Chi ha paura del nucleare civile iraniano?

Considerata l’escalation in atto nei confronti di Teheran (vedi Teniamo alta la guardia), ci pare utile continuare a proporre ai nostri lettori gli scritti di diversi analisti sulla crisi iraniana. Dopo aver pubblicato le riflessioni di Piotr Iskenderov sulla linea seguita dalla Russia nella vicenda, è oggi la volta di Thierry Meyssan, che sarà seguito nei prossimi giorni da altri scritti utili a delineare il quadro di un’aggressione già in atto che potrebbe sfociare in un’azione militare dalle conseguenze non facilmente calcolabili.

 

Il dibattito sull’esistenza di un eventuale nucleare bellico iraniano non è che fumo negli occhi. Le grandi potenze hanno bloccato il trasferimento di tecnologia dalla caduta dell’ex regime monarchico e la Rivoluzione Islamica ha condannato il ricorso alla bomba atomica.
I sospetti avanzati dagli occidentali non sono che scuse per isolare uno Stato che mette in discussione il dominio militare ed energetico delle potenze nucleari ed il loro diritto di veto presso il Consiglio di Sicurezza.

La Casa Bianca ha diffuso un dossier con cui spiega ai giornalisti la risoluzione n. 1929 del Consiglio di Sicurezza (1). Il contenuto del documento – con tutta la vasta campagna di stampa – è stato ripreso come al solito dai grandi mezzi di comunicazione occidentali senza la minima critica.
Secondo la stampa occidentale – cioè secondo la Casa Bianca di cui si è fatta portavoce per l’occasione – la risoluzione è stata adottata da una “ampia base” e costituisce “una risposta al continuo rifiuto da parte dell’Iran di sottoporsi agli obblighi internazionali relativamente al suo programma nucleare”. Guardiamone il contenuto.
Su 15 membri del Consiglio di Sicurezza, 12 hanno votato a favore (fra i quali i 5 membri permanenti), 1 si è astenuto, e 2 hanno votato contro.(2)
Questa “base molto ampia” maschera in realtà una nuova frattura: per la prima volta nella storia del Consiglio, un blocco di nazioni emergenti (il Brasile e la Turchia, tenuti assieme dall’assemblea dei paesi non-allineati) si oppone ai membri permanenti (Cina, Stati Uniti, Francia, Regno Unito, Russia) e ai loro alleati. Così, questa “unanimità meno due membri” esprime in realtà una contraddizione fra la dirigenza dei Cinque Grandi e quelli che si possono chiamare per la prima volta il Terzo Mondo (come analogia al Terzo Stato-3-), cioè di quelli il cui parere non conta.
Il Brasile ha svolto un ruolo centrale per la stesura del trattato di Tlatelolco, che proclama l’America Latina una “zona libera da armi nucleari”. La Turchia si adopera attivamente per fare del Medio-Oriente un’altra “zona libera da armi nucleari”. Nessuno mette in dubbio che questi due Stati si oppongano veramente alla proliferazione delle armi nucleari. Nessuno mette in dubbio che la Turchia, che ha confini con l’Iran, sia vigilante in modo specifico per impedire che Teheran si munisca della bomba atomica. Allora perché hanno votato contro la risoluzione n. 1929? Come possiamo vedere, la problematica imposta dalle grandi potenze non è che fumo negli occhi per nascondere un dibattito di fondo in cui l’Iran e i paesi non-allineati pongono il problema dei loro diritti.

