Al-al-Radeef Thawri, «La Riserva Rivoluzionaria»

I nostri lettori conoscono la nostra posizione sulle vicende siriane: porre fine alla guerra civile, sostenere il dialogo per un effettivo cambiamento democratico, impedire ogni intervento e ingerenza imperialista, istituire un’assemblea costituente per una Siria libera e socialista. In particolare noi sosteniamo l’ala antimperialista e di sinistra della rivolta popolare e con essa abbiamo condiviso l’appello del 31 maggio.

L’indagine qui sotto smentisce un luogo comune, quello secondo cui l’opposizione armata siriana sarebbe esclusivamente “salafita”. Il campo dei rivoltosi armati è invece composito e diviso al suo interno, disgregato, al pari di tutto il movimento che chiede di cacciare Bashar al-Assad. Vi sono anche forze laiche di tipo borghese, come quella di Al-al-Radeef Thawri.

Al-al-Radeef Thawri (“La Riserva Rivoluzionaria”) condivide con gli altri gruppi armati siriani di opposizione l’obiettivo di rovesciare il regime al potere. Ma insiste sul fatto che la Siria come stato-nazione non deve essere distrutto.

Si differenzia da altre fazioni nel ritenere che il rovesciamento del regime è irrealizzabile solo con la rivolta armata, che il tempo non gioca a favore della rivoluzione (anche a causa delle profonde divisioni in seno all’opposizione), e che tutte le soluzioni alternative devono pertanto essere esplorate, compresa quella del dialogo sotto l’egida dell’ONU.

Al-Radeef è stata chiamata così perché è stata costituita come una rete per l’appoggio alla rivolta in Siria, organizzando la fornitura di cibo e medicinali alle aree in rivolta. Ma ben presto ha svolto un ruolo supplementare. Ad un certo punto ha dato vita ad un’ala combattente per fornire un sostegno armato ai manifestanti, ciò malgrado Al-Radeef fosse stata fortemente contraria alla militarizzazione della rivolta, e i suoi leader siano stati, nella fase iniziale, coinvolti nelle proteste pacifiche che chiedevano la caduta del regime.

La loro opposizione a imbracciare le armi era dovuta principalmente allo squilibrio enorme tra la forza militare dell’opposizione e la potenza delle forze armate del regime. E’ quanto afferma il segretario generale di Al-Radeef, conosciuto come Abu Abd al-Rahman. “Il Kalashnikov non può rovesciare un regime, né ci riusciranno gli RPG”, sottolinea.

“Il movimento, all’inizio, vedeva la natura pacifica della rivoluzione come chiave del suo successo”, spiega. Ma è stato costretto a prendere le armi “quando il regime ha smesso di distinguere tra manifestanti inermi e uomini armati”.

Egli spiega che questo passo è stato in parte compiuto nella speranza di un sostegno internazionale, ma “la comunità internazionale non sta dalla nostra parte come avrebbe dovuto”. I paesi che appoggiano i ribelli non sono riusciti a fornire loro armi più potenti, ed è emerso che nessuno era disposto a spingersi fino al rovesciamento del regime attraverso un intervento militare diretto. Dice Abu Abd al-Rahman: “Combattere con le armi in nostro possesso causerà solo altro spargimento di sangue, senza rovesciare il regime”.

“Fin dall’inizio della rivoluzione, abbiamo sentito dire che sarebbe stata imposta una no-fly zone o che ci sarebbe l’intervento straniero… ma niente di questo è successo e non sembra che ciò accadrà, almeno non nel prossimo futuro”.

Secondo Abu Abd al-Rahman non solo il corso pacifico sarebbe stato più efficace, il ricorso alle armi “ha rinviato la vittoria” della rivoluzione. Inoltre, “prolungare la durata della rivoluzione accresce i rischi”. Una ribellione prolungata “rappresenta una vera minaccia per la parte di popolazione che sostiene la rivolta. La carenza di cibo e di assistenza sanitaria, l’aumento delle vittime, potrebbero portare alla disillusione tra le famiglie siriane che stanno fornendo un rifugio sicuro per i combattenti. Esse potrebbero smettere di appoggiare i rivoluzionari e chiedere il ritorno del regime”.

I leader di Al-Radeef criticano i sostenitori esterni, desiderosi di armare i rivoluzionari, ma trascurano i bisogni della popolazione, di cibo e assistenza medica.

