Pubblichiamo un interessante articolo concernente il progressivo rafforzamento della posizione della Russia nel Caucaso a danno dei progetti egemonici degli Stati Uniti.

La recente guerra in Georgia ha contribuito notevolmente a tale rafforzamento, perché l’Europa occidentale ha manifestato una certa riluttanza all’idea di armarsi e partire per ristabilire l’ordine nel Caucaso meridionale e soprattutto, nonostante le pressioni degli Stati Uniti, non ha voluto  accelerare l’ingresso della Georgia nella NATO, che obbligherebbe ogni Paese aderente  alla difesa degli altri membri.
Si è dunque verificata una incrinatura nella solidità dell’Alleanza Atlantica che, unitamente alla crisi economico – finanziaria e alla situazione di stallo in cui versano gli americani in Afghanistan ed Iraq,  concorre ad mettere in discussione il ruolo di superpotenza degli Stati Uniti. Però tale ruolo potrà venire meno a condizione che l’Europa occidentale decida inequivocabilmente di opporsi ai disegni espansionistici dell’Alleanza e dubitiamo che ciò possa accadere.

La Redazione

La posizione degli USA nel Caspio si sta indebolendo

di M.K. Bhadrakumar *
Traduzione di Mauro Gemma

In viaggio per Astana, Kazakhstan, dopo un viaggio “molto gradevole in India”, la Segretaria di Stato degli USA, Condoleeza Rice, ha dichiarato ai giornalisti che l’accompagnavano: “Avrei solo desiderato rimanere più tempo in India”. Ma era un altro il motivo dell’inquietudine di Rice, mentre il suo aereo atterrava ad Astana: l’influenza e il prestigio degli USA in Asia Centrale e nella regione del Caspio sta declinando. Rice si rende conto che c’è poco tempo per recuperare il terreno perso, e che l’eredità lasciata dal governo di Bill Clinton è stata in gran parte dissipata. Al centro di quanto sta accadendo c’è il fatto che il governo di Bush non è stato in grado di gestire le relazioni con la Russia. E i nodi stanno venendo al pettine.

Scrivendo nel “The Washington Post”, gli ex Segretari di Stato Henry Kissinger e George Shultz hanno ripeso il governo di Bush per la sua “deriva verso il confronto con la Russia” e hanno rilevato che “l’isolamento della Russia non è una politica sostenibile a lungo termine”. Hanno affermato che gran parte dell’Europa è “inquieta”. Il loro obiettivo era Rice, una sedicente “sovietologa”, e il suo imperdonabile attacco al vetriolo contro il Cremlino in un discorso al Fondo Marshall della Germania a Washington il 18 settembre.

Diplomazia del confronto

Kissinger e Shultz hanno soprattutto messo in guardia il governo di Bush contro l’incoraggiamento di una diplomazia del confronto con la Russia e i suoi vicini, che sarebbe controproducente. Senza alcun dubbio, già si registra una reazione nella regione. L’Azerbaigian, che il governo di Bush aveva considerato in passato come uno stretto alleato regionale, ha snobbato il vicepresidente durante la sua visita nella capitale, Baku, il mese scorso. Washington è sembrata non rendersene conto e ha inviato a Baku un altro alto funzionario – il Segretario di Stato Aggiunto John Negroponte – che il sito web del Dipartimento di Stato descrive come “alter ego” di Rice.

Al suo arrivo, il 2 ottobre, Negroponte ha dichiarato senza indugio che portava un “semplice messaggio”: che gli Stati Uniti hanno “interessi profondi e durevoli” in Azerbaigian e che sono “interessi importanti” che hanno implicazioni per la sicurezza regionale e internazionale. Ha voluto alludere al fatto che Washington non si farebbe da parte per cedere il passo a Mosca nel sud del Caucaso.