Il mito della bomba dell’Iran

Quando regnava lo Scià Reza Pahlevi, gli Stati Uniti e la Francia mettevano in campo un vasto programma per fornire Teheran della bomba atomica. E’ stato ammesso, considerando la storia del paese stesso, che l’Iran non è un Paese che vuole espandersi e che le grandi potenze gli potevano fornire senza problema quel tipo di tecnologia. Quel programma è stato interrotto dall’Occidente all’inizio della Rivoluzione Islamica e ciò ha dato il via a un lungo contenzioso finanziario a proposito della società Eurodif. Secondo le autorità iraniane, il programma non è più stato ripreso.
L’ayatollah Khomeini e i suoi successori hanno condannato la fabbricazione, lo stoccaggio, l’utilizzo e la minaccia di usare l’arma nucleare come contrario ai loro valori religiosi. Secondo loro non è moralmente accettabile usare armi di distruzione di massa che possono uccidere senza distinzione civili e militari, sia quelli che parteggiano che quelli che sono contrari ad un governo. Questo divieto ha preso forza di legge con il decreto emanato dalla suprema Guida della Rivoluzione, l’ayatollah Kamenei, il 9 agosto 2005. I dirigenti iraniani hanno già dimostrato di essere coerenti con questa linea di principio e il popolo iraniano l’ha già pagata caramente. Questo durante la guerra contro l’Irak (1980-88).
Saddam Hussein lanciò missili non guidati contro le città iraniane. L’esercito iraniano rispose alla stessa maniera fino a che intervenne l’iman Khomeini. Egli fece cessare i lanci, proprio in virtù di quel principio, vietando di tirare alla cieca sulle città nemiche. Il paese scelse di seguire una guerra più lunga piuttosto che vincerla usando delle armi di sterminio.(4)
Tenuto conto del modo di funzionamento del paese, non sembrava possibile che individui passassero oltre questa indicazione di carattere religioso e il ricordo dei martiri di quella guerra per mettere in atto un vasto programma di ricerca segreta e di fabbricazione della bomba atomica.
La posizione iraniana anticipa quello che è il diritto internazionale. E’ soltanto dal 1996 che la Corte internazionale di Giustizia dell’Aia ha ricordato che ogni distruzione di massa è un crimine, e che il principio stesso della dissuasione nucleare, cioè la minaccia di perpetrare un crimine, costituisce un crimine esso stesso(5).
Nonostante ciò, il parere della Corte non era vincolante, per cui le grandi potenze non ne sono vincolate.(6).
Il mito di un programma militare iraniano è stato forgiato dagli anglo-sassoni appena dopo l’invasione dell’Afganistan e dell’Irak.
Il loro piano strategico prevedeva di accerchiare l’Iran cominciando dai suoi due paesi confinanti. In quel periodo, i servizi degli Stati Uniti e britannici hanno diffuso false informazioni su questo stato alla stessa maniera di come lo hanno fatto a proposito del preteso programma d’armi di distruzione di massa di Saddam Hussein. I dati trasmessi agli Alleati e alla stampa erano più spesso forniti attraverso un gruppo di esiliati iraniani, i Mujaedins del Popolo. Questo è stato messo in atto dopo che questi esuli inventarono queste notizie di volta in volta e a mano a mano che ne avevano bisogno. Del resto, stavano in Irak e, anche col sostegno di famiglie locali, non erano però in grado di penetrare nell’organizzazione blindata dei Guardiani della Rivoluzione. Oggi gli esperti USA riconoscono che questa fonte d’informazione era senza valore. Soltanto i neo-conservatori e i loro servizi segreti francesi, che proteggono in Francia la sede mondiale dei Mujaedin, continuano a crederci(7).
Di questo si ha un riferimento nelle risoluzioni n.1737 (del 23 dicembre 2006)-8- e n.1747 (del marzo 2007-9-).
Le accuse contro l’Iran sono state abbandonate da Washington, fin dal 3 dicembre 2007, allorquando il direttore nazionale dell’Informazione il vice-ammiraglio John Michael McConnel rese pubblico un rapporto sintetico. Da codesto rapporto si apprendeva che l’Iran aveva cessato da anni qualsiasi programma nucleare militare e che, se lo riproponeva, non era in grado nella maniera più assoluta di produrre la bomba atomica se non dopo il 2015(10). Pubblicando il rapporto McConnell non solo era spinto a chiudere la polemica, ma intendeva soprattutto – seguendo la linea di un gruppo di ufficiali superiori attorno al vecchio generale Brent Scowcroft – voler sospendere il progetto di guerra contro l’Iran, gli USA non avevano più nemmeno i mezzi economici e militari(11). I nostri lettori ricorderanno che io ho analizzato questi avvenimenti nei nostri articoli, mettendo in evidenza il cambiamento della politica di Washington già sei ore prima della pubblicazione a sorpresa del rapporto steso.(12).
Un accordo fu concluso fra il comandante del CentCom, l’ammiraglio William Fallon, e i suoi omonimi iraniani, con il consenso del segretario della Difesa Robert Gates sotto la supervisione della testa pensante degli ufficiali superiori, il generale Scowcroft. Uno scenario di distensione era stato stabilito per permettere agli Stati Uniti di uscire dall’Irak a testa alta. Ma ciononostante, il clan Bush-Cheney, che sperava ancora in questa guerra, riusciva a far votare nuove sanzioni contro l’Irak con la risoluzione n.1803 (del marzo 2008)(13), immediatamente seguita dalle dimissioni dell’ammiraglio Fallon(14). Lì ancora, i nostri lettori si ricorderanno di questo episodio che ho descritto dettagliatamente sulle nostre colonne(15).
Alla fine, c’è stato il tentativo del clan Bush-Cheney di deformare l’opposizione dello stato-maggiore degli Stati Uniti come colei che sospettava un attacco da parte dell’Iran contro Israele. In questa prospettiva, Tsahal aveva affittato due basi militari aeree in Georgia, da dove i bombardieri avrebbero potuto colpire l’Iran senza bisogno di rifornimenti in volo. Ecco là! ma questo progetto fu inaspettatamente interrotto a causa della guerra nell’Ossezia del Sud e i bombardamenti delle basi israeliane dalla Georgia attraverso la Russia.
Oggi in sostanza, il generale Scowcroft e il suo cavallo di battaglia, Barak Obama, hanno ripreso questa polemica e la utilizzano per far avanzare i loro piani. Non si tratta più di preparare una guerra contro l’Iran, ma di iniziare una forte pressione su Teheran per obbligarla a cooperare con gli anglo-sassoni in Afganistan e anche in Irak. In effetti, le forze occidentali si sono cacciate nel pantano di due operazioni, allorquando e mentre gli iraniani hanno dalla loro dei potenti punti d’appoggio da parte delle popolazioni azere afgane e sciite irakene.
Così, il generale Scowcroft, che aveva smentito il mito del nucleare iraniano a dicembre 2007 e interpretato come una provocazione le sanzioni contro l’Iran di marzo 2008, adesso è diventato il propagandista di queste stesse sanzioni nel 2010.