Molti di questi sostenitori sono professionisti o uomini d’affari che forniscono clandestinamente appoggi e fondi per la rivoluzione. Essi non sono noti al regime come dissidenti, possono così operare nell’ombra e tutelare la loro sicurezza personale.

“Gli sponsor stranieri hanno dimostrato che il loro sostegno non è motivato dall’amore per il popolo siriano, ma dall’odio verso il regime del presidente Bashar al-Assad. Una figura con sede in Turchia, ad esempio, finanzia regolarmente e gratuitamente esponenti del Free Syrian Army (FSA) affinché possano acquistare armi e penetrare in Siria. Ma quando due combattenti furono feriti in un attacco e dovettero subire l’amputazione delle gambe e i loro compagni chiesero soldi per le cure, questo signore in Turchia, si è rifiutato di prestare aiuto, dicendo che si limitava a fornire armi, e che per il resto avrebbero dovuto rivolgersi a qualche organizzazione umanitaria.

Abu Abd al-Rahman sottolinea che non è sufficiente armare i rivoluzionari, e che il cibo e l’assistenza medica sono di vitale importanza per sostenere la base sociale che li sostiene.

Egli sostiene inoltre che un gran numero di persone sono nelle mani delle autorità – si stima che più di 100.000 persone detenute – e “mi chiedo perché personaggi politici di alto profilo e gruppi non denunciano questo problema chiedendo la loro liberazione immediata”.

I leaders di Al-Radeef danno un giudizio critico delle sanzioni economiche occidentali e arabe contro la Siria, sostenendo che esse danneggiano la rivoluzione facendo del male alla gente comune, ma non hanno alcun impatto sul regime. “Quando il prezzo di un chilo di riso raggiungerà i 100 dollari” , dice Abu Abd al-Rahman, “Bashar sarà ancora in grado di dar da mangiare a suo figlio, ma la gente normale no.”

Nonostante il calo di attenzione, egli dice, il movimento armato raggruppa oggi diverse migliaia di combattenti, organizzato in vari reparti e brigate. Egli sottolinea che i combattenti ubbidiscono al Consiglio dirigente del movimento, che è quindi in grado di condurre il necessario dialogo tra le varie frazioni in campo.

Al-Radeef è uno dei diversi movimenti di opposizione che sono emersi e che hanno acquisito una forte influenza sul terreno in Siria, malgrado la scarsa attenzione dei media, che danno visibilità solo alle figure più famose dell’opposizione le quali esercitano attualmente una scarsa influenza reale.

Tra i suoi fondatori si annoverano professionisti e uomini d’affari, tra cui medici, avvocati, piccoli commercianti e titolari di imprese di grandi dimensioni. Molti sono stati incarcerati dopo essere entrati nei ranghi della rivoluzione. Coloro che ancora sono liberi restano attivi nel sostenere i combattenti con denaro, armi, cibo, forniture mediche e qualsiasi altro aiuto che possono ottenere.

Il gruppo è fortemente critico dei politici siriani esilio, che pretendono di essere l’alternativa al regime pur avendo vissuto fuori dal paese per decenni. Essi parlano molto mentre gli attivisti dell’opposizione all’interno del paese “vivono la rivoluzione e sentono l’odore del sangue che viene versato.”

Un documento politico prodotto da Al-Radeef intitolato “La Siria nella fase post-Assad”, sottolinea la necessità di un “dialogo razionale e realistico” tra tutte le frazioni dello schieramento rivoluzionario al fine di concordare una posizione unitaria contro il regime, ciò che costituirebbe un atto di alto valore politico. Il documento accusa le ingerenze straniere come causa di ulteriori problemi per la rivoluzione, i paesi stranieri prendono decisioni per loro conto e mercanteggiano con il regime siriano.

Al-Radeef sostiene che la storia dimostra che le rivoluzioni riescono sempre e solo quando l’insurrezione armata si combina con l’azione politica. Prendere le armi è solo un mezzo per assicurare migliori condizioni politiche, per un dialogo che abbia successo che porti avanti gli interessi della rivoluzione e adempia i suoi obiettivi. La lotta armata è considerata un obbligo per prevenire ogni svendita della rivoluzione, e per riconquistare ad essa capacità di tracciare il suo proprio corso.

(fine prima parte)

* Fonte: Alakhbar english, 11 giugno 2012
** Traduzione a cura della Redazione