Gli Usa pronti ad agire in Libano?
Lo lascia capire Barack Obama a sostegno della decisione del premier Hariri di respingere, su pressione di Washington, l’intesa elaborata da Siria e Arabia saudita sul Tribunale internazionale che indaga sull’attentato al padre.

Roma, 18 gennaio 2011 – L’Amministrazione americana canta vittoria dopo la consegna fatta ieri dal procuratore internazionale Daniel Bellemare al Tribunale speciale per il Libano (Tsl) dell’atto di accusa contro i presunti responsabili dell’attentato del 14 febbraio 2005 sul lungomare di Beirut in cui rimase ucciso l’ex premier Rafiq Hariri, padre del primo ministro attuale Saad Hariri. E’ sceso in campo proprio Barack Obama a manifestare la soddisfazione degli Stati Uniti. La formalizzazione delle incriminazioni, è scritto in un comunicato della Casa Bianca, «rappresenta un passo avanti significativo verso la fine dell’impunità per gli omicidi in Libano e nella ricerca della giustizia per il popolo libanese».

Obama ha anche lanciato un avvertimento al movimento sciita Hezbollah che, secondo le indiscrezioni, viene chiamato in causa dall’atto di accusa di Bellemare. «Qualsiasi tentativo di alimentare tensioni e instabilità – ammonisce il presidente Usa – in Libano e nella regione, servirà soltanto a indebolire la libertà e le aspirazioni del popolo libanese che molti paesi appoggiano». Un modo indiretto ma sufficientemente esplicito per far capire che gli Usa sono pronti ad intervenire in Libano se «necessario», assieme ad altri paesi per “garantire l’applicazione della legalità”. Non significa che Washington stia programmando un intervento militare – improbabile viste le  ben note capacità militari dei combattenti sciiti – ma più semplicemente sono in vista sanzioni durissime contro Hezbollah che potrebbero penalizzare l’intero Libano se Nasrallah si rifiuterà, come ha annunciato, di consegnare i presunti responsabili dell’assassinio di Rafiq Hariri indicati dal procuratore internazionale Bellemare. Senza sottovalutare la tensione altissima che ne deriverebbe nel paese e il rischio di una nuova offensiva militare israeliana.

Immediata la replica di Hezbollah che nega con decisione qualsiasi coinvolgimento nell’assassinio di Hariri e descrive l’indagine svolta dal Tsl (presieduto dal giudice italiano Antonio Cassese), «un progetto israeliano e americano per colpire la resistenza», ossia il braccio armato del movimento sciita libanese, storico avversario di Israele. «Washington ha spinto per la formulazione dell’atto di accusa, in modo da accendere la miccia che farà esplodere i ponti costruiti per trovare una soluzione», ha commentato ieri sera al Manar, l’emittente televisiva di Hezbollah. «Gli americani – ha aggiunto il notista politico della televisione – hanno controllato e influenzato l’atto di accusa tanto nella forma quanto nei contenuti». Per il Libano è possibile ogni scenario ha aggiunto una fonte di Hezbollah, interpellata dal quotidiano «A-Sharq al-Awsat». «Dopo la presentazione dell’atto di accusa, le cose si svilupperanno di conseguenza – ha detto – la fase successiva non sarà certamente simile a quella precedente».

Sul contenuto dell’atto di accusa consegnato ieri (17 gennaio – ndr) regna un riserbo totale e solo tra alcune settimane verrà reso pubblico. In Libano però la situazione è in ebollizione. Il paese è senza governo, dopo il ritiro dei ministri di Hezbollah e delle altre forze di opposizione dall’esecutivo di consenso nazionale nato dopo le elezioni del giugno 2009. Il movimento sciita inoltre esclude categoricamente di poter riconfermare l’incarico a Saad Hariri che accusa di aver ceduto di schianto alle pressioni americane dopo aver inizialmente accettato la proposta di compromesso politico alla crisi suggerita da Damasco e Riyadh. Si susseguono in queste ore voci di raduni a Beirut di sostenitori Hezbollah e dell’opposizione avvenuti nei quartieri di Basta, Nweiri, Beshara Khury, Ras al-Nabeh, Zaqaq al-Blat, Tayuneh, Salim Slam e Uzai. Voci seccamente smentite da fonti di Hezbollah.

L’altra sera, in diretta tv, il leader di Hezbollah, Hasan Nasrallah, aveva avvertito che «alla luce di quanto emergerà nei prossimi giorni i vertici di Hezbollah decideranno come comportarsi» e ribadito che il Tsl «fa parte di un piano israeliano e americano» e che «Israele è dietro l’assassinio del premier martire Rafiq Hariri e agli altri assassini politici» che hanno colpito il Libano dal 2004 al 2007. «Loro (gli americani e gli israeliani) – aveva affermato il leader sciita – vogliono cambiare la natura di questo paese, ma noi siamo sempre qui. E questo è solo l’inizio di una nuova fase, non certo la fine». Nei mesi scorsi Nasrallah ha ripetuto che non accetterà le incriminazioni e che «taglierà la mano» di chi dovesse provare ad arrestare esponenti del suo movimento.

Secondo diverse fonti Hariri non ha accettato, su forte pressione anche della Francia, la soluzione siro-saudita e si è  rifiutato di convocare una riunione di governo per affrontare la questione delle «false testimonianze». La vicenda riguarda le accuse di sei testimoni, tra cui il siriano Mohammad Zuheir al Sadiq, che portarono all’arresto di quattro generali libanesi, tra cui il capo della sicurezza di Beirut, Jamil Sayyed. Tutti e quattro sono stati successivamente liberati su richiesta della stessa Procura internazionale di fronte all’inconsistenza delle testimonianze e delle prove. Per questa ragione Hezbollah vuole l’apertura di un’inchiesta giudiziaria. Hariri e la maggioranza parlamentare filo-Usa, invece, si oppongono a questa eventualità, che considerano una strategia per ostacolare il lavoro del Tsl.

La stampa libanese ed araba non schierata con gli Stati Uniti punta l’indice contro il presidente francese Sarkozy e il Segretario di Stato Hillary Clinton, che avrebbero fatto pressioni su Hariri ribadendo con forza pieno sostegno al Tsl e ad una rapida pubblicazione delle richieste di incriminazione. Clinton, che di recente è stata nell’area del Golfo, è stata categorica nell’affermare che non potrà esserci alcuna soluzione diplomatica all’attentato a Rafiq Hariri senza le incriminazioni. L’obiettivo degli Stati Uniti, secondo l’opposizione libanese, è chiaro: arrivare all’incriminazione, davanti alla comunità internazionale, di Hezbollah per l’assassinio di Hariri, e successivamente andare ad un eventuale compromesso «politico» che necessariamente dovrà prevedere il ridimensionamento del movimento sciita e, soprattutto, il suo disarmo (punto sul quale batte Israele).

La formalizzazione delle accuse di Bellemare al giudice delle indagini preliminari del Tsl è coincisa ieri col summit tripartito straordinario tra Turchia, Siria e Qatar indetto a Damasco proprio per «affrontare la crisi libanese» e con l’avvio delle consultazioni per la formazione del nuovo governo.

Nena News