L’indipendenza energetica degli Stati Emergenti

Da più di sessant’anni, l’Iran si preoccupa della sua indipendenza energetica. Durante la monarchia imperiale, il Primo ministro Mohammad Mossadegh, nazionalizzò l’Anglo-Iranian Oil Company, ed espulse la maggioranza dei consiglieri e dei tecnici britannici. Nelle sue intenzioni e in quelle degli altri sudditi dello Scià, non si trattava di recuperare una fonte di finanziamento ma di appropriarsi dei mezzi di sviluppo economico. Il petrolio iraniano avrebbe assicurato la crescita di un’industria iraniana.
Londra allora si sentì lesa nei suoi diritti e portò la questione davanti alla Corte di Giustizia Internazionale dell’Aia. E perse. I Britannici sollecitarono allora gli Stati Uniti ad organizzare un colpo di Stato(16). Alla fine dell’operazione “Aiax”, Mossadegh fu arrestato mentre gli successe l’ex generale nazista Fazlollah Zahedi. Il regime dello Scià divenne allora il regime più repressivo del pianeta.
La Rivoluzione Islamica, che detronizzò lo Scià, riprese nel programma questa esigenza di indipendenza energetica. Mentre si effettuavano le ricerche petrolifere, Teheran comprese nel suo vasto programma di ricerche scientifiche e tecnologiche lavori sul nucleare civile. Intanto, secondo i geologi iraniani, il paese scopriva di poter sfruttare l’uranio, molto più importante del petrolio. Non avendo combustibile nucleare, Teheran si rifornì grazie al presidente argentino Raùl Alfonsine. Furono siglati tre accordi con l’Argentina, nel 1987 e nel 1988. Le prime consegne di uranio arricchito al 19,75% si ebbero nel 1993(17). Ma questi accordi furono interrotti dagli attentati di Buenos Aires nel 1992 e nel 1994, accusando l’Iran, ma probabilmente furono organizzati dal Mossad che si era inserito nel paese durante la dittatura del generale Videla(18).
Nel 2003, l’Iran firmò il Protocollo aggiunto del Trattato di non proliferazione, che teneva conto delle scoperte scientifiche. In virtù di queste nuove disposizioni i firmatari dovevano segnalare all’Agenzia Internazionale dell’energia atomica, gli impianti nucleari che stavano per essere costruiti, diversamente dal passato quando non dovevano essere resi noti che sei mesi prima la loro messa in funzione. Sulla base del cambiamento delle regole, Teheran rende noto la costruzione in corso di impianti nuovi a Natanz e Arak. Il Protocollo aggiunto non prevedeva misure transitorie da un sistema precedente a quello nuovo, allora il Presidente Khatami accetta di discutere le modalità con un gruppo di contatto composto dall’Unione Europea, la Germania, la Francia e il Regno Unito (UE + 3), e sospende l’arricchimento dell’uranio in segno distensivo.
Eletto presidente della Repubblica a metà del 2005, Mahmoud Ahmadinejad valuta che il suo paese ha concesso un tempo sufficiente all’AIEA per poter effettuare i controlli necessari per il periodo di passaggio, e che il Gruppo dei Tre vuole trascinare a lungo le cose per prolungare in maniera indefinita la moratoria a carico dell’Iran. Decide dunque di riprendere il processo di arricchimento dell’uranio.
A partire da quel momento, gli europei – che considerano con disprezzo l’Iran come il “regime dei mullah”(19) – rimproverano agli Iraniani di essere venuti meno alla parola data. L’amministrazione Ahmadinejad dichiara in merito a quella definizione, che come tutti i governi del mondo, è legata al Trattato ratificato dal suo Parlamento, ma non è legato alla politica del governo che lo ha preceduto. E’ l’inizio del conflitto giuridico. La Germania, la Francia ed il Regno Unito ottengono il sostegno del G8 e convincono il Consiglio dei governi dell’AIEA a portare il conflitto davanti al Consiglio di sicurezza dell’ONU.
Il voto del Consiglio dei governatori (4 febbraio 2006) preannuncia quello del Consiglio di sicurezza del 9 giugno 2010. Le Grandi Potenze formano un blocco, meno Cuba, la Siria e il Venezuela che votano contrari.
Temendo di essere umiliata, l’amministrazione Ahmadinejad decide di ritirare la firma iraniana al Protocollo aggiunto. Questo ritrattare fa cadere gli impegni dell’amministrazione Khatami e chiude la polemica col gruppo UE+3. Il Consiglio di sicurezza risponde esigendo una nuova sospensione dell’arricchimento dell’uranio (risoluzione n.1696 del 31 luglio 2006)(20). Riguardo al diritto internazionale questa risoluzione non ha fondamento giuridico. La Carta delle Nazioni Unite non dà il mandato al Consiglio di sicurezza per esigere da uno Stato membro che venga meno a uno dei suoi diritti per “ristabilire la fiducia” degli altri al suo interno.
Da quel momento allora l’Iran, sostenuto da 118 Stati non allineati- rifiuta di uniformarsi alle richieste successive del Consiglio in virtù dell’articolo 25 della Carta. Esso infatti stabilisce che gli Stati membri sono tenuti ad accettare le decisioni del Consiglio solamente per quelle conformi alla Carta. Inevitabilmente, il dibattito giuridico internazionale passa attraverso il controllo attraverso l’AIEA sul programma iraniano attraverso un braccio di ferro fra le grandi potenze e quelle emergenti. O piuttosto è tornato al punto di partenza degli anni 50; la questione del controllo attraverso l’AIEA non è stato che un episodio nella contraddizione fra le Potenze dominanti ed il Terzo Mondo.

