«La presidente di Confindustria? Come i precari e gli indignati»

A sinistra è quasi un coro: la violenza di una parte dei manifestanti di sabato va condannata, punto e basta. Guai a porsi interrogativi sui motivi che l’hanno scatenata. Innocenti come sono, mica possono rischiare di finire sul banco degli imputati per le responsabilità accumulate negli ultimi 15 anni! Che ci vadano invece le migliaia di giovani e giovanissimi che hanno scelto un’altra strada!

Certo, il fuoco fine a se stesso non è un’alternativa politica, ma non è questo che gli da fastidio.  Quel che gli brucia è che la loro proposta politica non se la fila più nessuno.
Le loro responsabilità sono invece evidenti. Si rifletta solo sull’assenza, in questo frangente, di una soggettività politica capace di raccogliere, interpretare ed organizzare la crescente radicalità sociale; una radicalità che avrà pure qualche relazione con i fatti di sabato. Se questa soggettività manca è anche per le scelte di un quindicennio in cui governismo, menopeggismo ed alleanze elettorali con il centrosinistra hanno spadroneggiato.

Tra le tante dichiarazioni che ripropongono le litanie di sempre, ne selezioniamo due: quella di Diliberto e quella di Vendola. Per il segretario del Pdci, il problema è semplicemente quello del servizio d’ordine, che oggi manca a differenza del vecchio Pci. I problemi dunque non sono politici, ma di ordine pubblico… E tutto si risolve al massimo con una lettura cromatica degli eventi: « Nel primo dei cortei di ieri, quello gioioso e numeroso, c’erano tante bandiere con la falce e il martello. Nel secondo, il colore dominante era il nero. Guarda caso». Non c’è che dire: una capacità di analisi davvero fuori dal comune…

Lasciamo il penoso Diliberto ai suoi problemi, che non è ancora chiaro, poveretto, se e come riuscirà a rientrare  in parlamento, qualche maligno dice addirittura nelle liste del Pd. Costui è solo un rimasuglio del passato, assai meno interessante del Berlusconi delle Puglie, in arte Nichi Vendola. Questo Bertinotti al cubo non è più sulla cresta dell’onda come qualche tempo fa, ma sta messo assai meglio del ministro della giustizia del governo D’Alema.

Vendola non ne fa una questione di servizi d’ordine, ma sceglie di usare tutta la retorica a buon mercato sulla «nonviolenza». Leggiamo: «dobbiamo rendere molto chiara e forte la nostra indignazione contro la violenza. La violenza è nemica del dissenso. La violenza è nemica della buona politica. La violenza  chiude la bocca, fa male, fa schifo». 

Possiamo rispettare questa fraseologia, queste argomentazioni? No, non è possibile. Non solo perché la violenza che si è espressa sabato non è neppure un miliardesimo di quella che il sistema riversa ogni giorno sugli sfruttati, ma anche per un motivo più specifico. Rispetteremmo, pur non condividendole, quelle posizioni se solo avessero un minimo di coerenza, ma non ce l’hanno.

Vendola non può far finta di essere semplicemente un «cittadino del mondo», abilitato a sproloquiare su tutto senza dover rispondere mai di niente. Vendola è un cittadino italiano, governatore di una delle più importanti regioni, un leader che vorrebbe (in maniera velleitaria, ma questo è un altro discorso), candidarsi alla guida del governo di un Paese che non ha ancora finito di bombardare una nazione con la quale aveva addirittura un Trattato d’amicizia.

Se per lui la violenza è il vero discrimine, perché non rompe con il Pd, che quella guerra l’ha voluta più del Pdl, perché non denuncia per Alto tradimento della costituzione l’indegno presidente della Repubblica che porta il nome di Giorgio Napolitano, che quella guerra l’ha voluta più di Berlusconi? Perché non s’indigna, in maniera non-violenta s’intende, con il Quirinale?
A Roma c’è stato qualche ferito, in Libia i morti sotto le bombe della Nato sono stati migliaia, come mai i principi etici di Vendola non producono neppure la più flebile delle dichiarazioni proprio laddove la violenza è stata più atroce?

Domande retoriche, che hanno una banalissima risposta: perché non può, ne andrebbe della sua preziosissima carriera, che ovviamente viene prima di tutto. E poi ci si lamenta del nichilismo, che ovviamente c’è, di chi cerca lo scontro fine a se stesso, ma che è pur sempre meno nichilista dell’attuale dirigenza della sinistra istituzionale.

Ma ieri Vendola ha rilasciato un’intervista a l’Unità che ben unisce la «condanna della violenza» (abbiamo visto quale) alle sue prospettive politiche. All’intervistatore che gli chiede un parere sulla posizione espressa recentemente da D’Alema, sulla possibilità di «conciliare le ricette di Vendola e della Marcegaglia», ecco la risposta del governatore pugliese:
«Non ho difficoltà a discutere col mondo delle imprese, in Puglia lo faccio ogni giorno. Ma bisogna intendersi bene su cosa vuol dire crescita: per me deve essere socialmente ed ecologicamente compatibile. Per me Confindustria può essere solo un interlocutore, come lo sono gli indignati e i precari (sottolineatura nostra). Rappresenta solo una porzione degli interessi in gioco».

Questa equivalenza tra soggetti portatori di interessi contrapposti – i precari sono tali perché così li vuole Confindustria – parla più di mille «narrazioni». Non lo scopriamo da oggi, ma l’arroganza con la quale un simile cialtrone vorrebbe vendere il suo fumo è davvero insopportabile, ed anche un po’ violenta. Di quella violenza tipica di chi può sparare fesserie a getto continuo, grazie alla sua integrazione nel blocco dominante che gli garantisce spazi e visibilità mediatica.

Un’integrazione che potrebbe però andare in fumo, anche se non nell’immediato, qualora si dimostrasse incapace di svolgere il ruolo che gli è stato assegnato: quello di «rappresentare» la «sinistra», soprattutto per impedire la nascita di nuove soggettività politiche che propongano un’alternativa sistemica.

Ecco il perché della sua «indignazione» sulla grande manifestazione di sabato, nella quale il peso dei partiti della sinistra ex-parlamentare è stato del tutto marginale. In ballo c’è il suo ruolo, che per un pallone gonfiato di tal fatta è semplicemente il tutto, altro che non-violenza!