Intervista a Soubhi Hadadi

In riferimento al recente “Venerdì di protezione internazionale” il Campo Antimperialista ne ha discusso con Soubhi Hadadi, un importante attivista politico siriano dell’opposizione e critico letterario.

D. Il 9 settembre è stato nominato dal movimento popolare siriano “Venerdì di protezione internazionale”. Si tratta forse di un appello ad un intervento internazionale?
Si deve distinguere tra la protezione internazionale degli Stati e dei governi e quella delle organizzazioni della società civile. Dei primi non possiamo fidarci in quanto seguono la propria agenda e usano due pesi e due misure in materia di diritti umani. La seconda idea significa che le organizzazioni non governative come Amnesty International, Human Rights Watch e quelle per i diritti umani, dovrebbero inviare in Siria i propri osservatori. Ciò implica anche la libera circolazione per media arabi e internazionali. La loro presenza nelle  città siriane potrebbe significativamente ridurre la brutalità del regime. Questa richiesta è ben diversa dal chiamare gli Stati Uniti o le Nazioni Unite, che non seguono certo disinteressate finalità.

D: Alcuni gruppi siriani in esilio hanno chiesto sanzioni. Sei d’accordo?
Io sono contro le sanzioni, dato che colpiscono il popolo piuttosto che il regime. Il regime e le sue reti mafiose sono in grado di adattarsi rapidamente a tali situazioni e spostare il loro denaro per restare in sella. Le attuali sanzioni cosmetiche occidentali sono ridicole. Si tratta di una prova di ipocrisia occidentale: una maniera dei governi per apparire agli occhi dell’opinione pubblica ciò che essi non sono. D’altra parte le sanzioni nei confronti di singoli che hanno posizioni cruciali nel regime, sarebbero più efficaci. Ad esempio gli uomini d’affari come il capo della Camera di Commercio di Aleppo ed altri legati a doppio filo al potere politico. Essi hanno investimenti in Europa e potrebbero essere messi sotto pressione. Sono proprio questi figuri che pagano i teppisti pro-regime.

D: Nelle ultime settimane abbiamo assistito a numerose conferenze all’estero delle opposizioni siriane, che hanno eletto o nominato propri rappresentanti politici. Fino a che punto rappresentano la rivolta popolare interna?
La maggior parte di questi incontri sono sterili e portano più danni che benefici alla rivolta. Il loro vero obiettivo è quello di soddisfare i gruppi di opposizione in esilio che mancano di un sostegno significativo all’interno della Siria. Parlo dei Fratelli Musulmani o di grandi uomini d’affari come Sonqor. Credo che l’opposizione in patria sia in grado – anche se con mezzi modesti – di organizzarsi politicamente. Le conferenze delle opposizioni in esilio aumentano la divisione piuttosto che l’unità. Esse causano frustrazione, hanno un impatto negativo sugli attivisti in Siria, e non aiutano la rivolta.

D: Vuoi dire che prendi queste iniziative sul serio?
Al contrario, dobbiamo prenderle sul serio, ma in senso negativo. Esse non solo non aiutano la rivolta, ma ne rappresentano una minaccia. E questo è grave. Questi oppositori in esilio non stanno scherzando quando incontrano a Parigi sionisti del profilo di Bernard-Henry Levy. Il loro scopo è quello di nominare un coordinamento o Consiglio nazionale provvisorio (qualunque sia il nome che potrebbe avere), che spianerà la strada all’Eliseo, a Downing Street e alla Casa Bianca. Essi vogliono diventare interlocutori dell’Occidente.
Non voglio diffamare nessuno. Molti si preoccupano del destino del loro paese e hanno buone intenzioni. Ma la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni.

D: Le persone nominate godono tuttavia di un ampio consenso, non è così?
Sì, ma questo ha degli effetti distruttivi. Queste persone, considerate quelle giuste per ottenere il più vasto consenso, per il fatto di essere state nominate, sono adesso tenute a cercare di piacere a tutti. Qualcuno come Burhan Ghalioun, che è ampiamente stimato, deve ora trovare un compromesso con i Fratelli Musulmani. Egli è costretto a tacere su temi politici scottanti che invece dovrebbe affrontare. In questo modo si espone ad attacchi politici che gli causano una perdita di consenso.

D: Trovare consenso e solidarietà all’estero è dunque la prima priorità della rivolta?
Priorità assoluta è quella di garantire la continuità della rivolta e rafforzare le sue capacità. Ad esempio il supporto logistico, l’assistenza medica, rifugi sicuri e rapporti più accurati dei media: queste sono le urgenze. Il sostegno dei media e dell’opinione pubblica internazionali è ovviamente utile. Più importante sarebbe, tuttavia, non disturbare l’insurrezione con questi convegni e consigli inutili.
I media devono riferire correttamente: il popolo siriano chiede protezione civile e non l’intervento di Stati esteri. Una campagna di protezione civile è urgente visto che il regime, nella sua agonia, sta commettendo i crimini più efferati. Nel frattempo la sollevazione popolare sta cercando di guadagnare forza e di forgiare l’unità.

*Fonte: sito internazionale del Campo Antimperialista
** Traduzione a cura della Redazione