Era dall’anno scorso che mi domandavo quale fosse esattamente il compito di un ministro per la Coesione Territoriale. E finalmente, più o meno un mese fa, Fabrizio Barca si è materializzato in una trasmissione televisiva di LA7 e ha spiegato agli italiani che con la spending review, cioè con meno soldi, i servizi saranno più efficienti.

Barca cita l’esempio di una ASL della Sicilia da lui personalmente ispezionata, Ragusa se ricordo bene, dove a fronte di un taglio di spesa le cose finalmente funzionano meglio. Nella trasmissione non viene però riportato il parere dei mutuati. Dal tono e dagli argomenti adoperati in trasmissione si è capito che il dottor Barca  ha la funzione del piazzista, la Vanna Marchi del governo, come quei personaggi dei film western che giravano con il loro carro pieno di cianfrusaglie paese dopo paese per spacciare ai gonzi magiche pozioni per la ricrescita dei capelli o per aumentare la potenza sessuale.

La performance del ministro Barca era però solo l’antipasto dell’operazione ottimismo orchestrata dalla giunta Monti-Napolitano, operazione sfociata nella famosa dichiarazione del presidente del Consiglio al meeting di CL a Rimini in cui rivelava al popolo italiano di aver visto la luce in fondo al tunnel della crisi. Devono averlo notato anche gli economisti della Bocconi che uno dei metodi più efficaci per rilanciare l’economia di qualche zona economicamente depressa è quello di annunciare qualche apparizione.

Qualche decennio orsono nella chiesetta della frazione Santa Maria del comune di Cittadella (PD) la madonna apparve a una credente. Non ricordo esattamente i particolari dell’apparizione e cosa disse la madonna, ma so solo che per mesi e mesi arrivarono da ogni dove schiere di pellegrini a visitare quella modesta, ma fortunata chiesetta. E la zia di mia moglie che gestiva il bar proprio di fronte al luogo dell’apparizione moltiplicò gli incassi. Un vero miracolo! Nel caso di Monti, purtroppo, è assente la sinergia della madonna, e l’episodio della luce in fondo al tunnel può solo essere inserito in una nuova serie dei telefilm di fantascienza “Ai confini della realtà”.

La vita è tutta un film. Se con Berlusconi si era assistito a una commedia del genere pecoreccio stile film con Alvaro Vitali (L’onorevole con l’amante sotto il letto, La liceale al mare con l’amica di papà, La dottoressa ci sta col colonnello, eccetera), con Monti siamo passati al genere paranormale dei telefilm della famiglia Addams: il maggiordomo Lurch che accorre subito ad ogni chiamata come Monti con le banche, Morticia a cui piace procurare dolore come la Fornero, lo zio Fester a cui si accende la lampadina come al ministro della Salute Balduzzi che per fare soldi ha sfornato l’idea di tassare le bibite gassate. Non è escluso che in futuro si renda obbligatoria un’assicurazione sulla salute dei nani da giardino che sono esposti tutto l’anno ai cambiamenti climatici.

Salutata con esultanza dalla “sinistra” e da intellettuali come Marco Revelli che con Lurch-Monti si sentono finalmente tornati all’onor del mondo (a spese di pensionati e lavoratori ovviamente, ma questo poco importa), questa compagine di governo pensa davvero di avere dei poteri sovrannaturali, per cui Morticia ordina: “Abbiamo salvato l’Italia, ora tocca alle imprese” (La Stampa, 19 agosto 2012), e la loro natura paranormale non gli permette più di comprendere i fenomeni economici più elementari. E così Monti non riesce a capacitarsi del fatto che nonostante l’Italia abbia diligentemente eseguito i compiti a casa dettati dall’Europa (abolizione della pensione per le prossime generazioni, libertà di licenziamento per tutti salvaguardando solo questa classe politica, eccetera), lo spread resta alto e gli investitori ci richiedono tassi elevati per prestarci i soldi.

