Il manifesto dei Comitati di Coordinamento Locali

Mentre scriviamo è ancora in corso a Istanbul, sotto l’egida del governo turco, la più grande conferenza sin qui tenuta delle opposizioni siriane in esilio. In molti ne attendono con impazienza le conclusioni. Partecipano diversi esponenti politici, dai liberali alla corrente maggioritaria della Fratellanza Musulmana, dai baathisti dissidenti ai socialisti. Consistente la presenza della principale minoranza nazionale in Siria, quella curda. Non sappiamo ancora se a questa Conferenza (che fa seguito a quella di Antalya, vedi il nostro articolo) siano presenti rappresentanti dei diversi gruppi comunisti rivoluzionari.

Di sicuro non ci sono i salafiti, che alcuni  considerano arnesi dell’Arabia Saudita. Non ci sono perché obbiettivo politico acclarato di queste opposizioni è un regime costituzionale democratico e non confessionale. Ci sono senza dubbio i gruppetti sponsorizzati dall’Occidente, in special modo dagli Stati Uniti.

Occorre tenere distinti i movimenti di massa interni, per lo più ancora spontanei, da queste opposizioni che si riuniscono in Turchia. Non è infatti detto che gli avvenimenti prenderanno la piega che chiedono le opposizioni in esilio. Una discrepanza si registra infatti tra queste ultime e i gruppi che sono alla testa dei movimenti di base dentro la Siria.

Tra queste spiccano i Comitati di Coordinamento locale, di cui pubblichiamo qui sotto il Manifesto. Un Manifesto in sostanziale sintonia con le rivoluzione democratiche in Tunisia, Egitto e Yemen, il cui succo è esprimibile in pochi slogan: via i carnefici, governo di transizione composto da politici e militari, Assemblea costituente, regime democratico pluripartitico. Mancano, nel Manifesto, ogni perorazione della causa antimperialista, segno evidentissimo che questi Comitati cercano disperatamente l’appoggio delle diplomazie occidentali. Nessuna critica infine alla cricca capitalistico-mafiosa dominante, ingrassatasi nell’ultimo decennio grazie alle privatizzazioni avviate dal regime. Segno implicito che si cerca il sostegno della locale borghesia. Non è un caso che i comunisti rivoluzionari siriani, pur cooperando la maggioranza di essi coi Comitati di Coordinamento Locali, diano un sostegno solo critico a questo Manifesto.

Il manifesto dei Comitati di Coordinamento Locali
(tradotto e pubblicato da Limes)

Sono trascorsi tre mesi dallo scoppio della rivoluzione in Siria. I siriani stanno dimostrando un coraggio straordinario nel reclamare la libertà: oltre 1.100 dimostranti sono caduti e più di 10mila sono stati imprigionati. Il modo in cui il regime sta gestendo le proteste rispecchia esattamente le cause della sollevazione: forze di sicurezza che arrestano, torturano e uccidono cittadini inermi; l’Esercito che, invece di essere dispiegato nelle terre siriane occupate (da Israele, ndr), è stato messo contro il popolo che in teoria dovrebbe proteggere; l’uso spregiudicato della carta del settarismo, nell’illusoria speranza che la gente sia disposta a morire per una tribù; l’uso dei mezzi di comunicazione nazionali per screditare la rivoluzione e incitare a prendere di mira i manifestanti pacifici.

Ora la principale preoccupazione dei cittadini siriani è trovare una via d’uscita dalla crisi attuale, precipitata dalle tattiche violente del regime alle prese con una rivolta nazionale. Noi vediamo due possibili esiti:

1) una transizione pacifica e improntata al dialogo verso una democrazia pluralistica, basata su elezioni libere e indipendenti, il pluripartitismo, un mandato presidenziale limitato, l’eliminazione dei privilegi di natura monarchica, la rimozione dell’immunità per i membri delle forze di sicurezza e dell’intelligence, la lotta alla corruzione e all’appropriazione indebita di risorse pubbliche e la riforma dei mass media,  che distorcono i fatti e incitano all’odio.

2) una corsa verso l’ignoto mantenendo le attuali tattiche di repressione violenta delle manifestazioni politiche, sacrificando così il paese per la sopravvivenza di un regime immorale e prevaricatore. Questo scenario porta con sé il rischio d’intervento di forze straniere e di guerra civile, dei quali il regime si renderebbe interamente responsabile.

Rifiutiamo le richieste di fermare la protesta solo perché il regime si rifiuta di porre fine agli atti di violenza e repressione, non accettiamo di lasciare la Siria ostaggio di un governo così irresponsabile.

