«Il manifesto» di sabato 6 febbraio ha pubblicato un Appello «Per la libertà di espressione e la fine della violenza in Iran». A firmarlo, assieme a intellettuali inclini a legittimare o a giustificare tutte le guerre e gli atti di guerra (blocchi e embarghi) scatenate e messi in atto dagli Usa e da Israele, ce ne sono altri che in più occasioni, invece, hanno partecipato attivamente alla lotta per la pace e per la fine dell’interminabile martirio imposto al popolo palestinese. Purtroppo a dare il tono all’Appello sono i primi:

1) Sin dall’inizio si parla di «risultati falsificati dell’elezione presidenziale del 12 giugno 2009» e di «frode elettorale». A mettere in dubbio o a ridicolizzare questa accusa è stato fra gli altri il presidente brasiliano Lula.

Perché mai dovremmo prestar fede a coloro che regolarmente, alla vigilia di ogni aggressione militare, fanno ricorso a falsificazioni e manipolazioni di ogni genere? Chi non ricorda le «prove» esibite da Colin Powell e Tony Blair sulle armi di distruzione di massa (chimiche e nucleari) possedute da Saddam Hussein?

2) L’Appello prosegue contrapponendo la violenza del regime iraniano alla «non-violenza» degli oppositori. In realtà vittime si annoverano anche tra le forze di polizia. Ma è soprattutto grave un’altra rimozione: da molti anni l’Iran è il bersaglio di attentati terroristici compiuti sia da certi movimenti di opposizione sia dai servizi segreti statunitensi e israeliani. Per quanto riguarda questi ultimi attentati, ecco cosa scriveva G. Olimpio sul «Corriere della Sera» già nel 2002 (7 giugno): «in perfetta identità di vedute con Washington», i servizi segreti israeliani hanno il compito di «eliminare», assieme ai «capi dei gruppi palestinesi ovunque si trovino», anche gli «scienziati iraniani impegnati nel progetto per la Bomba» e persino coloro che in altri Paesi sono «sospettati di collaborare con l’Iran».

3) L’Appello si sofferma con forza sulla brutalità della repressione in atto in Iran, ma non dice nulla sul fatto che questo paese è sotto la minaccia non solo di aggressione militare, ma di un’aggressione militare che è pronta ad assumere le forme più barbare: sul «Corriere della Sera» del 20 luglio 2008 un illustre storico israeliano (B. Morris) evocava tranquillamente la prospettiva di «un’azione nucleare preventiva da parte di Israele» contro l’Iran. In quale mondo vivono i firmatari dell’Appello: possibile che non abbiano letto negli stessi classici della tradizione liberale (Madison, Hamilton ecc.) che la guerra e la minaccia di guerra costituiscono il più grave ostacolo alla libertà?

Mentre non è stupefacente che a firmare (o a promuovere) l’Appello siano gli ideologi delle guerre scatenate da Washington e Tel Aviv, farebbero bene a riflettere i firmatari di diverso orientamento: l’etica della responsabilità impone a tutti di non contribuire ad alimentare il fuoco di una guerra che minaccia il popolo iraniano nel suo complesso e che, nelle intenzioni di certi suoi promotori, non deve esitare all’occorrenza a far ricorso all’arma nucleare.

(articolo pubblicato sul Manifesto del 9 febbraio)

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Quello che segue è l’appello pubblicato sul Manifesto del 6 febbraio, al quale hanno giustamente risposto Domenico Losurdo e Gianni Vattimo. Da notare, tra i firmatari, la presenza sconcertante di intellettuali di sinistra (compresi alcuni di scuola marxista), solitamente impegnati nel movimento contro la guerra. Ci domandiamo: è mai possibile aderire ad un simile appello senza rendersi conto di essersi fatti intruppare nella preparazione ideologica dell’ennesima aggressione imperialista?

UN APPELLO A SOSTEGNO DEI PREPARATIVI DI GUERRA
LEGGERE PER CREDERE

Per la libertà di espressione e la fine della violenza in Iran
(dal Manifesto del 6 febbraio)