Il fatto è che gli investitori internazionali non si fanno fuorviare dalle visioni di Monti o dalla pubblicità ingannevole di certi maldestri piazzisti, e da tempo hanno certamente tratto le loro conclusioni sul destino dell’Italia e probabilmente anche dell’euro. Per comprendere la ragione per cui l’Italia per finanziarsi deve pagare un interesse assai superiore a quello della Germania, della Francia, del Belgio, eccetera, basta rispondere alla seguente elementare domandina: chi presterebbe soldi a cuor leggero a una persona piena di debiti che per sopravvivere ancora per qualche tempo svende anche gli ultimi gioielli di famiglia? E’ il mercato, bellezza, il mercato; e non ci puoi far niente, niente.

Se mai un giorno questo paese riuscirà a ribellarsi al destino che lo attende, il primo provvedimento da prendere sarà quello di chiudere per sempre la Bocconi ed esiliare la famiglia Addams e i suoi seguaci.

********************

Angelo Di Carlo

“Un ex operaio si è dato fuoco davanti a Montecitorio”. Questo il minuscolo titolo a pagina 11 del Corriere della Sera del 12 agosto 2012, che in nove righe su una colonna liquidava così l’episodio: “Aveva perso il lavoro l’uomo che due notti fa si è dato fuoco davanti alla Camera dei Deputati, a Roma. Secondo quanto si apprende si tratta di un operaio di 54 anni, di Forlì, vedovo, in difficoltà finanziarie a causa della disoccupazione. E’ ricoverato in gravissime condizioni”.

Angelo Di Carlo forse sperava che il suo gesto avrebbe scatenato una rivolta, come in Tunisia. Invece nulla, il silenzio totale ai quattro punti cardinali. Solo il giorno successivo alla sua morte si è guadagnato qualche riga sui quotidiani, ma nelle pagine interne. Ad esempio, il Corriere della Sera del 20 agosto gli dedica una colonna a pagina 19. Morticia Fornero, che ha ormai esaurito tutte le lacrime alla sua prima apparizione televisiva annunciando la riforma pensionistica, si limita a commentare: “E’ una cosa molto triste, non ci sono parole”, mentre l’ex comunista preferito da Kissinger è troppo preoccupato per la lentezza dell’iter della nuova legge elettorale e non trova neanche le solite frasi di circostanza che lasciano il tempo che trovano del tipo “Mai più una Thyssen, sicurezza sul lavoro perdio!”.

I quotidiani  di regime, cioè praticamente tutti, in ossequio al loro padrone d’oltreoceano, avevano già impegnato la prima pagina nella campagna contro Putin per il processo alle Pussy Riot, tre squinzie finanziate dal premio Nobel per la Guerra con lo scopo di riportare in Russia un governo molto più accondiscendente agli interessi USA, come fu quello dell’alcolizzato ex comunista Boris Eltsin.

Apro una parentesi. Supponiamo che un episodio analogo a quello in cui si è tolto la vita Angelo Di Carlo a Roma si fosse verificato in Bielorussia o davanti al parlamento iraniano, o magari sulla piazza Rossa o in piazza Tien An Men,  oppure in plaza de la Revolucion a La Habana. Indubbiamente avrebbe occupato per giorni e giorni le prime pagine dei giornali e dei telegiornali con le fotografie e il filmato del rogo proposto e riproposto all’infinito come quello del cinese che bloccava i carri armati sulla piazza Tien An Men a Pechino. Se poi si fosse verificato a Cuba, La Stampa, ad esempio, ci avrebbe deliziato con i pensieri della cubana Yoani Sanchez, una totale illetterata che pagata profumatamente dagli USA attraverso fittizi premi letterari, scrive minchiate sul suo paese. Leggere per credere. Chiusa parentesi.

