Nessun futuro per la causa palestinese senza la liquidazione del gruppo dirigente dell’ANP

«Palestinian Papers», è questo il nome dato ai 1600 file diffusi (per ora solo parzialmente) da Al Jazeera e dal Guardian sugli incontri tra i rappresentanti di Israele, degli Stati Uniti e dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp). Il periodo coperto è piuttosto lungo (1999-2010), ma la parte più interessante riguarda gli ultimi due anni.

Non siamo mai stati teneri con l’Anp, ma quel che emerge dai file pubblicati dimostra fino a che punto si è spinto il collaborazionismo di Abu Mazen e dei suoi. Nelle trattative – termine in realtà piuttosto improprio, data la totale arrendevolezza dei negoziatori dell’Anp – è stata offerta ad Israele la sostanziale cancellazione della questione palestinese. Le concessioni ad Israele, offerte peraltro senza chiedere nulla in cambio, riguardano infatti le colonie, il diritto al ritorno dei profughi, il futuro di Gerusalemme. Se a tutto ciò sommiamo il sostegno offerto al criminale bombardamento di Gaza, oltre che all’assedio tuttora in corso, il quadro si completa: il cosiddetto governo di Ramallah altro non è che un’accozzaglia di traditori, corrotti ed asserviti al nemico.

Ma entriamo nel merito dei documenti resi pubblici.
In un incontro del 15 giugno 2008, scrive Al Jazeera, l’ex premier dell’Anp Ahmed Qurei  (Abu Ala) propose – alla presenza di Condoleezza Rice e di Tzipi Livni – l’annessione da parte di Israele di «tutti gli insediamenti in Gerusalemme tranne Jabal Abu Ghneim (Har Homa)».
Secondo Al Jazeera, fu il negoziatore palestinese Saeb Erekat ad elencare gli insediamenti che sarebbero stati concessi, per una popolazione di 120.000 coloni. L’Anp era pronta a concedere «French Hill, Ramat Alon, Ramat Shlomo, Gilo, Talpiot, e il quartiere ebraico nella Gerusalemme Vecchia». Sempre secondo Al Jazeera, Erekat «non menzionò il destino di altri insediamenti a Gerusalemme Est», ma il «linguaggio di Qurei indicava che sarebbero rimasti parte di Israele».

Tanto per non lasciare dubbi, Erekat, a commento di quanto proposto, ha detto al consigliere di Barack Obama, David Hale: «Abbiamo dato la più grande Yerushalaim (Gerusalemme – ndr) nella storia degli ebrei, il ritorno simbolico dei rifugiati, uno stato demilitarizzato… che altro possiamo fare?».
Già, che altro possono fare? E’ avvenuto infatti che, di fronte a tanta arrendevolezza – Erekat ha offerto ad Israele perfino il controllo di Haram al-Sharif, dove sorge la moschea di Al Aqsa – i governi sionisti (prima Olmert e poi Netanyahu) abbiano deciso di non accontentarsi di quanto gli veniva offerto.

Per rendere il clima di quegli incontri a senso unico, valga la citazione di quanto dichiarato dall’allora ministro degli esteri Tzipi Livni: «Respingiamo le vostre proposte perché non soddisfano le nostre richieste. Ma per voi non è stato facile pensarci, perciò vi siamo veramente grati».
Insomma, la Livni, non ancora soddisfatta da tanto servilismo, rifilava ai suoi interlocutori un umiliante «ringraziamento» come marchio indelebile del tradimento del loro popolo.

Ma, da quanto emerge da Al Jazeera, le offerte dell’Anp non hanno riguardato solo le colonie e Gerusalemme, ma anche la questione non meno decisiva del diritto al ritorno per i profughi. A fronte di 5 milioni di profughi sparsi in diversi paesi, Erekat avrebbe proposto un rientro nella loro terra d’origine limitato a 10mila palestinesi all’anno per 10 anni, per un totale di 100mila profughi, pari al 2% dei palestinesi interessati.
Come si vede, non è per caso se Condoleeza Rice – allora segretaria di Stato Usa – si spinse ad ipotizzare la deportazione dei profughi palestinesi in Patagonia…

Forte è lo sdegno nella popolazione palestinese per la svendita dei propri diritti fondamentali tentata dai vertici dell’Anp. Forte è lo sdegno, ma non altrettanto lo stupore, dato che la cosiddetta “Autorità nazionale” è ormai screditata da tempo.

Da Gaza, il portavoce di Hamas, Sami Abu Zuhri, ha commentato che: «L’Anp e Israele hanno creato un sistema mirato a eliminare la questione palestinese». E un altro dirigente di Hamas, Mahmud a-Zahar ha precisato che: «Questa è una prova ulteriore che l’Anp è composta da traditori, pronti a rinunciare ai diritti inalienabili del popolo palestinese, compresi quelli relativi a Gerusalemme e al ritorno dei profughi. Costoro dovrebbero vergognarsi, andare a nascondersi».

Traditori del proprio popolo, questo è il quadro che emerge con chiarezza da quanto pubblicato e che verrà semmai rafforzato dalle nuove pubblicazioni annunciate. Corrotti ed asserviti dal denaro occidentale al pari di Ben Ali e Mubarak. E forse non è lontano il giorno in cui anche i vertici dell’Anp dovranno fare i conti con la rabbia del popolo che si arrogano il diritto di «rappresentare».
Quel che è certo è che non potrà esservi alcun futuro per la causa palestinese senza la liquidazione del gruppo dirigente dell’Anp.