Intervista allo storico Georges Corm, che da decenni racconta il puzzle mediorientale
Scontro a fuoco al confine con Israele, Hezbollah nel mirino del Tribunale Internazionale per l’omicidio Hariri, un governo bloccato, le pressioni dell’Iran. Il Libano è una polveriera.
Intervista sulla situazione attuale nel Paese dei Cedri a Georges Corm (foto), economista e storico libanese, consulente di diversi organismi internazionali e docente all’Università Saint-Joseph di Beirut, autore di diversi libri sui problemi dello sviluppo del mondo arabo, come Storia del Medio Oriente e Libano contemporaneo.
Che cosa ne pensa di quello che ha detto Nasrallah a proposito dell’assassinio di Hariri? C’è qualcosa di nuovo?
No, non per chi segue da vicino e quotidianamente quello che sta succedendo nel nostro Paese. Ma quel discorso è parte di un contrattacco che risponde a quanto dice una certa stampa negativa, e cioè che il procuratore del Tribunale Internazionale per il Libano stia indicando Hezbollah come il prossimo colpevole dell’assassinio di Hariri. Ormai è chiaro che non ci sono prove né contro la Siria né contro i quattro generali libanesi incaricati della sicurezza del Paese che sono stati scarcerati. Le accuse si erano basate sulla falsa testimonianza di testimoni che sono risultati corrotti, ed ecco perché oggi molti in Libano temono che l’accusa contro Hezbollah sia basata su false testimonianze o su una documentazione truccata, come in precedenza.
Quello che ha detto Nasrallah il 9 agosto scorso non è una novità, ma aver riunito tutte le informazioni per la prima volta è un modo per sottolineare un certo risentimento nei confronti della Commissione Internazionale d’inchiesta e del Tribunale perché l’ipotesi di un coinvolgimento d’Israele nell’omicidio Hariri non è mai stata presa in considerazione.
Dopo tutto la questione basilare di chi può aver commesso il crimine non è mai stata sollevata.
Cosa ne pensa del Tribunale Internazionale? Ha un senso effettivo o alla fine non c’è un impegno reale per scoprire la verità?
A meno che uno non sia molto ingenuo, non è possibile non pensare che sia stato creato esclusivamente per ragioni politiche. L’assassinio di personaggi politici non è mai stato di competenza dei tribunali internazionali il cui scopo è quello di punire i crimini di guerra, genocidi o le stragi di massa su basi religiose o etniche. Politici molto più importanti di Hariri, come John Kennedy, Olof Palme, Aldo Moro sono stati assassinati e nessuno ha pensato di istituire una commissione d’inchiesta internazionale e poi un tribunale speciale per trovare e punire i colpevoli. Di recente, dopo l’assassinio di Hariri, la Signora Bhutto, ex primo ministro pakistano, è stata uccisa e nessuno si è commosso abbastanza da suggerire la creazione di un tribunale speciale. Quindi è chiaro che un tribunale speciale per il Libano con il compito di riuscire laddove la commissione d’inchiesta aveva fallito, è stata una manovra esclusivamente politica, per avere uno strumento istituzionale e legale che potesse azzittire quei libanesi pronti a protestare oppure per accusare i partiti politici libanesi ostili agli interessi occidentali.
Se il Tribunale dovesse accusare esponenti importanti di Hezbollah, può Saad Hariri continuare ad avere una relazione normale con loro?
Questo creerebbe una certa confusione e molta tensione in Libano che forse è proprio lo scopo che vorrebbe avere un’accusa del genere. Ma nessuno sta ponendo la domanda fondamentale: perché Hezbollah avrebbe voluto uccidere Hariri, in un momento in cui i rapporti tra i due sono eccellenti sin dal 1996 e anche dopo la risoluzione 1559 dell’Onu che richiedeva alla Siria di spostare il suo esercito fuori dal Libano e al Governo libanese il disarmo di tutti i gruppi armati presenti in Libano.
Qual è oggi il ruolo della Siria in Libano? E qual è il ruolo dell’Iran?
