Il compagno Paolino Rosini ci ha lasciato
A due mesi dall’inizio della malattia, Paolino ci ha lasciato lunedì scorso. I funerali si sono svolti ieri a Scandicci.
Paolino era molto conosciuto nella sinistra fiorentina.Agli inizi degli anni ’90 aveva partecipato attivamente alla costruzione di Rifondazione Comunista, di cui è stato militante fino al 1997, quando lascerà il partito a seguito del sostegno della segreteria Bertinotti al primo governo Prodi. Con il gruppo di compagni usciti dal Prc, piuttosto consistente in Toscana, prese parte alla nascita della Confederazione dei Comunisti Autorganizzati e poi del Movimento per la Confederazione dei Comunisti (Mcc). Nel 2002, insieme agli altri compagni del Mcc, entrò nel Campo Antimperialista, partecipando a tutte le iniziative degli ultimi anni. Recentemente, dopo essersi riconosciuto nel manifesto “per l’unità dei comunisti”, aveva aderito al Pdci.
Paolino è stato un comunista ed un antimperialista convinto e coerente fino alla fine dei suoi giorni.
La sua concezione libertaria lo portava spesso a definirsi come comunista ed anarchico al tempo stesso.
Chi lo ha conosciuto sa quanto fosse importante per lui il sentimento, la capacità di sentirsi e di stare sempre dalla parte degli oppressi.
Quando lo abbiamo incontrato, una settimana prima della morte, lo abbiamo trovato estremamente lucido e sereno. Siamo stati a lungo a discutere delle prospettive politiche dei comunisti, delle lotte antimperialiste nel mondo ed in particolare del Medio oriente.
Consapevole della gravità della malattia, ma sempre con la speranza ben viva, Paolino ci ha spinto a parlare di tantissime cose. In lui il desiderio di capire il futuro era ben più forte dei ricordi ormai accumulati in una lunga militanza.
Paolino si trovava in una casa di cura sulle colline che contornano Firenze. Un posto bellissimo, a due passi dall’osservatorio di Arcetri. Anche la struttura che lo ospitava era particolarmente accogliente, e commentando la sua situazione ci ha detto: “ma guarda come sono fortunato: sono curato nel migliore dei modi da persone capaci ed umane, in una struttura con tutti comfort. Proprio per questo Paolino esprimeva un profondo disagio pensando a quanti nel mondo, ed anche in Italia, sono costretti a curarsi in condizioni ben peggiori.
“Ecco”, ci diceva, “quando tutti potranno essere curati in questo modo vorrà dire che avremo cominciato davvero a costruire un mondo nuovo”.
Questo suo pensiero alla sofferenza degli altri, espresso in maniera lucida e razionale, per niente retorico, nel momento della sua sofferenza che da lì a poco lo avrebbe portato alla morte, ci lascia un ricordo preciso di Paolino. Una autentica fotografia (lui che aveva lavorato proprio come fotografo) della sua identità di uomo e di compagno.