Accordo negoziato dall’Onu: lasciare i campi profughi fuori dal conflitto. Migliaia di famiglie tornano a casa: “Abbiamo perso la Palestina, ma non perderemo la nostra vita”.

Roma, 22 dicembre 2012, Nena News – Stanno velocemente tornando nel campo profughi di Yarmouk i rifugiati palestinesi fuggiti nei giorni scorsi a causa delle violenze settarie esplose tra sostenitori dei gruppi di opposizione siriani e fedeli del presidente Bashar al-Assad. Il cessate il fuoco e l’accordo siglato dalle varie fazioni – lasciare i campi palestinesi fuori dal conflitto – hanno permesso a migliaia di famiglie di far ritorno nelle proprie case. Da giovedì sono centinaia quelli che attraversano i checkpoint che circondano Yarmouk, dopo aver dormito all’addiaccio, sotto la pioggia di queste prime notti d’inverno.

Hanno cantato le loro canzoni, quelle della resistenza palestinese, e sventolato la bandiera del loro Paese d’origine. “Torniamo perché siamo stanchi di essere umiliati – racconta uno dei profughi – Abbiamo perso la nostra terra, la Palestina, non vogliamo perdere anche le nostre case e tornare a vivere nelle tende come i nostri genitori”.

La scorsa settimana il campo di Yarmouk, a Sud di Damasco, casa per 150mila rifugiati palestinesi del 1948, era diventato teatro degli scontri. Da qualche mese, la spaccatura registratasi all’interno della comunità palestinese – inizialmente rimasta fuori dalla guerra civile siriana – ha trasformato Yarmouk in un altro obiettivo, sia per i ribelli che per le forze governative.

Le violenze esplose nel campo hanno trovato il loro apice nel bombardamento della moschea Abdel Qader al-Husseini, lo scorso venerdì, da parte dell’aviazione governativa: almeno otto morti. Da quel momento, le famiglie palestinesi hanno cominciato ad evacuare il campo, un nuovo esilio forzato per chi è in fuga da sessant’anni. Secondo l’UNRWA, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, almeno 100mila persone delle 150mila residenti nel campo sono fuggite negli scorsi giorni, chi per trovare riparo a Damasco, chi in Libano.

Da giovedì, gli scontri sono sporadici e molte famiglie hanno deciso di far ritorno nelle proprie case. Le strade di Yarmouk, occupate nei giorni scorsi da gruppi di ribelli o da membri del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina – Comando Generale (alleato del presidente Assad), sono vuote. Non si sentono colpi di arma da fuoco, né combattenti armati nei pressi dei luoghi chiave del campo profughi.

Mercoledì si erano aperti i negoziati per giungere ad un cessate il fuoco, sotto l’ombrello delle Nazioni Unite: a mediare è stato chiamato Mokhtar Lamani, rappresentante dell’inviato di Onu e Lega Araba, Lakhdar Brahimi. L’accordo siglato dalle parti prevede l’esclusione dei campi profughi dal conflitto siriano: il governo di Damasco si è impegnato a non entrare nei campi né a bombardarli, in cambio dell’uscita di tutti i gruppi armati.

“È un giorno bellissimo – racconta all’AFP Mahmud Nassar, attivista palestinese – La gente di Yarmouk sa che il campo è la capitale dei rifugiati palestinesi. Nessuno può distruggerlo. Ma sono comunque preoccupato: non mi fido del regime, hanno messo dei checkpoint attorno al campo dove hanno posizionato soldati e combattenti del PFLP-GC”.

Per la prima volta da decenni, la comunità rifugiata palestinese in Siria – circa 490mila persone, discendenti dei profughi del ’48 – si è spaccata sul sostegno al governo di Damasco. Da anni le fazioni palestinesi garantiscono il loro appoggio alla presidenza siriana, ma con lo scoppio della guerra civile non sono pochi i giovani che si sono uniti alle frange dei ribelli. Una spaccatura che ha trascinato la comunità palestinese nell’occhio del ciclone.

da Nena News