Sembra che abbiano lo stesso ruolo che avevano prima: evitare che il Libano diventi un vicino ostile o un vicino il cui territorio è sfruttato da altri per destabilizzare il regime siriano o per attaccare la Siria attraverso la valle della Bekaa che rende molto facile l’accesso alla capitale Damasco. Ecco perché il supporto a Hezbollah e alle sue truppe in Libano serve per prevenire un eventuale attacco israeliano contro la Siria.
Per quanto riguarda l’Iran, il suo ruolo non è cambiato dalla rivoluzione del 1979 cioè continua a dare un supporto armato di resistenza contro un’eventuale occupazione israeliana dei territori libanesi e palestinesi. Questo è un elemento cruciale dell’ideologia del regime che ha ereditato tutti i discorsi precedenti anti-imperialistici dei partiti locali marxisti e dell’Unione sovietica, e ha islamizzato il suo vocabolario perché sembrasse più familiare agli abitanti della regione. L’Iran rifornisce Hezbollah con le sue armi e ha esteso il suo aiuto per la ricostruzione dopo la guerra d’Israele contro Hezbollah e il Libano nel 2006, senza nessun costo per lo stato libanese.
Ma se parliamo dell’influenza politica iraniana in Libano, non dimentichiamo che fa da contrappeso all’influenza molto maggiore saudita e occidentale, quindi potrebbe essere considerata un elemento di equilibrio. Un disegno politico saggio si preoccupa che il Libano, situato in una posizione strategica, non cada sotto l’influenza esclusiva di uno dei maggiori poteri internazionali o regionali.
Qual è, secondo lei, il vero piano di Assad? Ha contatti con gli Stati Uniti e con l’Arabia saudita, ma anche dimostra una forte relazione con Teheran.
Come aveva fatto anche Assad padre, il vero piano del regime siriano sotto l’attuale presidenza di Bashir Assad, è creare un sistema di equilibri nella regione in modo tale che i regimi arabi a favore dell’Occidente e gli Stati Uniti e Israele non possano dominare la regione. Questa politica ha, con successo, fatto diventare la Siria un’inevitabile forza della regione che non può essere ignorata dagli altri paesi. L’alleanza con l’Iran è parte di questa politica tradizionale, che si è perfezionata con una nuova alleanza con la Turchia, sempre più coinvolta nelle questioni mediorientali. E’ proprio questa politica siriana che George W. Bush e Condoleezza Rice hanno cercato di sradicare per realizzare il loro sogno inconsistente di un nuovo Medio Oriente, cioè attraverso il passaggio iracheno e libanese. Hanno fallito nel loro scopo, ma la loro politica ha procurato alla regione molte sofferenze e una destabilizzazione maggiore.
Come vede il futuro? E’ possibile trovare un nuovo equilibrio senza una guerra?
Il futuro rimarrà desolante fintanto che le ambizioni e la feroce politica israeliana contro i diritti legittimi dei palestinesi e dei libanesi non saranno tenuti sotto controllo dai poteri occidentali che danno il loro cieco supporto ad Israele. Oltretutto il modo in cui l’Iran è stato criticato e denunciato, assomiglia troppo all’atteggiamento che l’Occidente ha avuto nei confronti dell’Iraq sotto Saddam Hussein. Spero che non vengano ripetuti gli stessi errori, questa volta nei confronti dell’Iran.
La paranoia occidentale è responsabile di molta parte dell’instabilità e della violenza che affligge questa parte della regione. Recentemente questa paranoia è stata espressa egregiamente da José Maria Aznar, l’ex primo ministro conservatore spagnolo, in un suo articolo sul Times londinese del 17 giugno ha scritto che se la supremazia occidentale e d’Israele continua ad essere contestata, allora l’esistenza dell’Occidente sarà in pericolo.
Tra ragione e passione geo-politica dove andrà il Medio Oriente?
Non so come rispondere, ma spero che la ragione prevarrà e che l’Occidente smetta di usare due pesi e due misure nell’applicare le leggi internazionali o nell’ignorare le leggi internazionali e umanitarie, a seconda dei loro interessi geopolitici e il loro amore appassionato o il loro odio per questo o quel governo.
Christian Elia
ha collaborato Laura Passetti