Danzando sul precipizio

Borsa in picchiata, Btp pure, ma comandano gli speculatori

Dopo il venerdì nero della Borsa e dei titoli del debito pubblico, è arrivato un lunedì ancor più buio e significativo. I dati sono noti: Borsa al – 4%, con i bancari in picchiata; Btp decennali al 5,67%, esattamente un 3% in più degli equivalenti tedeschi. L’ormai noto spread ha così raggiunto quota 300, salendo di 100 punti base in pochissimi giorni, ed avvicinandosi sensibilmente a quello dei titoli decennali spagnoli. Da notare come il differenziale italiano abbia ormai superato quello mantenuto per settimane dai bond iberici (270-280), un periodo durante il quale il debito di Madrid veniva apertamente considerato a rischio. Che dire allora dell’Italia?

A sentire i «decisori» nostrani la situazione non è drammatica. Basta approvare la manovra economica decisa dal governo, correggendola un po’ ma lasciando invariato il saldo. Se Napolitano fa appello alla «coesione nazionale», la finta opposizione parlamentare ha già detto di sì all’approvazione rapida di una finanziaria antipopolare che sembra più a rischio per le contraddizioni interne alla maggioranza che per l’iniziativa delle «opposizioni».

Ma davvero si crede che un’approvazione rapida fermerebbe l’assalto della speculazione internazionale? Difficile che qualcuno ci creda veramente, ma la classe politica non sa immaginare altro. In giro non c’è neppure l’accenno di una proposta diversa, figuriamoci alternativa. Il coro bipartisan è monocorde, ma particolarmente attivo nell’accogliere le pressioni europee (e soprattutto tedesche) è proprio il centrosinistra. Non solo il Pd, ma anche l’Idv.

Ma c’è un aspetto assai illuminante su chi governa davvero in questo Paese. Domenica tutto lasciava pensare che la Consob avrebbe bloccato, almeno per un periodo, le «vendite allo scoperto», tipico strumento della speculazione ribassista. Così non è stato, ed alla fine la montagna ha partorito il più classico dei topolini. Leggiamo il comunicato della Consob: «Gli investitori che detengano posizioni ribassiste su titoli azionari negoziati sui mercati regolamentati italiani sono tenuti a darne comunicazione».

Dunque nessun blocco, solo l’obbligo (non si capisce fino a che punto effettivo) di dare comunicazione di operazioni che tuttavia continuano ad essere considerate lecite. Significativo il commento della Marcegaglia, che ha detto che le misure adottate sono giuste, ma che in ogni caso non si potrà fare di più, perché: «Non possiamo bloccare i meccanismi di mercato. Il problema vero è la Grecia». Già, come se non fossero stati proprio i «meccanismi di mercato» a ridurre la Grecia nella condizione attuale.

Quasi a volersi giustificare, la Consob ora dice che i crolli del lunedì nero non sono venuti dalle vendite allo scoperto, bensì da vendite effettive. Anche se così fosse il segnale arrivato dalle autorità politiche e borsistiche italiane resta nella sua gravità: a comandare sono soltanto i rapaci della grande finanza, banche in primo luogo, altro che gli interessi del Paese evocati dal Quirinale solo allo scopo di rendere indolore il passaggio della manovra economica!

Agli interessi delle oligarchie finanziarie tutto viene subordinato. Questo è l’unico punto fermo di una intera classe politica allo sbando. Una classe politica che balla sul precipizio, un po’ perché non ha alcuna idea sul da farsi, un  po’ perché crede davvero nell’Europa, un po’ perché si illude e spera nello stellone.

Naturalmente i corsi azionari vedranno nei prossimi giorni qualche fisiologico «rimbalzo». Rimbalzo che, se avverrà, sarà invece assai più tenue per i titoli di stato. Non siamo al crollo, ma ad una drammatica accelerazione di un trend difficilmente invertibile. Grecia, Irlanda e Portogallo sono lì a dimostrarlo. Non è detto che il percorso italiano segua esattamente i tempi e le traiettorie che hanno portato questi paesi in una condizione di pre-default, ma ben difficilmente il punto d’arrivo potrà essere diverso.

Quel che è certo è che le questioni dell’Europa e del debito pubblico sono più che mai davanti a noi. Quando si comincerà a discutere seriamente della costruzione di una piattaforma alternativa per affrontare questi nodi? Quando avverrà non sarà mai troppo presto; nella speranza che ciò avvenga prima che sia troppo tardi.