Dopo l’ennesima strage di civili (oltre 30 morti in un raid saudita contro un mercato) Onu e Amnesty denunciano le violazioni. Ma ad avanzare sono i qaedisti, con l’indiretto sostegno di Riyadh

(nella foto il mercato bombardato dai sauditi sabato)

Oltre 30 morti, forse 55 secondo i soccorritori sul posto: è il bilancio dell’ennesima strage compiuta sabato dalla coalizione a guida saudita in Yemen. Il massacro ha avuto come teatro un mercato nella regione di Nehm, a poca distanza dalla capitale Sana’a, una violazione che segue ai tanti raid compiuti contro zone residenziali, scuole e ospedali e che ieri ha provocato la reazione delle Nazioni Unite.

Il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha condannato l’attacco e chiesto l’apertura immediata di un’inchiesta imparziale sull’accaduto. Le condanne delle Nazioni Unite si susseguono ormai da mesi, ma non ricevono alcuna risposta. Come una risposta non la trovano gli appelli al negoziato: nei mesi scorsi più volte il Palazzo di Vetro ha aperto tavoli del dialogo tra la coalizione sunnita che sostiene il governo del presidente Hadi e il movimento ribelle Houthi. Ogni volta un nulla di fatto per i continui boicottaggi da parte saudita, nonostante gli Houthi abbiano accettato la risoluzione Onu 2216 (l’abbandono delle armi e il ritiro dalle zone occupate in cambio del negoziato).

E così continua ad aumentare il numero di vittime di un’operazione, “Tempesta Decisiva”, lanciata alla fine di marzo dello scorso anno: 7mila morti, di cui oltre la metà civili, due milioni e mezzo tra rifugiati e sfollati, 21 milioni di persone senza accesso costante ad acqua e cibo. Oltre all’Onu, interviene anche Amnesty International che fa appello all’embargo contro le parti coinvolte in Yemen, ovvero Riyadh e Houthi. Un appello che fa diretto riferimento al voto della scorsa settimana del parlamento europeo che ha emesso una risoluzione non vincolante nel quale chiede a Bruxelles di imporre l’embargo militare ai sauditi.

Gli scontri, ovviamente, proseguono secondo lo schema degli ultimi mesi: i centri principali di battaglia sono Sana’a a nord, Taiz al centro e Aden a sud. E’ qui che la resistenza Houthi tenta di sopravvivere al doppio attacco di coalizione sunnita e al Qaeda nella Penisola Arabica. Il braccio nazionale più potente della rete internazionale si sta ampliando talmente tanto che, secondo gli analisti, oggi controllerebbe porzioni di territorio maggiori di quelle in mano ai ribelli. Dalla “roccaforte” Mukallah a sud-est fino al golfo di Aden, al Qaeda controlla oggi intere città e quasi interamente la provincia di Hadramawt: un corridoio di territorio lungo 440 km da nord a sud e quasi 700 km da ovest ad est.

La presenza qaedista si sta radicando non solo a livello militare, ma anche sul piano politico: i qaedisti hanno intrecciato rapporti con le amministrazioni locali, spesso in mano alle potenti tribù meridionali o ai gruppi secessionisti. Si impegnano a garantire la sicurezza e a far funzionare i servizi, in cambio di una presenza all’interno degli enti locali e della fedeltà tribale.

A garantire tale avanzata è l’impunità  garantita dai Saud che non solo non colpiscono i qaedisti ma li sfruttano a proprio favore: a Taiz fonti locali hanno raccontanto nei giorni scorsi che miliziani di al Qaeda hanno combattuto fianco a fianco alle truppe pro-governative in chiave anti-Houthi. Non una novità: lo scorso anno era successo ad Aden, ripresa grazie al sostegno dei qaedisti che hanno poi presentato il conto occupando interi quartieri della città costiera.

da Nena news