoposto ai diktat dell’imperialismo degli Stati Uniti in tutto il mondo, se non c’è l’appoggio, il sostegno internazionale, o un movimento rivoluzionario non è abbastanza forte, sarà molto difficile sostenere la rivoluzione. E’ possibile effettuare la rivoluzione per acquisire potere statale, ma per sostenere il potere dello Stato e procedere in direzione del socialismo e del comunismo avremo bisogno del sostegno del movimento proletario internazionale.
Ecco perché il sostegno internazionale e la solidarietà proletaria sono tanto importanti. Dopo la crescente influenza della cosiddetta “globalizzazione”, la globalizzazione imperialista, il potere imperialista ha raggiunto ogni angolo del mondo. Se non vi è una forte organizzazione internazionale per la lotta proletaria contro il dominio e l’intervento imperialista, sarà difficile mantenere la rivoluzione in un paese di piccole dimensioni.
Tenendo questo in mente, dobbiamo comunque fare la rivoluzione nel nostro paese, questo è un dovere. Ma per mantenerla e svilupparla, abbiamo bisogno del sostegno delle forze internazionali proletarie. Per questo dobbiamo dare più importanza ad internet e al lavoro verso la comunità internazionale. Questa necessità è più importante che mai nel caso di piccoli paesi come il Nepal.
In effetti, negli ultimi mesi noi abbiamo discusso questo problema. Per completare la rivoluzione in Nepal, sostenerla e svilupparla ulteriormente, come minimo nel contesto dell’Asia meridionale, abbiamo bisogno di una forte solidarietà rivoluzionaria e abbiamo bisogno del sostegno del movimento proletario internazionale.
Seguiamo le vicende del movimento proletario internazionale in tutto il mondo e alcuni degli organismi che sono in fase di sviluppo sono tutti importanti, ad esempio il Movimento Rivoluzionario Internazionalista (RIM), il Comitato di coordinamento dei partiti maoisti in Asia meridionale (CCOMPOSA), infine e la resistenza del popolo World’s People’s Resistance Movement (WPRM). Questo tipo di organizzazioni sono molto importanti per il successo della rivoluzione e per raccogliere consensi a livello internazionale per il successo della nostra rivoluzione.
Traduzione a cura della Redazione
L’intervista è stata raccolta nell’agosto del 2009 dai compagni inglesi del WPRM. L’originale, come altre importanti interviste ai compagni nepalesi, si può trovare sul loro sito.