Fermare il massacro di Gaza

«Dietro ogni terrorista vi sono decine di uomini e donne senza il cui aiuto non sarebbe potuto diventare un terrorista. Sono tutti nemici combattenti e il loro sangue dovrà ricadere sulle loro teste. Ora, questo riguarda anche le madri dei martiri che hanno mandato i loro figli all’inferno. Anche loro dovrebbero seguire i loro figli. Niente sarebbe più giusto. All’inferno dovrebbero andarci anche le case dove hanno allevato i loro serpenti». Alyet Shaked, deputata del partito Casa Ebraica nel parlamento israeliano

16 luglio. Ottavo giorno dall’inizio dell’assalto israeliano contro il popolo palestinese. Mentre in Cisgiordania le forze di sicurezza dello Stato sionista procedono con rastrellamenti su vasta scala e arresti indiscriminati contro i dimostranti palestinesi (sotto il naso dell’impotente Autorità nazionale di Abu Mazen), è a Gaza che sta avvenendo un vero e proprio massacro. I morti palestinesi sono ad oggi, 16 luglio, 213. Per la gran parte civili inermi, tra cui numerosi bambini (fonti Onu). Qui la macabra lista fornita dal Ministero della sanità di Gaza. I feriti, alcuni gravissimi, sono più di 1.600.

La decimazione per rappresaglia contro civili, è vero, è stata utilizzata da ogni sorta di esercito occupante. Mai nella misura, con le modalità e la brutalità con cui viene applicata dalle autorità dello Stato ebraico. Israele avrebbe compiuto in una settimana più di 1550 attacchi, rovesciando su Gaza più di 1.600 tonnellate di esplosivo. Quello che le Nazioni unite e l’Occidente, chiamano pudicamente “uso eccessivo della forza” (sic!).

Il coinvolgimento di HAMAS nel rapimento e nell’uccisione dei tre israeliani non è stato provato. Anche se lo fosse Gaza che c’entra? Solo dei criminali di guerra possono giustificare un tale genocidio chiamandolo “legittima ritorsione”.

E’ evidente che l’uccisione dei tre ragazzi israeliani, scoperta il 1 luglio, è un ridicolo pretesto. Un’offensiva così massiccia e su larga scala come l’operazione “Soglia di protezione” non si prepara in dieci giorni. Al contrario. L’attacco era evidentemente da tempo pianificato dal governo e dai militari israeliani. Come lo furono “Piombo fuso” nel dicembre 2008 e “Colonna di nuvola” nel dicembre 2012. L’obbiettivo dichiarato dei sionisti è dal 2006, quando HAMAS vinse le elezioni, sempre lo stesso: liquidare il “potenziale militare offensivo” della resistenza di Gaza. Non solo HAMAS dunque, ma pure Jihad Islamica, i Comitati di resistenza popolare, e gli stessi gruppi jihadisti che sono da tempo in rotta di collisione con HAMAS. E di quale potenziale parliamo? Esso non raggiunge nemmeno un centesimo di quello israeliano, molto, molto meno, se consideriamo le bombe atomiche nella disponibilità di Israele.

Che ci stiano riuscendo, contrariamente a ciò che vanno strombazzando i bollettini di guerra di Tsahal (Idf), che proclamano di aver raso al suolo “1.320 siti terroristici”, è altamente dubbio. Non è contestato solo dalla Resistenza palestinese, ma da numerosi analisti israeliani, che affermano che neanche il 20% degli arsenali della Resistenza sarebbero stato annientato.

Per questo il governo del guerrafondaio Netanyahu tiene accesi i motori dei carri armati per una ben più devastante invasione di terra. Ricordiamo quella che avvenne nel dicembre 2008-gennaio 2009, agli annali “Piombo fuso”. Allora il pretesto fu il lancio di razzi Kassam e Grad che. com’è noto, raramente infliggono danni e perdite rilevanti allo Stato sionista. Mezza Gaza venne rasa al suolo, più di 1300 i palestinesi uccisi, migliaia feriti. Ma la Resistenza palestinese non solo non venne piegata, si riorganizzò presto e in maniera ancor più decisa.