La morte di Angelo è l’ultima di una serie di suicidi che non sono solo un atto di accusa contro questa classe politica e il sistema capitalistico. Da quanto si evince dai messaggi lasciati, Angelo era una persona impegnata politicamente. Ebbene questa vicenda segnala drammaticamente la totale assenza di serie proposte politiche alternative al massacro sociale perpetrato dalla famiglia Addams col consenso del trio Berlusconi-Bersani-Casini; proposte politiche che offrano perlomeno un concreto barlume di speranza di cambiamento a quella parte del popolo italiano sfruttata, tartassata e indotta al suicidio.

********************

Mi-To

I vecchi torinesi si lamentavano del fatto che la prima capitale d’Italia è stata da sempre scippata delle sue prerogative, delle sue invenzioni, delle sue iniziative: le cose nascevano a Torino, ma poi Roma, ma soprattutto Milano, se le accaparravano. La capitale, la moda, la radio, e in ultimo il tentativo sinora sventato di trasferire anche il Salone del Libro nella capitale lombarda.

Nel sommario elenco citato ci si dimentica sempre di ricordare un altro primato che la prima capitale d’Italia poteva vantare fino a poco tempo fa e che gli è stato strappato. Siamo nel 1984 quando a seguito di una denuncia alla Procura della Repubblica da parte di un imprenditore, denuncia sollecitata dall’allora sindaco di Torino Diego Novelli, viene alla luce tutto un giro perlomeno decennale di tangenti legate agli appalti degli Enti Locali. Le tangenti prosperavano in tutta Italia, ma furono le confessioni del geometra torinese Adriano Zampini a rivelare nomi, cognomi e i metodi ancora pionieristici delle tangenti, perlomeno quelle torinesi. Torino insomma  fece da battistrada a Tangentopoli e qualche buontempone scrisse che era partita la Torino-Roubaix.

Anche i successivi progressi del sistema tangentizio sono stati concepiti a Torino. Non più soldi diretti, ma scambi di favori, nel caso di Torino, arbitrali: tu hai un occhio di riguardo per la mia squadra e io ti faccio arbitrare tante partite. Al giorno d’oggi siamo arrivati al massimo della raffinatezza perché c’è chi riceve denaro senza saperlo, ma questo estremo perfezionamento del meccanismo non nasce già più a Torino. Dopo Calciopoli, Torino sparisce addirittura dalla classifica, perdendo il suo primato più che decennale che passa a Milano. Non che manchino le occasioni a Torino, perché il giro di soldi non è indifferente fra Olimpiadi e TAV, ma fortunatamente gli amministratori torinesi sono tutti onesti, neanche un Aperol con la scorza di limone. Meglio così.

A Milano invece si è scatenato il finimondo con avvisi di garanzia che viaggiano ad alta intensità, tanto che qualcuno per evitare la mancanza del numero legale ha proposto di indire le riunioni del consiglio regionale nel carcere di Opera. Oltretutto, in tempi di spending review, si risparmierebbero le spese del Pirellone.

Torino mantiene però saldamente la testa della classifica quale Comune più indebitato d’Italia, dopo che Chiamparino, il sindaco più amato dagli italiani, si è sputtanato un casino di soldi per le Olimpiadi invernali del 2006. E mentre i torinesi stanno pagando i suoi debiti, siede comodamente sulla poltrona della Compagnia di San Paolo. 

Infine Torino è in lotta con Roma per la vetta della classifica dello smog presente in città. E pensare che per anni i Verdipercaso hanno governato con le giunte di centrosinistra. E’ evidente che essendo impegnati a tempo pieno a presidiare le loro poltrone nelle istituzioni non avevano il tempo di occuparsi anche dell’ambiente.