Dopo il petrolio, l’uranio

Il confronto tra il comportamento delle grandi potenze davanti al problema del petrolio iraniano ieri e dinanzi a quello dell’uranio iraniano oggi, è sconvolgente.
All’indomani della Seconda Guerra Mondiale, gli Anglo-sassoni avevano imposto contratti capestro all’Iran per l’estrazione del petrolio senza pagarne il giusto prezzo(21). Essi avevano anche impedito all’Iran di attrezzarsi di grandi raffinerie per trasformarlo. E’ in queste condizioni che l’Iran doveva importare ad un prezzo maggiore quel petrolio che la BP aveva prodotto raffinandolo all’estero rispetto a quello che aveva sottratto loro in patria.
Oggi, le grandi potenze vorrebbero vietare all’Iran di arricchire il proprio uranio per farne combustibile. In tal modo, il paese non avrebbe la possibilità di utilizzare le sue proprie ricchezze minerali e sarebbe costretto a venderle a basso prezzo. Nel 2006, gli anglo-sassoni fanno adottare dal Consiglio di sicurezza una risoluzione che esige che Teheran sospenda le sue attività legate all’arricchimento, compresa la ricerca per lo sviluppo. In seguito, hanno proposto agli iraniani di comprare loro dell’uranio appena estratto e di vendergliene di quello arricchito.
La reazione di Mahmoud Ahmadinejad a questo scambio è esattamente quello fatto da Mohandas K.Gandhi in una situazione analoga. Gli Inglesi avevano vietato agli Indiani di tessere il cotone. Ne acquistavano ad un prezzo basso una materia prima che non potevano utilizzare, in seguito gliela rivendevano al prezzo maggiorato sotto forma di tessuti col loro cotone a Manchester. Il Mahatma Gandhi violò la legge imperiale e si mise a filare lui stesso il cotone su di un telaio rudimentale che diventò il simbolo del suo partito politico. (anche se il cotone non era uranio, n.d.t.).
Allo stesso modo gli Inglesi si era appropriati di un monopolio del sale e applicavano una tassa eccessiva su questo prodotto di prima necessità. Gandhi andò contro la legge imperiale, attraversando il paese con una marcia epica, andò lui stesso a raccogliere il sale. E’ attraverso questo tipo d’azione che l’India conquistò la sua indipendenza economica.
Le dichiarazioni sconvolgenti di Mahmoud Ahmadinejad al momento della messa in opera delle centrifughe vanno intese in questo modo. Esse esprimono la volontà dell’Iran di sfruttare lui stesso le fonti minerarie e di fornirsi così di energia indispensabile per il proprio sviluppo economico.
Del resto, niente nel Trattato di non proliferazione vieta a nessuno di arricchire l’uranio (22).