Per questo i comandi militari israeliani stanno frenando il governo Netanyahu. Essi sono titubanti nello sferrare un attacco di penetrazione nel cuore di Gaza, che potrebbe fallire come fallì cinque anni fa, e che potrebbe avere un esito pessimo, se non proprio tragico, per Tsahal. Lo Stato maggiore dell’esercito sionista preferirebbe continuare ad libitum con gli sbrigativi “bombardamenti sistematici, da terra, dal mare, dall’aria, riducendo al minimo i rischi di perdite umane. Godendo del sostegno degli Usa, della Nato e della Ue, essi pensano di poterselo permettere.

Bene hanno fatto HAMAS e le altre forze della Resistenza, a respingere l’ignobile proposta di tregua avanzata dal generale golpista egiziano al-Sissi. Lo stesso generale che ha messo fuori legge i fratelli egiziani di HAMAS e che ha sigillato, per conto di Israele, il valico di Rafah, contribuendo all’assedio per fame di Gaza.

A nome e per conto dei sionisti al-Sissi ha vincolato la fine dell’attacco israeliano in cambio della consegna da parte della Resistenza del suo arsenale bellico. Per quanto riguarda il Valico di Rafah esso sarebbe stato preso in consegna dalle guardie dell’Anp di Abu Mazen, col compito di non far passare nemmeno una pistola ad acqua.

HAMAS ha chiesto, affinché cessino le ostilità, la riapertura dei varchi con l’Egitto e Israele, ovvero che venga posto fine all’assedio da ogni lato che dura oramai da diversi anni, un assedio che costringe gran parte dei cittadini di Gaza a disumane sofferenze, che priva la Striscia di cibo, di medicinali, di acqua, di elettricità, di cemento per ricostruire le case danneggiate dai bombardamenti. Solo i nazisti, nel 1943, fecero peggio, quando annientarono la rivolta del ghetto ebraico di Varsavia.

Haniye ha detto giusto: siamo pronti a siglare il cessate il fuoco, ma a patto che sia posto fine all’assedio. Che Netanyahu e al-Sissi accetteranno questa elementare e sacrosanta condizione posta dalle autorità di Gaza, noi ne dubitiamo. Se ci sbagliamo ben venga il cessate il fuoco. Ne dubitiamo, poiché non solo i sionisti e i loro alleati occidentali, ma la maggior parte degli Stati arabi, hanno voluto sigillare Gaza e farne il più imponente lager del mondo, proprio con la speranza di indebolire HAMAS e la Resistenza, di fiaccare il morale degli abitanti-reclusi, di spingerli a genuflettersi e ad umiliarsi agli aggressori, ad  accettare le loro condizioni capestro.

Davanti a questo scandalo di proporzioni storiche mondiali che è Gaza, tutti coloro che sono davvero amanti della pace, della giustizia e della fratellanza tra popoli e nazioni, sono tenuti a gridare basta!, a mobilitarsi per sostenere la Resistenza palestinese. Nessuno si rifugi dietro l’alibi del “fondamentalismo islamico”. Ogni essere umano, chiunque consideri sacra la propria dignità e si trovasse al posto dei fratelli palestinesi, come loro si difenderebbe con le unghie e coi denti.Sono tenuti a mobilitarsi i cittadini italiani, contro il loro stesso governo il quale, dietro alle chiacchiere, sostiene Israele, e lo sostiene anche vendendogli le armi con cui i palestinesi vengono massacrati.

E che nessuno si nasconda dietro la pacifista foglia di fico che ogni violenza è esecrabile, che la Resistenza è responsabile se la pace non viene. Sono passati più di 25 anni da quando l’Olp depose le armi e avviò negoziati di pace sulla base dell’obbiettivo “due popoli due stati”. E qual è il risultato? Che non abbiamo alcuno stato palestinese ma solo dei bantustan. E perché questo accade? Perché i sionisti non accettano e non accetteranno mai uno Stato palestinese davvero indipendente e sovrano, che non sia un suo stato-fantoccio.

Se la fiaccola della indomita Resistenza palestinese venisse davvero spenta, quello sarebbe un giorno di gioia per lo Stato fondato sull’apartheid chiamato Israele e le potenze imperialistiche che lo proteggono. Sarebbe però un giorno funesto per tutta l’umanità.

Segreteria nazionale del Mpl

da sollevAzione 16 luglio 2014