Dopo il nuovo venerdì nero della Borsa italiana

«E’ solo l’antipasto», questo è il titolo del commento a caldo sul venerdì nero della Borsa e dei titoli del debito pubblico italiano, che riprendiamo dal blog di Rivoluzione Democratica.
I quotidiani di oggi si interrogano su quali potranno essere le misure immediate per frenare la corsa ribassista. Si parla, in particolare, delle possibili limitazioni se non del blocco vero e proprio delle «vendite allo scoperto». Questa operazione, di natura totalmente speculativa, consente la vendita di titoli che in realtà non si posseggono, al fine di consentirne il riacquisto ad un prezzo più basso. Follie di una finanza senza freni, che domina un’economia senza regole, protetta da una politica senza pudore.

Che la situazione sia d’emergenza è attestato dal fatto che la Consob si riunirà proprio stasera (mentre l’Eurozona lo farà domattina), per decretare le misure-tampone che dovranno perciò entrare in vigore prima delle 9 di domani, quando la Borsa riaprirà i battenti. Ma sbaglierebbe chi pensasse che queste misure possano essere qualcosa di più di un palliativo. Da tempo scriviamo che il nodo del debito pubblico sta per venire al pettine, che la Grecia (tenuto conto delle ovvie differenze) ci parla del futuro dell’Italia, che la manovra varata nei giorni scorsi non cambierà sostanzialmente le cose, che il momento delle scelte radicali si avvicina.

Il nuovo venerdì nero della Borsa italiana

(da Rivoluzione Democratica)

«Borsa giù del 4%. Precipita Unicredit. Attacco speculativo senza precedenti sul mercato finanziario italiano». Così titolava il Corriere online di ieri pomeriggio, per poi indicare ai lettori la causa di questo tonfo: «… la bufera che si è abbattuta sul Ministro dell’Economia Tremonti con la richiesta d’arresto del suo più stretto collaboratore Marco Milanese», con relativo boatos delle dimissioni di Tremonti medesimo. I Tg, ieri sera, aggiungevano che lo scossone a Piazza Affari era determinato anche dall’intervista rilasciata ieri da Berlusconi a La Repubblica, nel quale il Primo ministro non solo ha attaccato la politica di rigore di Tremonti ma ha annunciato che la “manovra” verrà cambiata in Parlamento.

Che tra le file del governo regni il pieno marasma è evidente, ma che questo sia la causa primaria del mini-crollo di Piazza Affari, a noi pare una spiegazione, per così dire, minimalista, ovvero viziata di politicismo.

Più attenta invece l’analisi de il Sole 24 ore online di ieri pomeriggio, che inquadrava il mini-crollo di Milano nel contesto di un brutto Venerdì a scala mondiale — uno dei fattori scatenanti è stato il negativo resoconto sulla disoccupazione negli USA: vedi l’indagine sulla crisi economica negli Usa — visto che tutte le principali borse occidentali hanno chiuso i battenti con un segno meno.

Nello specifico, se quella milanese ha segnato il maggior numero di vendite, è perché potenti cordate di speculatori che muovono pacchetti di bond, azioni e titoli da milioni di euro, hanno deciso di “scommettere” sul fatto che titoli di stato e azioni italiani (anzitutto dei gruppi bancari) sarebbero scesi, di qui la “scommessa”: vendere oggi e incassare al prezzo X, per riacquistare da lunedì gli stessi prodotti ad un prezzo minore. La “scommessa” speculativa è la classica profezia che si autoavvera: se dispongo di una deterrenza o potenza di fuoco finanziaria, posso innescare la valanga delle vendite dal quale trarre profitto.

Non a caso il Sole 24 ore titola «Mercati all’attacco di banche e titoli di stato italiani», dove “mercati” è appunto un eufemismo per indicare la speculazione finanziaria, anzitutto straniera.

Il risultato di questo attacco massiccio è stato immediato. Bersaglio in primo luogo i titoli bancari, Unicredit -7,5%, Banco Popolare -6,46%, Azimut -5,6%, Banca Popolare di Milano -6,12%, Intesa Sanpaolo -4,56%. Bisognerebbe capire chi ha venduto, di sicuro saranno gli stessi che magari ricompreranno le azioni delle banche italiane fra qualche giorno a prezzi più vantaggiosi, dopo ovviamente avere intascato le cedole ai prezzi di ieri.
L’attacco alle banche italiane — i “mercati” non credono affatto a Draghi e Tremonti che continuano a sostenere che sono sane come pesci e supereranno senza difficoltà i prossimi stress test —, dato che queste ultime hanno in pancia montagne di titoli pubblici italiani, non poteva non investire il debito sovrano.
«Il rendimento del Btp decennale è salito al 5,24% e di conseguenza lo spread con il Bund si è ampliato ai massimi dall’introduzione dell’euro. Il differenziale di rendimento (termometro della stabilità di un paese) si è poi riportato attorno ai 227,5 punti. La paura di un contagio della crisi del debito nell’eurozona continua a tenere sotto pressione anche i titoli di Stato a breve dell’Italia con il tasso del biennale salito di 10 punti base al 3,42%».

E siccome il sistema finanziario è come quello dei vasi comunicanti l’onda non ha risparmiato la flagellata Grecia, i cui bond a 2 anni hanno ieri registrato intanto un nuovo record con il rendimento balzato di oltre 160 punti base al 30,40%, per riportarsi poco sopra il 29%. In tensione anche i titoli di Stato della Spagna: il tasso del bond decennale è salito di 6 punti base al 5,67% e lo spread con il bund si è ampliato oltre 271 punti.

Abbiamo avuto modo di dire tempo addietro che sul debito l’Italia avrebbe iniziato a ballare a partire da questa estate. Così sta accadendo. Che la “Manovra” di tagli alla spesa pubblica messa su in fretta e furia da Tremonti possa evitare il probabile terremoto in arrivo è poco probabile. Il pareggio di bilancio entro il 2014 a cui punta la manovra non sarà sufficiente a placare gli appetiti della grande speculazione, non metterà l’Italia al riparo dai rischi default di Irlanda, Grecia e Portogallo. Quello che è altrettanto sicuro è che la “Manovra” che andrà in Parlamento nei prossimi giorni ha un impatto recessivo che potrebbe vanificare e rendere del tutto illusori gli obbiettivi del pareggio.

Un fatto è chiaro, ai nostri occhi, due sono i punti di massima criticità del sistema italiano: il debito sovrano e il sistema bancario, due malati che si sorreggono a vicenda e la caduta di uno trascinerebbe nella polvere anche l’altro — rimandiamo su questo alla «Inchiesta sul sistema bancario» del dicembre scorso. Torneremo in modo approfondito sul perché, come nel 2008, anche la prossima crisi finanziaria avrà le banche come epicentro, con la differenza che questa volta sarà travolta anche l’Italia.