********************

La fantasia al potere

Nella prima repubblica il compito dell’elettore era assai facilitato perché già dai nomi dei partiti anche un cittadino politicamente disattento poteva intuire con buona approssimazione i loro programmi, le loro finalità. Almeno fino agli anni Sessanta il partito comunista propugnava il comunismo, quello socialista il socialismo, il PDIUM chiedeva il ritorno della monarchia, il PLI si rifaceva al liberalismo, la Democrazia poteva essere Cristiana e in seguito, in alternativa, anche Proletaria, eccetera. Solo il partito erede del fascismo fu costretto dalla Costituzione a non chiamarsi esplicitamente fascista.

Nella seconda repubblica, non essendoci più prospettive diverse dal capitalismo, ed essendo l’Italia un paese a sovranità limitata anzi praticamente inesistente, i partiti cercano di differenziarsi agli occhi degli elettori  su questioni marginali, come ad esempio ultimamente sul matrimonio gay. Oppure per darsi una verniciata di antagonismo, si insultano e cercano consenso adoperando ancora categorie dello scorso secolo. Cosicché Berlusconi chiamava comunisti tutti i suoi avversari compresi i giudici che lo accusavano. E Bersani ancora oggigiorno accusa di fascismo Di Pietro e Grillo dopo che lui e il suo partito hanno votato assieme agli ex fascisti tutti i provvedimenti più antipopolari del governo Monti (art. 18, riforma delle pensioni, eccetera).

Oggi i nomi dei partiti sono di pura fantasia e non hanno nulla a che vedere con i contenuti e le pratiche conseguenti, e sovente ci si affida ad esperti per lanciare un nuovo prodotto politico, come per un dentifricio o un detersivo. Al confronto, il noto “VotAntonio. Vota Antonio La Trippa. Italiani votate La Trippa” era una cosa seria. Ad esempio, il nuovo partito di Gianfranco Fini, Futuro e Libertà, evoca gli stessi concetti spaziali e valoriali che si riscontravano nella pubblicità del famoso shampoo Libera e Bella, “la nuova frontiera della colorazione per conferire ai capelli colori naturali e luminosi, riflessi brillanti, morbidezza e vitalità”.

Il primato della contraddizione tra il dire e il fare resta e resterà ancora per chissà quanto tempo saldamente nelle mani di Fausto Bertinotti che con dura e diuturna fatica riuscì nella ciclopica opera di trasformare il partito della Rifondazione Comunista in partito della Demolizione Comunista. A battere il record ci sta provando con buoni risultati Nichi Vendola.

Il presidente Vendola deve essersi ispirato alla Tiella, noto e prelibato piatto della migliore tradizione culinaria pugliese (Riso, Patate, Cozze), per cucinare il nome del suo partito, Sinistra, Ecologia, Libertà. Il problema è che gli ingredienti del presidente non si amalgamano. Sinistra è ormai un termine che mantiene un significato preciso solo nel codice della strada, e  libertà è una parola che non ha un significato univoco. La parola ecologia, invece, ha un significato preciso, ma che ci azzecca col partito di Vendola?

A Torino, la città col primato dello smog, SEL appoggia il sindaco Fassino che com’è noto è anche un ultas SiTAV. In Puglia, poteva Vendola non sapere che l’ILVA di Taranto era da tempo una fabbrica di tumori, che migliaia di capi di bestiame che pascolavano nei dintorni della fabbrica dovevano essere abbattuti e che i cozzari erano stati trasferiti lontano dall’ILVA? La risposta ovvia è no, non poteva non sapere, anche perché le inchieste della magistratura e i rapporti puntuali dei carabinieri erano inequivocabili sulla mortale nocività della fabbrica. 

In vista dell’imminente scadenza naturale della legislatura e per cercare di contenere l’avanzata di movimenti che non si riconoscono nella finta contrapposizione centrodestra-centrosinistra, i partiti  favoriscono la nascita di nuove formazioni espressione della cosiddetta “società civile”. Si tratta ovviamente di una evidente mistificazione, con la quale i partiti si danno una riverniciata accontentando così anche le rimostranze di qualche intellettuale fiancheggiatore o le loro clientele “impegnate” nel “sociale”.  E’ il caso dell’ALBA o della nuova lista dei sindaci che nascerà fra qualche settimana, ma di cui è ancora sconosciuto il nome.