Il Protocollo di Teheran

In occasione del summit di Washington sulla sicurezza nucleare (12 e 13 aprile 2010), il presidente del Brasile Lula da Silva presenta le sue richieste al suo omonimo statunitense. Egli gli chiede quali misure ci potrebbero essere per ristabilire la fiducia per arrestare la spirale delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza.
Lula da Silva, che ha l’ambizione di diventare segretario generale delle Nazioni Unite, agisce come intermediario fra le grandi e le piccole potenze. A sorpresa, il presidente Obama si riserva di rispondere. Finalmente, gli invia una lettera, il 20 aprile(23). In essa viene indicato un provvedimento negoziato nel novembre 2009, poi abbandonato, che costituirebbe una buona possibilità. L’Iran avrebbe il consenso di scambiare dell’uranio scarsamente arricchito con dell’uranio debolmente arricchito. Questo scambio si potrebbe effettuare in un paese terzo, la Turchia per esempio. Teheran potrebbe allora alimentare di combustibile il suo reattore per usi sanitari senza aver necessità di arricchire da solo l’uranio. Tale lettera per conoscenza fu inviata da Obama al suo omologo turco, ma non è stata resa pubblica.
Il presidente del Brasile si dirige immediatamente a Mosca dove, in occasione di una conferenza stampa comune (14 maggio) il presidente Medvedev conferma che dal punto di vista russo questo provvedimento sarebbe considerato al pari di una soluzione accettabile(24).
Lula da Silva raggiunge il primo ministro turco a Teheran e firma il documento auspicato col presidente Ahmadinejad (17 maggio)(25).
Cosiffatto, Mahmoud Ahmadinejad conferma che, se si applicherà l’accordo, il suo paese non avrà affatto bisogno di procedere all’arricchimento, ma che per premunirsi da un’eventuale infrazione del Protocollo, esso avrebbe dovuto padroneggiare codesta tecnica. L’Iran proseguirà dunque nelle sue ricerche.
Con un voltafaccia, Washington deposita al Consiglio di sicurezza un progetto di risoluzione che aveva già preparato precedentemente con gli altri membri permanenti. Appena dopo tre settimane di dramma e tensione psicologica, quel testo testé emendato viene dibattuto in seno al Consiglio. Formalmente, i negoziatori occidentali inviano per fax a Teheran le loro osservazioni sul Protocollo quattro ore prima di iniziare la riunione(26). Non esigono più un accordo provvisorio, ma esigono che l’Iran rinunci alla tecnica di arricchimento. La risoluzione n.1929 è adottata, comprendendo anche la Russia e la Cina (9 giugno)(27).
Per il Brasile, la Turchia, l’Iran e i 118 paesi non-allineati che li sostengono, lo choc è pesante. E’ del tutto chiaro che la preoccupazione delle grandi potenze non è tanto di impedire all’Iran l’arricchimento dell’uranio per fabbricare bombe, ma di impedire la conoscenza dell’autosufficienza che garantirebbe la sua indipendenza.

