Per la prima volta una conferenza a favore di uno Stato democratico in Palestina

Fine di novembre 2010. Un convegno storico, promosso attorno allo slogan «Separati in passato – insieme in futuro» ha avuto luogo a Stoccarda, in Germania. Tenendo presente che negli ultimi anni erano aumentate le difficoltà, anche solo di affittare spazi per manifestazioni pro-palestinesi, gli organizzatori hanno scelto una sala sicura nella periferia, che è stata sorprendentemente riempita da circa 200 partecipanti. C’erano voci che gli organizzatori hanno dovuto rifiutare altre 200 richieste di adesione.

La conferenza è stata una svolta non solo per quanto riguarda il numero di partecipanti, ma prima di tutto per la sua qualità. Essa indica che anche in Germania sta avvenendo quel cambiamento politico che nella maggior parte dei paesi occidentali è già in pieno svolgimento. La soluzione dei «due stati per due popoli» inizia ad essere considerata anche qui, non solo come un inganno e una farsa, ma come un sostegno oggettivo all’apartheid israeliano. Questo cambiamento è dovuto al drammatico impatto del blocco permanente contro Gaza, all’aggressione militare israeliana su Gaza nel gennaio 2009, così come a causa del massacro sulla Freedom Flotilla.

Eccellente oratore,  Ilan Pappé, uno storico israeliano che insegna in Inghilterra, ha indicato la linea: «Uno stato ebraico non può essere altro che un’entità coloniale destinata ad opprimere i palestinesi. (…) Non esiste un sionismo progressista». Al contrario Pappé ha equiparato il sionismo ad un virus che tornerà sempre fino a quando non sarà stato completamente sconfitto. Pappé ha attaccato soprattutto l’idea errata del “sionismo di sinistra”, idea che infatti viene proprio dall’ambiente sionista. I sionisti parlano di uno stato palestinese, ma intendono così giustificare uno stato ebraico separato che può essere costruito solo sulla base di una pulizia etnica. Pappé ha così ripetutamente chiesto il boicottaggio attivo di Israele. Ha infine nettamente respinto l’argomento – diffuso in Germania – secondo il quale non si può attaccare Israele a causa della responsabilità storica tedesca per l’Olocausto.

Evelyn Hecht-Galinski, pubblicista e figlia del defunto presidente del Consiglio centrale tedesco degli ebrei, ha attaccato la subordinazione del suo paese al sionismo, ha condannato l’estrema parzialità dei mezzi di comunicazione e l’infamia di essere stata accusata di “antisemitismo” a causa delle sue critiche a Israele. Ha infine dichiarato di essere anti-sionista e sostenitrice di uno Stato comune democratico in Palestina.

Proveniente direttamente dalla prigione a cielo aperto di Gaza, che ha lasciato per la prima volta dopo l’istituzione del blocco, Haydar Eid dell’Università Al Quds, ha chiesto uno “tsunami di navi per Gaza”. Egli ha criticato la vasta gamma di Organizzazioni non governative che promuovono la «riconciliazione» al mero livello dei rapporti interpersonali, invece che tra popoli. Questo approccio personalistico fa credere che vi sia un dialogo tra pari. «Come si sarebbe risposto all’idea che il conflitto tra i tedeschi ebrei e non ebrei, o tra bianchi e neri negli Stati Uniti sarebbe stato risolto con il puro e semplice dialogo»? La questione è che l’oppressione e l’ingiustizia debbono  essere combattute. Si tratta di una questione di solidarietà con gli oppressi contro gli oppressori.

Ci sono stati diversi altri ospiti internazionali come Ali Abunimah, direttore di electronicintifada.net dagli Stati Uniti; Mazin Qumsiyeh, professore presso l’Università di Betlemme e di Birzeit, o Lubna Marsawi, partecipante della flottiglia libertà Gaza.

Accanto a personalità locali del sud-ovest della Germania, c’erano  parecchi elementi di spicco della Linke, compresi dei parlamentari, che hanno partecipato alla navi per Gaza. Ma non hanno avuto il coraggio, né di difendere con chiarezza la proposta di uno Stato unico per i due popoli, di una Palestina democratica, né di chiamare al boicottaggio di Israele. Sono apparsi come paralizzati dalla enorme pressione sul partito da parte della potente lobby sionista tedesca. (Solo di recente è stato rivelato da Wikileaks che il leader della frazione parlamentare, Gregor Gysi, ha collaborato con gli Stati Uniti per ammorbidire le posizioni anti-NATO del suo partito.)

Bisogna ricordare anche quello che è successo a Hermann Dierkes, il candidato della Linke a sindaco di Duisburg, nella regione della Ruhr, e partecipante della conferenza di Stoccarda, che in effetti aveva osato chiamare al boicottaggio contro Israele. Egli è stato fatto bersaglio di una furibonda campagna sionista di denigrazione, che ha coinvolto anche elementi della direzione del suo partito. Accusato di essere antisemita è stato costretto a ritirare la propria candidatura.

Il grande successo della conferenza non deve tuttavia nascondere il fatto che siamo solo all’inizio. Ci sono in Germania ancora molti ostacoli sul cammino del movimento di solidarietà con la Resistenza palestinese. Questo si riflette anche nell’opinione generale della maggior parte dei partecipanti, che concepiscono la lotta per uno Stato democratico come una metamorfosi graduale dello stato di Israele, senza scontri violenti o crisi rivoluzionarie. La guerra permanente scatenata dagli Stati Uniti e da Israele e avallata da gran parte dell’Europa, è stata scollegata dalla vicenda israelo-palestinese, non comprendendo che la Resistenza palestinese è un tassello di uno scontro più generale. E’ toccato al Campo Antimperialista sottolineare la necessità di sostenere la Resistenza popolare, islamica e non. Solo una sconfitta militare di Israele, degli Stati Uniti e dei suoi alleati, può mettere fine al sionismo e spianare la strada ad uno stato anti-coloniale in tutta la Palestina.

Traduzione a cura della redazione