L’instabilità continua e lo spazio per la rivolta popolare cresce

Era stato chiesto al grande scrittore Leonardo Sciascia di trovare una parola, un solo aggettivo che riassumesse la Sicilia. “Irredimibile” rispose questi. E’ davvero cosi? Hanno queste elezioni fatto sperare che qualcosa possa cambiare in una terra dalle ataviche abitudini, dure a morire?

E’ davvero cambiato qualcosa in Sicilia? Il Movimento 5 Stelle incarna veramente quel terremoto da tanti atteso o scongiurato, a seconda dei casi? Fatto sta che, ad una settimana dal voto per le regionali, Crocetta è il nuovo presidente dell’Assemblea regionale, il primo non direttamente collegato al centrodestra. A votarlo, però, sono stati poco più del 15% degli aventi diritto, mentre Cancelleri si è attestato al terzo posto dopo Crocetta e perfino Musumeci, con circa il 7% degli aventi diritto.

Il voto di domenica scorsa, sancisce un unico vincitore: l’astensione. Più del 53% dei siciliani sono rimasti a casa. Rispetto alle regionali 2008 ha votato quasi il 20% in meno. E’ un dato incredibile, una percentuale più alta del previsto, a dimostrare come la disaffezione alla politica ufficiale sia ormai giunta a livelli patologici: il numero dei votanti è precipitato nonostante la presenza di forze di protesta quali il Movimento 5 Stelle e il Movimento dei Forconi; da notare che le percentuali di affluenza sono state più basse proprio nelle province occidentali, in cui i grillini hanno ottenuto le prestazioni migliori.?Ciò ha implicazioni molto pesanti, neppure Grillo è riuscito davvero ad avvicinare la gente comune alla politica.

Dunque: dalle urne emerge come primo partito il Movimento cinque stelle con il 14,89%, ma il candidato alla presidenza non ce l’ha fatta, il dato eclatante sarebbe stato proprio la vittoria del grillino. Abbiamo poi il Pd al 13,43 % (5 punti in meno del 2008!) con Crocetta vincitore con l’appoggio determinante dell’Udc (al 10,85%). C’è poi il Pdl che in barba alla clamorosa debacle del 12,91 %, ha ottenuto 12 seggi. L’ex Mpa di Lombardo, al 9%, e Grande Sud, al 6%, hanno rispettivamente 10 e 5 seggi. Entrambi a sostegno dell’ex Forza Italia Miccichè.

Ricordiamo che nelle liste di Crocetta, Musumeci e Miccichè c’erano ben 34 “incandidabili”, tra indagati e condannati, e che 9 di questi ce l’hanno fatta. Il sindaco antimafia di Gela inizia a governare con un bel biglietto da visita!

Rimangono fuori dall’Ars, a causa dello sbarramento del 5%, Sel, Fds, Verdi, Idv,  Fli, il Popolo dei Forconi di Mariano Ferro e il Partito comunista dei lavoratori e diversi altri (tra cui, massimamente trombati, i fascisti di Forza nuova che sostenevano la lista “Rivoluzione siciliana” di Cateno De Luca)

Continuità o cambiamento? Saranno in grado le uniche new entry del M5S a rivoltare il palazzo? A rompere la continuità con i precedenti governi? Altamente improbabile. Resta il fatto che Crocetta e il centro-sinistra non hanno la maggioranza, che il loro governo è appeso ad un esile filo, che quindi avremo una Sicilia più instabile che mai.

Noi abbiamo sostenuto i Forconi di Mariano Ferro, ben sapendo che sarebbe stato difficilissimo superare lo sbarramento del 5%. Lo abbiamo fatto, anche se  avremmo preferito da parte loro una posizione astensionista, considerando che un movimento come quello dei Forconi, autentica espressione di una protesta sociale slatentizzata, non aveva la strutturazione organizzativa adeguata né i mezzi finanziari per affrontare i nemici in campo elettorale.

I Forconi non hanno avuto un successo elettorale, ma nemmeno sono stati uccisi dai risultati. Mariano Ferro ha ottenuto, senza mezzi, col boicottaggio dei media, malgrado il ciclone astensionista e l’uragano Grillo, 31.390 voti, l’1,55%.  Tanto per dire: sette volte più voti del candidato del Pcl, oppure tre volte in meno della candidata unitaria di Idv, Sel, Fds e Verdi. Ma dietro all’1,55% si celano comuni rurali in cui i Forconi hanno sfiorato il 10%, in alcuni casi andando oltre. Si tratta di alcune zone della Sicilia orientale, non a caso dove la rivolta di gennaio fu più dura e di massa. Per fare degli esempi: Paternò, Caltagirone, Belpasso, Acireale, Scordia nel catanese; Avola (qui oltre il 18%), Rosolini, Siracusa città, nel siracusano; Modica, Ispica, Pozzallo, Scicli e Vittoria e Ragusa città nel ragusano; San Cataldo, Gela, e Caltanissetta città nel nisseno; per finire con Campobello di Licata nell’agrigentino.

Adesso, a elezioni terminate, comincia il bello. I Forconi si trovano, visti i modesti risultati elettorali, davanti ad un bivio: o dar vita ad un altro minuscolo partito del 2% che si mette a fare la politica politicante, o risorgere come movimento popolare di protesta, a rappresentare la volontà di rivolta che cova in ampi settori del popolo di Sicilia.

Se imboccano, come ci auguriamo, questa seconda via, i Forconi non possono più limitarsi a fare rivendicazioni per quanto giustissime, a favore dell’isola. La Sicilia è sull’orlo dell’abisso, rischia di saltare per aria, ma non è staccata dal resto dell’Italia, non è fuori dall’Europa, non è immune dalle decisioni prese dalle tecno-oligarchie, non è estranea alla crisi finanziaria del capitalismo-casinò. Il contesto è questo, e su questo i Forconi dovranno fare un salto, elaborare una linea d’azione che tenga assieme chiarezza strategica e vicinanza ai settori popolari falcidiati dalla crisi.

A breve ci sarà un’assemblea in cui faranno il punto della situazione. Sapranno guardare lontano? Sapranno vedere la necessità di una analisi più profonda e di una visione ad ampio raggio? Lo speriamo, e in questo caso essi meritano l’appoggio dei rivoluzionari.

E’ vero che Sciascia definì “irredimibile” la Sicilia, ma è anche vero che aggiunse alla sua definizione, a mo’ di commento: «Comunque bisogna continuare a lottare, a pensare, ad agire come se non lo fosse».

da Sollevazione