Le conseguenze della risoluzione n.1929

Nel corso dei giorni successivi, i dirigenti russi lasciano intravedere i loro disaccordi interni. Una cascata di dichiarazioni contraddittorie confermano e stabiliscono che l’embargo previsto con la risoluzione n.1929 si applicherà anche ai missili terra-aria S-300 russi in corso di rifornimento. A questo punto il presidente Medvedev entra nel vivo: i rifornimenti d’armi anti-aerea sono interrotti, e ciò implica che, da un punto di vista tecnico, è credibile un bombardamento dell’Iran come opzione militare.
Sempre in tal senso, Washington aggiunge alle sanzioni dell’ONU delle proprie, e l’Unione Europea gli tiene dietro. Questo nuovo dispositivo è indirizzato a privare l’Iran dell’energia che è necessaria alla sua economia. Vieta alle società che hanno interessi in Occidente di vendere del petrolio raffinato o qualsiasi altro carburante a Teheran(28). Prima conseguenza di queste misure unilaterali, la Total è costretta a ritirarsi dall’Iran. Il ministro del Brasile per gli affari esteri Celso Amorim annuncia che per quanto gli compete, le società agro-industriali del suo paese non possono assumersi il rischio di fornire di etanolo l’Iran. Tali rotture comportano catastrofi economiche non solo per gli iraniani, ma per francesi ed anche brasiliani.
A Mosca inizia il subbuglio. I sostenitori del Primo ministro Vladimir Putin si ritengono imbrogliati. Per loro, le sanzioni contro l’Iran non devono andare a destabilizzare il paese. Avevano permesso una posizione al presidente Dmitry Medvedev in collaborazione con gli Stati Uniti a condizione che ci si limitasse a sanzioni stabilite dall’ONU. Si trovano ormai dinanzi al fatto compiuto: la risoluzione del Consiglio di sicurezza serve come giustificazione per misure unilaterali secondo Washington e Bruxelles allo scopo di disarmare l’Iran. Ascoltato dal Senato, il segretario USA alla Difesa Robert Gates si fa scherno della confusione che regna al Cremlino e per il suo “approccio schizofrenico” sulla questione iraniana.
Nel prosieguo della linea, la Germania si comporta con zelo. La cancelliera Angela Merkel fa confiscare materiali destinati per la costruzione della centrale nucleare civile a Busher e interpella gli ingegneri russi che l’allestiscono. La tensione si alza a Mosca e l’ambasciatore Churkin richiama i suoi partners del Consiglio di sicurezza alla ragione.
A Pechino, le cose non sono più chiare. La Cina accetta il voto per la risoluzione n.1929 in cambio alla rinuncia da parte di Washington a nuove sanzioni contro la Corea del Nord. Pechino, che non immaginava misure per la difesa sia di Teheran che di Pyongyang, ha dovuto cedere terreno in quanto gli Stati Uniti si riservano di dar loro cappotto al G8 a Toronto.
In una dichiarazione, il Supremo Consiglio (iraniano) di sicurezza nazionale sottolinea che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite non avrebbe la competenza di adottare la risoluzione n.1929(29). Come eco, il presidente del Venezuela, Hugo Chavez, annuncia che il suo paese non applicherà decisioni senza fondamento giuridico. In senso concreto, Caracas rifornirà Teheran di benzina e le proporrà servizi bancari che oggi le vengono rifiutati.
L’Iran decide di manifestare il malumore rinviando di un mese ogni nuovo negoziato e ponendo condizioni per la ripresa delle trattative. Capovolgendo la retorica dominante, Teheran accetta di discutere l’applicazione del Trattato di non proliferazione per “ristabilire la fiducia” con gli occidentali, alla condizione che essi “rinnovino la fiducia” con l’Iran e i non-allineati. A tale scopo il presidente Ahmadinejad esige che i negoziatori esprimano una dichiarazione solenne secondo la quale non frapporranno problemi sulla base della buona fede e toglieranno di mezzo il presupposto del “due pesi, due misure”: dovranno esigere che Israele firmi il TNP (e di conseguenza accetti la regola delle ispezioni da parte dell’AIEA e la denuclearizzazione progressiva) nell’impegno all’applicazione anche per loro del TNP (cioè che inizino a distruggere le loro rimanenze di armi nucleari).
Da parte occidentale questa risposta è sembrata dilatoria: Teheran pone condizioni non realistiche che denotano la propria volontà di rottura. Da parte dei membri del Terzo Mondo, Teheran pone la contraddizione fondamentale sul TNP che permetterebbe dopo quarant’anni alle grandi potenze di preservare il loro vantaggio nucleare, militare e civile, per il dominio del mondo impedendo alle potenze emergenti di ricongiungersi al club nucleare.
Senza scomporsi Washington rilancia la polemica. Il direttore della CIA, Leon Panetta, dichiara in una trasmissione molto seguita che secondo le recenti informazioni, l’Iran avrebbe ormai abbastanza uranio debolmente arricchito per fabbricare bombe(30).
L’accusa è infondata dal momento che l’Iran non dispone che di uranio arricchito meno del 20% quando le bombe atomiche hanno bisogno di uranio arricchito nella misura del 70, anzi 80%.
Poco importano i fatti e la logica, “La ragione del più forte ha sempre la meglio”.