Da più di sei mesi, dalla proclamazione dei risultati falsificati dell’elezione presidenziale del 12 giugno 2009, centinaia di migliaia di manifestanti sfidano il potere in Iran. Esprimono la loro aspirazione a godere dei diritti civili, insorgono contro la frode elettorale e la soppressione delle libertà. Ormai un terrore dai molteplici volti si scatena contro di loro. Alle forze di sicurezza tradizionali – la polizia, i pasdaran e i basiji – si affiancano ora degli agenti civili irregolari, muniti di armi bianche e di armi da fuoco, che aggrediscono le manifestazioni pacifiche per uccidere e ferire i manifestanti. Le case private e i campus universitari sono oggetto di attacchi giorno e notte. Torture e stupri hanno luogo nelle carceri. I tribunali condannano alla pena capitale con sentenze sommarie. È stato creato un arsenale giudiziario d’emergenza per legittimare il terrore.
Malgrado migliaia di arresti, di condanne, di confessioni mediatizzate di supposti pentiti, il movimento di contestazione popolare non cede alla minaccia. Benché le libertà politiche fondamentali siano inesistenti, la contestazione non si indebolisce e ad ogni occasione mostra la superiorità della strategia della non violenza. Il governo iraniano, che contava sull’esaurimento della contestazione, si scontra ogni giorno con nuove ondate di protesta. Gli slogan si radicalizzano e mirano sempre più chiaramente la struttura teocratica del regime iraniano.
Non c’è da stupirsi che, in questo contesto, una nuova ondata di repressione sanguinosa minacci oggi la società civile iraniana. Gli intellettuali e i democratici del mondo intero devono mobilitarsi immediatamente e fare tutto il possibile per proteggere il popolo iraniano in lotta per i propri legittimi diritti. La violenza, in effetti, si scatena più facilmente se l’opinione pubblica internazionale resta inerte o indifferente.
Per questo i firmatari sostengono il principio della libertà di stampa e di espressione, esigono la liberazione degli intellettuali, dei giornalisti e dei militanti incarcerati e torturati in Iran. Più in generale, chiedono l’arresto della repressione che priva il popolo iraniano del diritto all’autodeterminazione politica. Sollecitano gli organismi internazionali competenti di far valere in permanenza queste esigenze presso il governo iraniano.

Primi firmatari
Ervand Abrahamian, Hans Adler, Giorgio Agamben, Ali Aïjjou , Hocine Aït-Ahmed, Larbi Aït-Larbi, Kazem Alamdari, Aziz Al-Azmeh, Tewfik Allal, Elisabeth Allès, Emily Apter, Rasheed Araeen, Srinivas Aravamudan, Daryoush Ashouri, Jean-Christophe Attias, Etienne Balibar, Ali Banuazizi, Asef Bayat, Sohrab Behdad, Souhayr Belhassen, Raja Ben Slama, Sana Benachour, Esther Benbassa, Fethi Benslama, Sophie Bessis, Homi K. Bhabha, Jacques Bidet, Ulrich Bielefeld, Alain Borer, Mehrzad Boroujerdi, Rosi Braidotti, Rony Brauman, Wendy Brown, Judith Butler, Eduardo Cadava, Marie-Claire Caloz-Tschopp, Luther P. Carpenter, Barbara Cassin, Chahla Chafiq-Beksi, Dipesh Chakrabarty, Gayatri Chakravorty Spivak, Iain Chambers, Khémaïs Chammari, Abdesselam Cheddadi, Houchang E. Chehabi, Khadidja Chérif, Jean Cohen, Drucilla Cornell, Mehdi Dadsetan, Touraj Daryaee, Emilio De Ipola, Hent De Vries, Costas Douzinas, Waddick Doyle, Jean-Pierre Dubois, Shirin Ebadi, Zineb El-Rhazoui, Roberto Esposito, Christopher Fynsk, Todd Gitlin, Stathis Gourgouris, Ramon Grosfoguel, Ariela J. Gross, Mohammed Harbi, Amir Hassanpour, Wolfgang Fritz Haug, Carlos Herrera, Yves Hersant, James Holston, Alfonso M. Iacono, Didier Idjadi, Engin F. Isin, Jeffrey C. Issac, Ramin Jahanbegloo, Alan Johnson, Michael Kazin, Jean Kerleroux, Françoise Kerleroux, Kheloudja Khalfoun, Martti Koskenniemi, Abdellatif Laâbi, Ernesto Laclau, Karim Lahidji, Jacques Lezra, Lydia H. Liu, Gilles Manceron, Boyan Manchev, Giacomo Marramao, Mehrdad Mashayekhi, Abdelwahab Meddeb, Abdelhamid Mehri, Deborah W. Meier, Christoph Menke, Gilbert Meynier, Mansoor Moaddel, Claudia Moatti, Behrooz Moazami, Haideh Moghissi, Shahrzad Mojab, Edgar Morin, Jean-Luc Nancy, Antonio Negri, Gérard Noiriel, Farhad Nomani, Bertrand Ogilvie, Anthony Pagden, Saeed Païvandi, Nasser Pakdaman, Susan H. Perry, Nasrin Rahimieh, Saeed Rahnema, Jacques Rancière, Judith Revel, Bruce Robbins, Ruth Rosen, Jerome Rothenberg, Nourrédine Saadi, Foad Saberan, Hazem Saghiya, Ranabir Samaddar, Lynne Segal, Nick Serpe, John B. Sharp, Alice R. Sharp, Shu-mei Shih, Ebrahim K. Soltani, Bahram Soltani, Ann Laura Stoler, Benjamin Stora, Pep Subirós, Rajeswari Sunder Rajan, Kamran Talattof, Wassyla Tamzali, Nadia Tazi, Emmanuel Terray, Soraya Tlatli, Nayereh Tohidi, Nadia Urbinati, Farzin Vahdat, Immanuel Wallerstein, Michael Walzer, Patrick Weil, Melissa Williams, Hossein Ziai, Slavoj Zizek, Alenka Zupancic.