Il golpe in Pakistan

Riceviamo e pubblichiamo. Quanto accade in Pakistan è pressoché taciuto dai provincialissimi mezzi d’informazione italiani.

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“Ciò che accade in Afghanistan non resta mai in Afghanistan

Proverbio pashtun

L’Asse Tehran-Dehli-Pechino nella profezia di Soleimani

Nell’ultima settimana di marzo il ministro degli Esteri cinese Wang Yi visitava Pakistan, Afghanistan, India, Nepal e partecipava alla riunione del Consiglio dei Ministri degli Esteri dell’Organizzazione per la Cooperazione Islamica che ospitava una serie di conferenze internazionali sull’Afghanistan. Il viaggio di Wang in India era fondamentale ed epocale dato che i ricordi dello spargimento di sangue nella Galwan Valley del Ladakh, dove si scontrarono furiosamente due anni fa i soldati indiani e cinesi, sono ancora freschi. Riguardo alla crisi ukraina, Cina e India pur condividendo il neutralismo filorusso avevano posizioni certamente differenti. Se a Pechino interessava soprattutto allontanare il più possibile le forze NATO dall’Asia pur non potendo condividere totalmente, come è evidente, il sostegno al “separatismo” russofilo del Donbass, l’India condivideva con la Russia il medesimo orizzonte ideologico  – nazionalismo politico-religioso e non etnico, tradizionalismo ideocratico, antiglobalismo radicale, guerra culturale al progressismo genderista ed al postmodernismo – ed era particolarmente interessata alle armi russe di ultima generazione. I cinesi erano soprattutto interessati a trovare un’opportunità per colmare le tradizionali distanze sino-indiane ed a definire una posizione comune contro le richieste occidentali basate su azioni più decise nei confronti della Russia. Pechino sosteneva che la “prepotenza americana” avrebbe portato India e Cina, che pur partivano da posizioni divergenti, su un fronte comune:

Il conflitto russo-ucraino ha fatto sentire all’India lo stile prepotente di Washington. Per non aver seguito la prepotenza statunitense nel condannare e sanzionare la Russia, Washington ha ripetutamente accusato e minacciato di sanzionare l’India, ed ha anche sfacciatamente avvertito l’India di non importare petrolio russo. Tale persecuzione di una tale potenza emergente come l’India è senza dubbio una grave offesa al principio indiano della diplomazia indipendente. I netizen indiani una volta hanno inserito l’argomento “Io sostengo Putin” nella ricerca a caldo di Twitter, che è la semplice resistenza del popolo patriottico indiano alle pratiche egemoniche di Washington”

24 marzo 2022: Wang Yi con il Mininistro degli Esteri indiano S. Jaishankar, ideologo di un Nazionalismo indiano “neo-mazziniano” e teorico della globalizzazione del principio sovrano indiano

