Ieri, a Roma, la «giornata di solidarietà con il popolo palestinese»
In occasione del 64° anniversario della Nabka sono arrivati a Roma diversi esponenti palestinesi, che per tre ore – presso il Centro congressi Frentani – hanno svolto le loro relazioni sulla situazione in Palestina, il dramma dei profughi, il diritto al ritorno, il muro, la lotta dei prigionieri nelle carceri israeliane.
L’iniziativa, promossa dalla rete Shabaka, ha dato la possibilità di toccare approfonditamente ognuno di questi aspetti.
Dopo la proiezione di un video, Angela Lano – che ha presieduto l’incontro – ha dato la parola alla signora Umm Kamel El-Kurd, arrivata appositamente da Gerusalemme per parlare della sua storia. Umm ha visto la sua casa occupata dai coloni, con la protezione dell’esercito israeliano. Ha dovuto subire ogni tipo di angheria e di imbroglio “legale”, ma non si è mai arresa, ed è un simbolo della resistenza palestinese contro la politica di giudaizzazione della città.
Subito dopo ha preso la parola l’Imam Raed Da’ana, sempre di Gerusalemme, che si è soffermato su due esempi dell’oppressione israeliana: l’impedimento per i palestinesi sotto i 50 anni di accedere alla Spianata delle moschee, aperta invece ai turisti, e il ricatto ai palestinesi che vogliono costruirsi una casa, che per avere il permesso dovrebbero riconoscere l’occupante come “legittimo”. L’Imam, ricordando i tempi delle crociate e del colonialismo, ha concluso dicendo che: «il destino dell’ingiustizia è quello di essere cancellata».
Mohammad Amru, direttore dell’Accademia dei Rifugiati palestinesi, ha ripercorso le tappe della colonizzazione sionista, la pulizia etnica della Nabka, la distruzione di 500 villaggi palestinesi, per soffermarsi sulla tragedia dei profughi. Secondo Amru, l’ONU li ha affidati ad un’agenzia ad hoc (l’UNRWA) proprio per abbandonarli progressivamente. Esiste però una base giuridica (la risoluzione 194, approvata dall’Assemblea generale, ma non dal Consiglio di sicurezza) utile ad affermare l’insindacabile diritto al ritorno.
E’ poi intervenuto Amin Abu Rashed, della Campagna Europea rimozione del muro e degli insediamenti. Amin, che si è avvalso della proiezione di un video sulla costruzione del muro e sulle distruzione operate dagli israeliani, ha enunciato tre scopi: abbattere il muro, eliminare le colonie, liberare la Palestina.
Mohammad Hannoun, presidente dell’Api (Associazione dei Palestinesi in Italia) ha insistito su cosa significa vivere da profugo. Ha citato nome per nome i tanti campi profughi, dove spesso i palestinesi sono privati di ogni diritto. Un altro punto del suo intervento ha riguardato il sostegno alla lotta dei prigionieri palestinesi in sciopero della fame per protestare contro le inumane condizioni della loro detenzione. Concludendo, Hannoun ha detto che «la nostra Nabka continua».
L’ultima relazione è stata quella di Wajih Salameh, presidente della Comunità dei Palestinesi di Roma e del Lazio, che dopo aver ricordato che dal 2010 ai palestinesi è perfino vietato per legge di celebrare la ricorrenza della Nabka, ha fatto ripetutamente appello all’unità di tutte le forze palestinesi.
L’incontro si è concluso con una breve tavola rotonda a tre, tra Fernando Rossi (per il Bene Comune), Moreno Pasquinelli (Campo Antimperialista) e Maurizio Musolino (Pdci).
Rossi ha insistito sulla necessità di colpire il sionismo a casa nostra, in particolare lottando per liberarci dal dominio e dalla presenza americana nel nostro paese.
Musolino, che ha toccato la questione del diritto al ritorno e la necessità di manifestare a favore dei prigionieri in sciopero della fame, ha concluso dicendo che, come italiani, dobbiamo «vergognarci del governo Monti».
Pasquinelli ha invece parlato della situazione in Medio oriente dopo le “primavere arabe”. L’imperialismo – ha detto – ragiona sempre con il «divide et impera», ed oggi (anche con l’azione delle monarchie del Golfo) gli Usa puntano a scatenare la fitna, la guerra di religione tra sciiti e sunniti: bisogna impedire che questo disegno si realizzi. Infine i due obiettivi di fondo: la Palestina va liberata tutta, gli Usa devono essere cacciati dal Medio oriente.
In conclusione, possiamo essere soddisfatti di questa giornata di solidarietà, ma tutti hanno manifestato la consapevolezza di quanto sia grande, ancora oggi, l’indifferenza dell’occidente verso l’oppressione del popolo palestinese. E se l’opinione pubblica è indifferente, i governi (quello italiano in particolare) sono sempre più spesso complici dei crimini dello stato sionista.