Ma finalmente è nato il Partito della Rivoluzione! Questo nuovo partito si colloca nell’area di centrodestra in continuità con le pratiche berlusconiane del bunga-bunga e del burlesque perché propone l’abolizione della legge Merlin e la riapertura dei bordelli. Lo ha fondato a Milano a metà luglio il critico d’arte Vittorio Sgarbi. Fra i sostenitori presenti al vernissage, il noto avvocato Carlo Taormina e il principe Sforza Ruspoli che al termine della presentazione ha dichiarato: “Anche lo spirito santo sarà con noi” (Corriere della Sera, 15 luglio 2012). La prima figura della SS. Trinità se la erano accaparrata tutti coloro che volevano giustificare guerre d’aggressione (Dio è con noi),  Gesù Cristo com’è noto fu il “primo socialisto”, la terza persona trova finalmente una sua collocazione più o meno politica, ma dubito che questa sua sistemazione terrena sarà gradita dai suoi fan.

********************

Bhopal, Italia

La vicenda dell’ILVA di Taranto si colloca al terzo posto nella classifica dei disastri umani e ambientali avvenuti in Italia, subito dopo le due guerre mondiali del Novecento. E, in quanto alla dimensione, può essere senza dubbio paragonata al disastro provocato dalla statunitense Union Carbide a Bhopal in India il 3 dicembre 1984.

Se si vogliono chiamare le cose con il loro nome, per l’ILVA bisogna parlare di omicidio plurimo a scopo di lucro, la peggiore forma di omicidio. Non si metteva in sicurezza la fabbrica per estorcere più profitto. Al proposito i rapporti dei carabinieri e le sentenze dei magistrati parlano chiarissimo. E i controllati corrompevano i controllori per evitare di fare costose operazioni di bonifica. Di quanto sopra ne erano al corrente tutti, istituzioni nazionali, locali, sindacati e forze politiche, ma tutti tacevano.

Se fossimo il “paese normale” che la “sinistra” invocava quando governava Berlusconi, la famiglia Riva andrebbe condannata immediatamente ai lavori forzati in condizioni ambientali simili a quelle dell’ILVA; tutto il loro patrimonio dovrebbe essere sequestrato per risarcire le vittime, i loro parenti, la città di Taranto, gli altri imprenditori che hanno subito danni alle loro attività e per mettere in massima sicurezza la fabbrica. Ma questo non avverrà e la bonifica dell’ILVA, se sarà eseguita parzialmente o totalmente, sarà in gran parte a carico dei contribuenti.

L’ILVA non è solo lo specchio di un paese post-industriale e post-democratico alla deriva. L’ILVA ci rivela anche il nostro futuro. Lo si ricava dalle dichiarazioni con le quali il ministro Corrado Clini, quello “che sta all’ambiente come Provenzano sta alla lotta alla mafia”, commentava il provvedimento del magistrato di Taranto Patrizia Todisco: “E’ a rischio l’intero sistema industriale: potrebbe allontanare chi dall’estero volesse investire in Italia” (Corriere della Sera, 15 agosto 2012).

Insomma per rendere il paese più attraente per gli investitori nostrani ed esteri occorre neutralizzare la magistratura estremista, essere meno intransigenti con le misure di sicurezza sul lavoro, anche se dovesse esserci qualche caso in più di tumore cosa sarà mai a fronte della creazione di posti di lavoro a salari da fame? Questo è il futuro che la giunta Monti-Napolitano assieme ai loro compagni di merende del PDL, UDC, PDmenoL, SEL e col consenso dei sindacati collaborazionisti stanno cucinando per i nostri figli.

Mi spiace, ma su questo argomento non riesco proprio a fare battute spiritose. Que se vayan todos.

Torino, 31 agosto 2012
Cesare Allara