Conclusioni

31 anni dopo l’inizio della Rivoluzione islamica, l’Iran non è andato fuori dalla sua traiettoria. Malgrado la guerra per procura che le grandi potenze gli hanno regalato, malgrado gli embarghi e le sanzioni di ogni tipo, esso continua a pensare alla costruzione delle relazioni internazionali e a battersi per la sua indipendenza e per quella delle altre nazioni. Se si rileggono gli interventi retrospettivamente quelli dei diplomatici e dei dirigenti presso l’ONU, si può notare che questi non hanno smesso di denunciare la direzione che le grandi potenze esercitano sul resto del mondo attraverso la loro posizione permanente ed il loro diritto di veto al Consiglio di sicurezza. E se si rilegge la stampa occidentale, si vede che quella mette in risalto scandali successivi per non aver dato conto alle proposte dei diplomatici e dirigenti iraniani(31).
In questo quadro, la posizione iraniana sul nucleare è invariata anzi si è approfondita. L’Iran ha proposto di fare del vicino Oriente una zona denuclearizzata e Teheran non ha smesso di portare il suo progetto che sarà esaminato dall’ONU malgrado l’opposizione feroce di Israele(32).
L’Iran ha preso numerose iniziative a favore degli Stati del Terzo Mondo condividendo il loro punto di vista sul nucleare, l’ultima occasione è stata la Conferenza internazionale sul disarmo nucleare che è stata organizzata nell’aprile del 2010 (33).
In quell’impegno il problema centrale non era l’Iran ma il rifiuto delle grandi potenze di uniformarsi ai loro impegni di firmatari del Trattato di non-proliferazione: distruggere più velocemente i loro stocks di armi nucleari. Adesso, lungi dall’impegnarsi su questa strada, l’amministrazione Obama ha reso pubblica la sua nuova dottrina nucleare nella quale si prevede di far uso dell’arma atomica non solo in risposta ad un attacco nucleare ma come primo colpo contro gli Stati non-nuclearizzati che gli oppongono resistenza.

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Thierry Meyssan, è analista politico francese, presidente-fondatore della Rete Voltaire e della conferenza Axis per la Pace. Pubblica ogni settimana cronache di politica estera sulla stampa araba e russa. Ultima opera pubblicata: L’incredibile falso 2, ed. JP Bertand (2007).

