Un no al diktat della Fiat, senza se e senza ma

Pomigliano d’Arco: Marchionne vuole un plebiscito, ma forse riceverà un’amara lezione

Cronaca di un’assemblea operaia

Mentre scriviamo si è appena conclusa la “fiaccolata” che a Pomigliano avrebbe dovuto portare in piazza “il popolo del sì”. Ebbene, malgrado tutta la propaganda e i ricatti, la “fiaccolata” è fallita. Meno di mille persone. (nella foto)

Siamo stati questa mattina, invitati dagli operai della FIAT, all’assemblea pubblica convocata dallo SLAI Cobas di Pomigliano d’Arco.

Una manifestazione per ribadire il netto rifiuto del diktat di Marchionne, sottoscritto dai sindacati gialli e questa volta respinto dalla FIOM.

Circa centocinquanta i presenti, in gran parte operai e operaie dello stabilimento FIAT di Pomigliano e del “reparto confino” di Nola, dove Marchionne, in stile Valletta, ha segregato centinaia di lavoratori combattivi e sindacalizzati.

Il Mattino di Napoli presentava l’assemblea di questa mattina non solo come la risposta degli “estremisti e dei fannulloni” a Marchionne (sostenuto come non mai da una asfissiante campagna di stampa), ma come contraltare della fiaccolata che mentre scriviamo si sta svolgendo proprio a Pomigliano, la fiaccolata di chi dice sì al ricatto FIAT.
L’introduzione all’assemblea è stata fatta dal leader storico del Cobas di Pomigliano Vittorio Granillo, dopo la lettura, emozionante, della lettera di solidarietà degli operai FIAT polacchi dello stabilimento dove attualmente si produce la Panda. 

Un discorso a tutto campo, che è andato bel al di là della spiegazione delle ragioni del no al decisivo quanto insidioso referendum di martedì.  Granillo ha denunciato quanto capillare sia l’offensiva padronale per intimorire gli operai e obbligarli a votare sì, pena essere gettati per strada. I capireparto sono giunti a telefonare e scrivere lettere addirittura alle mogli degli operai, per non parlare dell’attivismo forsennato di sindacalisti, amministratori, sbirri e preti. Hanno addirittura convocato riunioni semi-segrete con alcuni operai “buoni”, segnalando quelli “cattivi”.
Granillo ha sferrato un attacco senza mezzi termini alla cosiddetta sinistra politica, non solo il PD, che si è messa al servizio dei padroni, e dei sindacati confederali, FIOM compresa. Con l’accento partenopeo e la verve che lo contraddistinguono ha denunciato la posizione melliflua della FIOM che in verità, per non creare una frattura insanabile con la CGIL, non ha nemmeno dato una inequivoca indicazione di voto per il No. 
Peggio ancora. La FIOM poteva appellarsi ad almeno due motivi per impugnare il referendum truffa e farlo saltare. L’articolo 15. comma 2 del regolamento afferma che debbano intercorrere almeno 15 giorni tra l’indizione di un referendum e il suo svolgimento. Ebbene, il referendum che si svolgerà il 22 giugno non rispetta questo criterio, e la FIOM si è rifiutata di impugnare la questione. In secondo luogo il regolamento RSU-RLS, Art. 6, comma 1 dice che solo delle RSU in carica hanno la facoltà di indire un referendum, mentre la RSU di Pomigliano è decaduta da almeno un anno. Anche in questo caso la FIOM non ha impugnato questa irregolarità grave, anche perché, ha detto Granillo, la FIOM con gli altri sindacati non ha voluto che la RSU fosse rieletta.
Granillo ha quindi detto che lo SLAI non solo voterà NO ma entrerà nelle commissioni elettorali per vigilare contro i brogli. Perché la FIOM non è voluta entrare a far parte delle commissioni elettorali? – si è chiesto Granillo.

Egli ha poi concluso sostenendo due concetti. Il primo è che Marchionne non deve illudersi: spera in un plebiscito ma forse non lo avrà, dato che in cuor loro tanti sono gli operai schifati dal suo ricatto ignobile. Il secondo è che la questione non finisce col referendum, che la Resistena continuerà. Per questo si è augurato non tanto di vincere il referendum, data la potenza di fuoco “dei ricattatori e dei terroristi”, quanto di “cadere in piedi”.

Il dibattito successivo ha teso a sottolineare la straordinaria importanza della vertenza in corso a Pomigliano. La FIAT vuole ridisegnare i rapporti di classe in questo paese, spezzare definitivamente ciò che resta della resistenza operaia. Se Marchionne passa a Pomigliano, sfruttamento e repressione attendono i lavoratori tutti.

E’ in questo contesto che un acceso ma sincero dissidio è sorto sulla questione dei rapporti con la FIOM. Alla posizione dura di Granillo, altri, tra cui Marco Ferrando del PCL, hanno risposto che se la burocrazia FIOM oggi dice no all’accordo è evidentemente perché la sua base l’ha obbligata a farlo. Non dovremmo dunque avere una posizione sterilmente settaria. L’intransigenza sui principi deve sposarsi con la massima disponibilità all’unità con chiunque voglia resistere all’offensiva padronale, che colpisce tutti gli operai, anche quelli che voteranno sì. E’ sintomatico che gli interventi di questo tenore abbiano riscosso tanti applausi.

Ha infine chiuso l’assemblea Corrado Delle Donne, leader storico delle lotte alla ex Alfa di Arese. Cercando di trovare un filo unificante Corrado ha insistito che la vicenda Pomigliano va ben al di là di una mera questione sindacale. Tra gli applausi ha così chiuso il suo intervento: “Siamo dentro una crisi sistemica che prima o poi chiederà ai lavoratori di scegliere se morire crepati di capitalismo selvaggio o se tentare di fuoriuscire dal capitalismo. In questa prospettiva ci serve non solo un vero sindacato di classe, ma un  partito di sinistra radicalmente nuovo e diverso da quelli esistenti, un partito rivoluzionario”.

da http://sollevazione.blogspot.com/
19 giugno 2010