Il Ministro degli esteri di Nuova Dehli S.Jaishankar  durante l’incontro poneva al suo omologo come centrale la questione afghana. Dal ritiro delle truppe americane lo scorso agosto, l’influenza della Cina nel Paese era infatti notevolmente cresciuta, così come i suoi interessi economici e di sicurezza nell’area; l’India pur avendo interessi significativi nello sviluppo e nella sicurezza strategica dell’Afghanistan, non era però stata inclusa in nessuno di questi incontri guidati dalla Cina mentre il Pakistan, come noto uno dei principali problemi della sicurezza nazionale indiana, partecipava a tutti e tre. I nazionalisti indiani del BJP (Bharatiya Janata Party) ponevano dunque ai cinesi come condizione fondamentale la sicurezza e la stabilizzazione dell’area afghana come già il 6 agosto 2021, una settimana prima della “liberazione di Kabul” dalla coalizione occidentale, il ministro degli esteri indiano aveva fatto presente al presidente iraniano Raisi, che andò appositamente a incontrare a Tehran subito dopo il giuramento del 5 agosto. Il nazionalismo indiano diceva in sostanza a Pechino di non aver affatto dimenticato il proditorio attacco compiuto dall’Esercito Popolare di Liberazione nel maggio 2020 nel LAC, che uccise 20 soldati indiani, attacco condannato anche da Mosca e Tehran, ma di essere disponibile a un nuovo Asse geopolitico e strategico, con il fine prioritario di stabilizzare Kabul e annientare il terrorismo takfirista sostenuto dalla NATO e dall’Occidente contro il nazionalismo afghano e in prospettiva contro Dehli. La profezia di Qassim Soleimani, leggendario generale persiano vigliaccamente ucciso da The Donald nel gennaio 2020, in realtà non ucciso ma “martirizzato” secondo le forze della Resistenza sciita, consisteva per Jilles Kepel nella elaborazione teorica di un Asse tra Cina Iran e India che gettasse le fondamenta di un nuovo ordine multipolare. Niente è più vicino alla realtà storica oggi di quanto Soleimani teorizzò anni e anni fa: la coalizione in fieri tra Cina India e Iran potrebbe accellerare l’avvento del Multipolarismo e del differenzialismo organico non universalista e non globalista ma su base nazionale e culturale. Nel marzo 2022 ad esempio, nel giorno della nascita dell’Imam Mahdi secondo il calendario sciita, una delegazione talebana rendeva omaggio simbolico all’ambasciatore iraniano Bahadur Aminian celebrando la sincera propria devozione alla “millenaria nazione persiana”.  

L’ISI pakistano entra in campo

L’ISI pakistano è di fatto la più influente e politica agenzia di sicurezza del mondo, specialisti di primo piano sono al suo servizio, le sue mosse strategiche si sono sempre rivelate lungimiranti, ha cambiato spesso il più recente destino storico ben più della CIA, del MOSSAD e della RAW. Fu l’ISI, e non la CIA, a sconfiggere l’impero sovietico sui campi afghani, con il fondamentale supporto dei mujaheddin e dei “battaglioni della fede”, fu l’ISI a manovrare Al Qaeda contro l’Occidente da un lato e contro la storica antagonista India dall’altro. L’ISI, agenzia nazionalista e islamica al tempo stesso, sa che quando Islamabad dimenticherà la polarizzazione antagonistica con Dehli, il Pakistan potrebbe velocemente fallire come Stato nazione. Di conseguenza, di fronte alla sorprendente iniziativa di Khan di visitare Vladimir Putin a Mosca proprio il giorno dell’ inizio dell’Operazione speciale militare (SMO) e al reiterato sostegno a Mosca tributato dal premier nonostante la medesima posizione filorussa dei nazionalisti indiani di Modi, il 2 aprile scendeva ufficialmente in campo l’influente generale Qamar Javed Bajwa, capo dell’esercito di Islamabad (Pak Fauj) e dunque massima espressione politica dell’ISI. Il generale pakistano condannava Putin e la Russia e pur nell’auspicio della immediata soluzione diplomatica sosteneva esplicitamente l’estrema destra nazionalista e “filonazista” di Kiev, come del resto aveva fatto dall’inizio dell’operazione militare il Partito del Congresso di Dehli, sempre più minoritario nel dibattito interno e sempre più disprezzato dalle masse popolari indiane, che considerano quasi generalmente Modi una sorta di emanazione divina venuta per restaurare il primato mondiale indiano e per ridare all’India il suo posto al sole.

