Italia, 14 novembre: un potere che ha molta più paura di quanto si pensi

Nella mobilitazione contro le politiche imposte dall’Europa, l’Italia è stata finora buon ultima tra i paesi mediterranei massacrati dagli eurocrati di Bruxelles e Francoforte. L’onda lunga di un trentennio di letargia non si è ancora spenta, ma siamo sempre stati fiduciosi sul risveglio. Le manifestazioni di oggi, in tante città del Paese, sono decisamente un buon segnale, anzi un ottimo segnale.

Condividiamo in pieno il giudizio espresso da Giorgi Cremaschi a nome del Comitato No Debito: «Abbiam vissuto una mobilitazione enorme di fronte alla quale è inaccettabile la Roma blindata e il blocco degli accessi al Parlamento, davanti al quale si deve essere liberi di manifestare. Esprimiamo solidarietà agli studenti e a tutti i manifestanti di questa grande giornata di lotta e condanna delle cariche della polizia che confermano che il governo Monti usa la repressione contro la protesta sociale, come tutti i governi europei sottoposti alla dittatura delle banche e della finanza».

Il fatto che i giovani rientrino in campo ha un’importanza decisiva. Certo, non possiamo ora sapere quanto saprà svilupparsi questo movimento, ma il potere – e in particolare il governo messo lì dai signori della finanza – ha colto immediatamente le sue potenzialità. Per questo sono arrivate puntuali le cariche e le manganellate.

La lotta contro la macelleria sociale in corso non sarà una passeggiata, quella per rovesciare una politica che vuol scaricare la crisi sul popolo lavoratore non sarà un pranzo di gala. Un potere incapace di prospettare un qualsiasi futuro per le nuove generazioni, che non sia la precarietà a vita, per giunta da accettarsi senza protestare e, come ha detto senza pudore l’odiosa Fornero, senza essere «choosy». E’ questo potere che ha deciso scientemente di rispondere da subito con la repressione.

Le immagini della giornata, specie le manganellate tanto al volto che alle spalle della manifestazione di Roma, hanno mostrato con chiarezza quali ordini avesse la polizia della signora Cancellieri. Ma anche di fronte a queste immagini, i dirigenti del centrosinistra (si chiama ancora così?), hanno dimostrato di avere ormai perso il senso del ridicolo. Per Bersani «la violenza» – ovviamente quella dei manifestanti, che di quella della polizia non si parla – «oscura i motivi della protesta». Già, e se non li avesse «oscurati», lui cosa avrebbe fatto, avrebbe tolto l’appoggio al governo contro il quale manifestavano i giovani? Ma per favore! Che almeno se ne stessero zitti. E invece no, a partire dal ciarlatano pugliese che lo fiancheggia alle primarie: «la violenza» – inutile dirlo, sempre e solo quella degli studenti – «opacizza una giornata straordinaria». Ah, come sarebbero straordinarie certe giornate se al posto del conflitto vi fossero solo le ciance di Vendola…

Ma torniamo alle cose serie. Questo 14 novembre ci dice almeno tre cose. La prima è che forse la morta gora sta per finire. La seconda è che i giovani saranno i protagonisti di questo risveglio. La terza è che, se il potere politico userà come sempre tutte le armi in suo possesso, adesso sarà proprio la carta della repressione la prima ad essere giocata.

Naturalmente siamo solo agli inizi. Vedremo ora se le mobilitazioni si svilupperanno in maniera lineare, o seguiranno piuttosto un altalenante andamento carsico. In ogni caso non crediamo che si tratti di un fuoco di paglia. Bisogna dunque stare con questo movimento, non solo perché mosso da giuste rivendicazioni, non solo perché espressione di un malessere sociale sempre più profondo, ma perché solo con le energie delle nuove generazioni sarà possibile guardare con realismo alla prospettiva della sollevazione. Queste energie saranno decisive, non soltanto per un fatto biologico, ma anche perché solo chi non si sente psicologicamente «sconfitto» (come nel caso del grosso della generazione post-sessantottina) può credere davvero alla vittoria.