Ci appelliamo ai cittadini siriani di tutte le affiliazioni, compresi i sostenitori del regime che conservano un briciolo di dignità, affinché lavorino con noi per sventare i piani che l’élite al potere ha in serbo per il paese, e chiediamo a tutti di compiere una scelta per salvare la Siria e il suo popolo schiudendo le porte di un futuro migliore.

Vogliamo mettere in chiaro che il punto centrale e l’obiettivo principale della rivoluzione è cambiare il sistema politico, cominciando dalla rimozione dell’attuale presidente, legalmente e politicamente responsabile dei crimini commessi contro i siriani, Crediamo che ciò sia la precondizione di un esito positivo e che qualsiasi altra soluzione avrebbe come unico effetto quello di prolungare l’attuale crisi, minacciando il futuro della Siria.
Per evitare di imboccare un tunnel senza uscita, proponiamo quanto segue:

Primo. La fine immediata delle violenze e della sistematica repressione dei dimostranti da parte delle forze di sicurezza, delle milizie e degli sabbiha (le forze paramilitari del regime); il rilascio di tutti i prigionieri politici e la fine degli arresti indiscriminati dei dimostranti; la fine della propaganda politica che incita all’odio e alla violenza contro i dimostranti; il permesso ai media arabi di entrare in Siria. Le proteste pacifiche non si fermeranno e non cercheranno il permesso e l’autorizzazione del governo, perché rappresentano lo strumento dei cittadini per difendere i loro diritti.

Secondo. Una conferenza internazionale che sostenga la transizione del paese verso una democrazia pluralistica, basata sulla libertà della popolazione e sull’eguaglianza dei diritti per i siriani. Questa conferenza dovrebbe:

– garantire una transizione sicura e pacifica dall’attuale sistema di governo a un nuovo sistema fondato sulla libertà, sull’eguaglianza e sullo Stato di diritto. Nel nuovo sistema non deve esserci spazio per il caos e la vendetta;

– fissare un periodo transitorio lungo non più di sei mesi, in cui il paese sia governato da un comitato  di transizione composto da rappresentanti civili e militari. Questa fase dovrebbe spianare la strada alla riforma dei mezzi di comunicazione in senso pluralistico; allo scioglimento delle agenzie di sicurezza e alla delega provvisoria delle loro funzioni all’Esercito; alla separazione del partito Baath dal governo; allo scioglimento delle «organizzazioni comuni»; al ripristino della libertà di associazione politica, restituendo un vero potere al sindacato; alla garanzia del diritto di riunione pacifica;

– nominare un’assemblea costituente incaricata di redigere una nuova costituzione, che fissi chiaramente i confini della funzione presidenziale, limitandone il mandato a quattro anni e mettendo fine all’emarginazione delle ideologie e dei partiti politici rappresentativi della nazione siriana. L’assemblea dovrebbe includere rappresentanti dell’attuale regime (purché non si siano macchiati di crimini contro il popolo siriano), dell’opposizione (in patria e in esilio) e del movimento rivoluzionario (sia combattenti, che organizzatori). I lavori dovrebbero essere supervisionati dalla stampa indipendente e da rappresentanti della società civile internazionale.

Terzo.  Vogliamo che la vita pubblica nella nuova Siria sia guidata dai seguenti principi:

– la Siria è una repubblica civile che appartiene ai siriani, non a un singolo individuo, famiglia o partito. Nella nuova Siria il potere non potrà essere in nessun modo ereditario;

– i siriani godono di uguali diritti e doveri; nessuno può essere privilegiato per nascita, ma nemmeno privato dei suoi diritti in ragione della sua etnia, religione o setta;

– tutti i gruppi religiosi e culturali della Siria devono essere rispettati su una base di eguaglianza. E’ pertanto necessario accantonare definitivamente la vergognosa storia di discriminazione nei confronti dei curdi e di altri gruppi e varare a tal fine una legislazione idonea;

– eguaglianza e tolleranza, non vendetta e rivalsa, sono le uniche basi per risolvere i conflitti tra siriani;

– tutti sono uguali di fronte alla legge e ognuno è responsabile, senza eccezioni;

– le risorse nazionali appartengono ai siriani; lo sviluppo economico deve essere finalizzato al miglioramento delle condizioni di vita dei siriani, specialmente delle fasce meno abbienti della popolazione;

– la nuova Siria è libera, indipendente e osservante delle convenzioni internazionali che ne preservano i diritti e l’integrità nazionale;

– tutte le imprese economiche che operano legittimamente devono rimanere intatte, ma non è accettabile che il governo protegga pratiche economiche e politiche illecite e ingiuste.

Quarto. La rivoluzione popolare è la principale fonte di legittimazione politica: essa continuerà finché le aspirazioni alla libertà, all’eguaglianza e alla dignità della nazione non saranno soddisfatte.