Qamar Javed Bajwa capo delle forze armate pakistane

Bajwa usava l’esempio del conflitto Russia-Ucraina nel suo discorso televisivo del 2 aprile per mettere in guardia l’India, l’enorme rivale del Pakistan, dal lanciare un’altra guerra contro il suo paese. L’accusa a Khan da parte delle fazioni nazional-islamiste dell’ISI non era più quella, in fondo, di sostenere Putin ma diventava così quella di avere la medesima posizione del “nazionalista indiano” Narendra Modi. La condanna dell’operazione militare di Mosca, nella logica strategica dell’ISI, era perciò del tutto secondaria e addirittura inessenziale, il punto dirimente era proprio quello di attenuare l’antagonismo strategico pakistano con quello che i seguaci globalisti del Congresso definiscono il “nazional-fascismo” dell’Hindutva e di Modi. Khan aveva la medesima posizione di BJP e di Hindutva, questa era l’accusa politica che Bajwa muoveva al premier, ben oltre questioni secondarie come il “piccolo conflitto europeo” tra Mosca e il nazionalismo grande-ukraino. Khan rispondeva il 4 aprile con una intervista alla televisione locale ARY protestando ufficialmente contro gli Stati Uniti per ingerenza nella politica pachistana.

Ora è evidente che la cospirazione è stata ordita dall’estero! Lo sanno tutti. Abbiamo presentato un intervento all’ambasciata americana, dicendo loro che ha interferito nel voto di sfiducia”.

Naturalmente l’ambasciata americana rispediva al mittente il messaggio negando ogni coinvolgimento nei fatti.

Il 9 aprile, infine, Khan era sfiduciato in quanto l’opposizione conquistava il numero di 179 parlamentari contro i 110 dell’ormai ex premier. Nelle ore immediatamente successive alla sfiducia veniva fatto il nome di Shehbaz Sharif, politico di Lahore di lungo corso e leader dell’opposizione, quale proprabile futuro premier. Il fronte nazionalista indiano vicino a Modi lanciava immediatamente l’accusa a Sharif di essere un agente del britannico MI6 e quindi un grave pericolo per la stabilità e per la sicurezza nazionale indiana, dato che i famigliari dello stesso Sharif vivevano da anni in Gran Bretagna e dato che che tuttora i nazionalisti dell’Hindutva considerano l’imperialismo britannico il principale avversario. Da Tehran, intanto, più o meno negli stessi momenti in cui il Pakistan stava vivendo questi momenti di estrema tensione interna, le forze armate iraniane svelavano “risultati nucleari epocali” nella Giornata nazionale della tecnologia nucleare. Il 10 aprile Imran Khan dichiarava alla nazione:

Il Pakistan è diventato uno stato indipendente nel 1947, ma oggi è l’inizio di una rinnovata lotta per l’indipendenza contro una cospirazione esterna per cambiare il potere. E’ sempre il popolo di una nazione che difende il proprio sovranismo e la propria democrazia!”.

In definitiva, come avevo scritto da mesi e avevo di nuovo ribadito pochi giorni fa (https://www.sollevazione.it/2022/04/oriente-e-occidente-di-o-g.html), la vittoria storica del nazionalismo pashtun nell’agosto 2021 apriva una nuova era. Si sbaglierebbe perciò a leggere come filo-occidentale la mossa “golpista” ed anti-indiana dell’ISI, essa va invece letta come una salda affermazione decisionista del “nazional-islamismo” di Islamabad di fronte al tentativo storico di Khan di integrarsi nell’Asse sino-indo-iraniano trascendendo così decenni di scissionismo radicalista anti-Hindutva sino al collegamento con le cellule più estremiste del takfirismo internazionale. Nel caso gli statunitensi ed i britannici abbiano effettivamente sostenuto il golpe, come è del resto assolutamente possibile, l’ISI ha già ampiamente mostrato di saper sbarazzarsi di “alleati” occidentali che diventano ad un certo punto troppo invadenti. Le chiavi di ciò succederà nel Grande Medio Oriente, dopo l’agosto 2021, sempre di meno si potranno trovare ad occidente: soprattutto dopo la ritirata strategica della NATO, Kabul rimane più di prima la chiave di volta del dominio globale. Non si illudano ad Occidente. Gli occidentali non debbono dimenticare il proverbio indiano che afferma che un cattivo inizio avrà una cattiva fine, una brutta strada si conclude sempre male.

12 aprile 2022