Gaza: dove sono finiti i giovani incazzati?

Il 2 febbraio scorso, su questo sito pubblicavamo un articolo dal titolo «Vaffanculo a chi?» nel quale davamo notizia di un «Manifesto dei giovani di Gaza per il cambiamento» pieno di improperi contro tutto e tutti, contro Israele, contro al-Fatah e l’Autorità Nazionale Palestinese ma anzitutto contro HAMAS, «Tutti messi nello stesso sacco, tutti messi sul banco degli accusati come corresponsabili della tragedia che vive il popolo di Gaza», chiosavamo.

Il problema, se così si può dire, è che questo “Manifesto” è stato diffuso da Vittorio Arrigoni — il giornalista e blogger che risiede a Gaza dal 2008 e che da allora svolge un encomiabile lavoro di informazione sui crimini israeliani contro il popolo di Gaza e sulle devastanti conseguenze dell’assedio sionista —, la qual cosa diede al “manifesto” medesimo un’indiscussa credibilità.

Nell’articolo esprimevamo il nostro stupore. Non senza avanzare dubbi sull’autenticità del “Manifesto”  ci chiedevamo cosa potesse aver spinto Arrigoni, non tanto a pubblicarlo (è un reporter, è il suo lavoro), quanto a presentarlo come “espressione della maggioranza dei giovani di Gaza”.

Che ci siano giovani a Gaza stufi di HAMAS, non c’è dubbio. Si trattava di spiegare chi fossero e dove poteva andare a parare la loro “genialata”. Come ha potuto Arrigoni perorarne la causa senza chiedersi se “per caso”, dietro a questi giovani, non ci fosse lo zampino di al-Fatah, e se, altrettanto “per caso” non fossero, oltre che un’esigua minoranza, un Cavallo di Troia.

I fatti dimostreranno che Arrigoni aveva preso una classica cantonata.

Non è per caso se diversi organi di stampa occidentali, mentre infuriava la battaglia in Egitto per cacciare Mubarak, hanno dato ampio spazio al “Manifesto” diffuso da Arrigoni. In Italia, tra gli altri il quotidiano LA STAMPA, che ha immediatamente inviato un suo corrispondente per scovare questi giovani, proprio allo scopo di amplificare la loro proptesta contro HAMAS. L’obbiettivo, duplice, era evidente: tentare di equiparare la dittatura di Mubarak in Egitto  al predominio di HAMAS a Gaza e quindi dare una mano a coloro che volevano attizzare il fuoco di una “rivolta colorata” a Gaza contro HAMAS.

Il titolo a tutta pagina de LA STAMPA del 10 febbraio non lasciava spazio a dubbi: «La rivolta dei blogger, Gaza è stufa di HAMAS». La giornalista, Francesca Paci riesce ad incontrare alcuni di questi blogger che avevano lanciato il “Manifesto” e registra tutte le loro accuse alla “dittatura di HAMAS, non diversa da quella di Mubarak”. Per quanto sforzi ella abbia fatto di presentare questi giovani come indipendenti ed espressione della “società civile”, non poteva esimersi dall’insinuare quello che invece Arrigoni non ha insinuato: «Qui molti sospettano si tratti di uomini di al-Fatah».

Infatti era proprio così. Qualche giorno prima, esattamente il 6 febbraio (ovvero dopo un mese dalla pubblicazione del cosiddetto “Manifesto dei giovani di Gaza”), da Ramallah, il generale di al-Fatah, Tawfiq at-Tirawi, direttore dei servizi segreti dell’ANP (il responsabile della dura repressione contro ogni opposizione al regime di Abu Mazen) dichiarava: «L’11 febbraio sarà la rivolta contro HAMAS a Gaza». La fonte di questa notizia? Ma dello stesso Vittorio Arrigoni il quale, pur non ammettendolo, deve essersi reso conto della cantonata presa un mese prima. Ma sentiamo Arrigoni:

«In un clima generale incandescente di insurrezione, c’è chi cerca di cavalcare l’onda e gettare ulteriore benzina sul fuoco, come il generale di Fatah Tawfiq At-Tirawi, direttore dell’Intelligence dell’Autorità Palestinese, che per venerdì 11 febbraio ha chiamato ufficialmente a un giornata di rivolta a Gaza contro Hamas».
(http://it.peacereporter.net/articolo/26713/L%27intifada+egiziana+vista+da+Gaza)

La prova del nove della grande rivolta contro HAMAS c’è stata l’11 febbraio, giorno in cui questi blogger avevano indetto per procura, via Facebook, una manifestazione di protesta nel centro di Gaza city. Flop totale. Nel luogo della manifestazione c’erano più giornalisti che manifestanti. E della “feroce repressione” che HAMAS avrebbe messo in atto, nemmeno l’ombra.

Lo stesso giorno, a poca distanza si svolgeva un’altra manifestazione, con decine di migliaia di persone, indetta proprio da HAMAS, a sostegno della rivolta popolare in Egitto — la stessa manifestazione che l’ANP aveva vietato e quindi caricato pochi giorni prima a Ramallah, indetta da HAMAS e dalle altre forze della Resistenza. La bolla dei blogger di Gaza, sgonfiatasi in un battibaleno, spariva quindi dalle cronache.

Se Arrigoni ha preso una cantonata i media occidentali hanno fatto fiasco. Il loro maldestro tentativo di dare manforte ad al-Fatah di rovesciare HAMAS sfruttando l’onda tunisina ed egiziana, ovvero di sponsorizzare una “rivoluzione colorata”, è fallito. Meglio così.

Del resto non è solo contro HAMAS che certi media imperialisti hanno cercato di deviare l’onda della rivolta popolare. Ci hanno provato con l’Iran, col Libano, con la Siria.

Già a fine gennaio i media occidentali pompavano il tentativo del blocco filo-occidentale libanese guidato da Hariri di scatenare la rivolta contro il nuovo governo capeggiato da Hezbollah. Fallimento totale.  Ai primi di febbraio stessa musica con l’Iran, quando i media, seguendo le direttive della Casa Bianca, hanno fatto credere che Tehran fosse in preda ad un’insurrezione popolare contro Ahmadinejad. Ma evidentemente i popoli fanno differenza tra regimi asserviti all’imperialismo e quelli che gli resistono, malgrado il deficit di democrazia, le cui cause sono anche la pressione, l’embargo e l’assedio delle potenze occidentali e di Israele.