A partire dal conflitto nel Caucaso in agosto, il bacino del Mar Caspio si è trasformato nel punto focale. Era inevitabile. Al centro c’è la determinazione di Washington di evitare la partecipazione russa alla catena della fornitura dell’energia europea. Per citare Ariel Cohen, del think tank conservatore statunitense “Heritage Foundation”: “Da agosto, diplomatici statunitense si sono impegnati a rafforzare la posizione geopolitica di Washington dovunque nel Caspio, inclusi Baku, Ashgabat (capitale del Turkmenistan) e Astana”.

La Russia sta ottenendo vantaggi nella regione. Nonostante l’energica attività diplomatica degli Stati Uniti ad
Ashgabat – più di 15 delegazioni statunitensi vi si sono recate l’anno scorso – il Turkmenistan, che già esporta circa 50.000 milioni di metri cubi del suo gas attraverso la Russia, ha reagito positivamente alle aperture di Mosca. Ha deciso di aderire alle condizioni di un accordo dell’aprile 2007 secondo cui virtualmente tutte le sue esportazioni verrebbero gestite dalla Russia “fino a dopo il 2025”, e ci si attende che le esportazioni di gas turkmeno alla Russia aumentino fino a 60-70.000 milioni di metri cubi entro il 2009, lasciando solo un’eccedenza alle compagnie occidentali. Ashgabat si è anche impegnata a costruire un gasdotto verso la Russia attraverso il Kazakhstan al largo della costa orientale del Mar Caspio.

L’elemento decisivo è rappresentato dall’offerta della Russia di comprare il gas turkmeno “a prezzi europei” -lo stesso approccio che Mosca adottò per assicurarsi le esportazioni del gas kazakho e uzbeko. La Russia da allora ha fatto un’offerta simile all’Azerbaigian, che in questo momento viene presa in considerazione da Baku. L’Azerbaigian era stato il vero successo della diplomazia petrolifera degli USA nell’era post-sovietica. Clinton l’aveva letteralmente sottratto all’orbita russa negli anni novanta, facendo approvare l’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan (BTC), nonostante tutto sembrasse concorrere contro. L’Azerbaigian ora torna verso Mosca.

Sta negoziando con la Russia un aumento dell’attuale capacità annuale dell’oleodotto Baku-Novorossiisk. Che
l’Azerbaigian riduca il suo impegno con gli oleodotti Baku-Supsa e BTC, che hanno una capacità di 60 milioni di tonnellate all’anno e che potrebbero coprire facilmente tutte le esportazioni di petrolio azero, rappresenta un grande passo in avanti per la Russia.

L’atteggiamento risoluto della Russia nel Caucaso ha richiamato l’attenzione di Baku. Baku comprende la resurrezione della Russia nel Caucaso meridionale, e il presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev prova disgusto per i comportamenti del presidente georgiano Mikhail Saakashvili. L’Azerbaigian potrebbe avere perso in agosto 500 milioni di dollari di entrate dalla sospensione del trasporto di petrolio attraverso gli oleodotti Baku-Supsa e BTC, a causa del conflitto, e il rinnovato interesse di Baku ad un oleodotto russo deriva dal suo desiderio di proteggere le relazioni con Mosca.

Le implicazioni sono sufficientemente serie per Washington. Qualsiasi riduzione delle esportazioni azere attraverso il BTC potrebbe intaccare l’efficacia dell’oleodotto, che è stato una pietra angolare della diplomazia petrolifera degli USA nel Caspio, pompando circa 1 milione di barili di petrolio al giorno dall’Azerbaigian alla costa mediterranea della Turchia, dove la maggior parte delle forniture viene imbarcata per l’Europa. L’oleodotto BTC sembra al momento sicuro, ma è tenuto sempre più sotto osservazione dalla Russia.

Di nuovo, sono apparsi interrogativi sul futuro del gasdotto “Nabucco”, che, se venisse costruito, eviterebbe il territorio russo e porterebbe gas del Caspio, dall’Azerbaigian attraverso la Georgia e la Turchia al mercato europeo. Che succederebbe se l’Azerbaigian accettasse l’offerta russa di comprare gas a “prezzi europei”? Il conflitto del Caucaso ha pregiudicato fatalmente il futuro di “Nabucco”?