Fonte: www.voltairenet.org/
Tratto da www.comedonchisciotte.org

NOTE:
(1) “I fatti della Casa Bianca coperti dal nuovo Consiglio di Sicurezza ONU per le Sanzioni contro l’Iran”, Voltaire Network, 9 giugno 2010.
(2) Vedere il processo-verbale della seduta relativa alla Risoluzione n.1929, Rete Voltaire, 9 giugno 2010.
(3) In Francia, durante l’Ancien Régime, la società era suddivisa in tre classi; la nobiltà, il clero ed il terzo stato. Quest’ultimo era privato di ogni potere politico anche se rappresentava il 95% della popolazione.
(4) “L’Iran non ha bisogno di alleanze militari”, da Kourosh Ziabari, Voltaire Network, 2 aprile 2010.
(5) “Ammissione della minaccia o dell’impiego nucleare”, Bollettino dell’8 luglio 1996, Corte internazionale di Giustizia, C.I.J., Raccolta 1996, p.226.
(6) “La dissuasione nucleare è contraria al diritto internazionale!”, di Francis Boyle, Rete Voltaire, 21 ottobre 2009.
(7) Vedere il nostro dossier “Mujahedin-e Khalq”.
(8) “Risoluzione n.1737 del Consiglio di sicurezza”, Rete Voltaire, 23 dicembre 2006.
(9) “Risoluzione n.1747 del Consiglio di sicurezza”, Rete Voltaire, 24 marzo 2007.
(10) “Iran: intenzioni e potenzialità nucleari”, estratto dal Bilancio Preventivo Nazionale (NIE), Rete Voltaire/Orizzonti e Dibattiti,17 dicembre 2007.
(11) “Perché McConnell ha pubblicato il rapporto sull’Iran?”, Rete Voltaire/Orizzonti e dibattiti, 17 dicembre 2007.
(12) “Washington decreta un anno di tregua mondiale”, di Thierry Meyssan, Rete Voltaire, 3 dicembre 2007.
(13) “Risoluzione n. 1803 del Consiglio di sicurezza”, Rete Voltaire, 3 marzo 2008.
(14) “Perché William Fallon ha dato le dimissioni?”, Rete Voltaire/Nuove Notizie Oriente, 14 marzo 2008.
(15) “Le dimissioni dell’ammiraglio Fallon rilancia le ostilità in Irak”, di Thierry Meyssan, Rete Voltaire,13 marzo 2008.
(16) Tutti gli uomini dello Scià; Sul colpo americano e le radici del terrore nel Vicino Oriente, di Stefan Kinzer (John Wiley & Figli, 2003).
(17) “L’Iran guarda all’Argentina per i rifornimenti nucleari” di Kaveh L. Afrasiabi, Voltaire Network, 9 novembre 2009.
(18) “Washington vuole registrare gli attentati di Buenos Aires”, di Thierry Meyssan; “Attentati sotto falso nome in Argentina: 1992 e 1994”, di James Fetzer e Adriano Salbuchi; Rete Voltaire, 13 luglio 2006 e 9 novembre 2009.
(19) Questa espressione suscita il riso. In effetti Mahmoud Ahmadinejad rappresenta i veterani della guerra Irak-Iran e non assolutamente l’alto clero sciita cui gli si oppone di più.
(20) “Risoluzione n.1696 del Consiglio di sicurezza”, Rete Voltaire, 31 luglio 2006.
(21) “BP-Amoco, unità petrolifera anglosassone” di Arthur Lepic, Rete Voltaire, 10 giugno 2004.
(22) “Trattato sulla non- proliferazione delle armi nucleari(TNP)”, Rete Voltaire.
(23) “Lettera a Lula da Silva”, di Barack Obama, Voltaire Network, 20 aprile 2010.
(24) “Nuova Conferenza dell’Unione” di Dmitry Medvedev e Luiz Ignacio Lula da Silva, Voltaire Network, 14 marzo 2010.
(25) “Dichiarazione congiunta di Iran Turchia e Brasile sull’energia nucleare”, Voltaire Network, 9 giugno 2010.
(26) “Il gruppo di Vienna in risposta alla Dichiarazione congiunta di Teheran”, Voltaire Network, 9 giugno 2010.
(27) “La risoluzione n.1929 del Consiglio di sicurezza”, Rete Voltaire, 9 giugno 2010.
(28) L’Iran esporta come Stato il petrolio, ma – tenuto conto dell’embargo di cui è oggetto dall’inizio della Rivoluzione islamica -, non dispone di raffinerie ed è obbligato ad importare benzina.
(29) “La Repubblica islamica dell’Iran Dichiarazione in risposta alla Risoluzione n. 1929”, Voltaire Network, 18 giugno 2010.
(30) Incontro fra Leon Panetta e Jake Tapper, La settimana, ABC, 27 giugno 2010.
(31) Il lettore ricorderà probabilmente come la Francia avesse creato una segreteria di Stato per i Diritti dell’uomo la cui principale attività era di sabotare la partecipazione iraniana alla conferenza di Ginevra contro il razzismo (“Durban II”). Il segretario di Stato Rama Yade aveva destinato fondi diplomatici a militanti sionisti per disturbare il discorso del presidente iraniano, per far tacitare la sala dagli ambasciatori delle potenze europee secondo un piano preordinato. Il lettore potrà rileggere il discorso di M.Ahmadinejad ed apprezzarlo per quello che viene detto nella sua analisi. Esso ruota sul ruolo del Consiglio di sicurezza sul fatto che l’apartheid di Israele non è punito (Vedere :”Discorsi alla Conferenza di Durban II”, di Mahmoud Ahmadinejad, Rete Voltaire, 20 aprile 2009. Perché la censura sia completa, l’alto funzionario francese Bruno Guigne, che si era indignato pubblicamente per la presentazione dei mass-media di questa faccenda è stato rilevato immediatamente la funzione svolta dal presidente Sarkozy (leggere:”Quando la lobby pro-israeliana si scatena contro l’ONU” di Bruno Guigne, Rete Voltaire, 24 marzo 2008).
(32) “La capacità nucleare israeliana” Risoluzione adottata alla decima riunione plenaria dell’AIEA, Rete Voltaire, 18 settembre 2009. “Applicazione delle garanzie dell’AIEA in Medio-Oriente”, Risoluzione adottata alla nona riunione plenaria, Rete Voltaire 17 settembre 2009. “Creazione di una zona esente d’armi nucleari in Medio-Oriente”, Rapporto presentato dalla Repubblica islamica dell’Iran alla Conferenza delle Commissioni incaricate di esaminare il Trattato sulla non proliferazione delle armi nucleari 2010, Rete Voltaire, 4 marzo 2010.
(33) “Messaggio alla prima Conferenza internazionale sul disarmo nucleare” di Ali Khamenei; “Messaggio della Conferenza Internazionale sul disarmo nucleare” di Mahmoud Ahmadinejad; “Messaggio della Conferenza Internazionale sul Disarmo nucleare”, di Saeed Jalili; Rete Voltaire, 17 aprile 2010.