Jim Reid di Deutsche Bank presenta uno scenario europeo da incubo, che la BCE non sarebbe in grado di prevenire

Riprendiamo da Voci dall’estero un commento di Business Insider sull’Outlook 2013 di Deutsche Bank, che prevede una crisi tutt’altro che alla fine.

da Business Insider
(traduzione Voci dall’estero)

L’esito più importante del meeting di ieri della Banca Centrale Europea è stato un significativo downgrade delle proiezioni della BCE sulla crescita del PIL e sull’inflazione nella zona euro nel corso del 2013.

Da quando la BCE ha introdotto nel mese di agosto le sue “Outright Monetary Transactions” (OMT), il suo programma d’intervento sul mercato obbligazionario, la volatilità dei mercati si è quasi completamente fermata, e nel corso della seconda metà dell’anno i rendimenti dei titoli di Stato sono diminuiti costantemente.

Questi sviluppi hanno posto chiaramente l’accento della crisi dell’euro sulla questione della crescita: l’OMT della BCE ha sufficientemente rimosso dai mercati finanziari i rischi per il prossimo futuro e questo, quindi, dovrebbe consentire ai politici di concentrarsi sulle misure volte a rilanciare la crescita economica nell’area dell’euro.

Secondo tale visione del mondo, la maggior parte degli strategist si aspetta per il 2013 nella zona euro dei rendimenti ancora più bassi e un corso azionario ancora più elevato, con l’area valutaria che secondo le tendenze attuali “procede” in una lieve recessione.

Nel suo outlook 2013, dal titolo significativo In Authorities We (have to) Trust, il credit strategist di Deutsche Bank Jim Reid mette in luce un problema insito in questa interpretazione: la crisi della crescita e la crisi del mercato sono indissolubilmente legate, e la BCE in realtà ha fatto poco per cambiare la situazione.

In realtà, Reid sostiene che sono stati i dati economici deludenti – l’unica cosa apparentemente al di fuori del controllo della BCE – che hanno spinto gli ultimi due principali sell-off nei mercati europei.

Gli ultimi due grandi catalizzatori del rischio sovrano europeo sono stati proprio le delusioni sulla crescita.
Nel mese di luglio 2011, la svendita selvaggia dei titoli Italiani è culminata con le dimissioni di Berlusconi, l’ascesa di un governo tecnocrate, e un paio di mesi dopo il primo dei due massicci LTRO della BCE. E’ poi seguito un periodo di calma di 3-6 mesi in cui i mercati aspettavano pazientemente (ma aspettavano) una ripresa della crescita effettiva dopo il ritorno alla stabilità.

La crescita non si è concretizzata, ci siamo mossi verso il Q2 2012 e il sell-off è tornato a vendicarsi sui titoli italiani e spagnoli, a corsi così bassi come non si vedevano da oltre un decennio. I rendimenti dei titoli a 10 anni nei due paesi hanno superato il 6,5% e il 7,5% rispettivamente. La BCE è infine arrivata in soccorso con la promessa del suo programma OMT, innescando il rally sui periferici a rischio e sui mercati globali in generale.

Quindi, quali sono i catalizzatori per un ritorno delle turbolenze nei mercati finanziari in Europa nel 2013?
Reid mette in evidenza tre questioni principali.

Per iniziare, i titoli azionari europei – e i titoli azionari nei mercati di tutto il mondo, del resto – sono notevolmente sopravvalutati e hanno un sacco di spazio per scendere al ribasso.

Il secondo problema è l’austerità. La maggior parte dei commentatori scontano che le misure di austerità pesino sulla crescita economica nel breve periodo, e i governi della zona euro stanno procedendo comunque con i piani di risanamento fiscale.

A peggiorare le cose, però, il FMI ha recentemente concluso che “il moltiplicatore fiscale”, ossia di quanto si contrae la crescita economica per ogni dollaro di aumenti delle tasse e tagli alla spesa attuati dal governo, è molto più elevato rispetto a quanto stimato in passato.

La rivelazione del FMI aiuta a spiegare il terzo problema: vale a dire, che i governi hanno formulato delle previsioni economiche troppo elevate e quindi non sono riusciti a raggiungere i loro obiettivi, e più si va indietro negli anni, meno tali previsioni si sono rivelate fondate.

Questo quadro di crescita instabile porta Reid a lanciare l’allarme per “momenti di enorme risk-off” che potrebbero materializzarsi in Europa nel 2013.

Il motivo: le preoccupazioni sulla solvibilità tornano alla ribalta, e Reid non vede il programma OMT della BCE come una soluzione per i timori che si presentano nel mercato:

«Nel 2012 la BCE ha prevenuto la crisi finanziaria annunciando la sua intenzione di acquistare obbligazioni a breve termine dei paesi in difficoltà attraverso il programma OMT. Si è trattato di un enorme passo avanti da parte della BCE, ma rimane uno strumento di liquidità e non una soluzione alle preoccupazioni di solvibilità che ci possano essere in futuro. Per farlo funzionare con successo nel medio termine, deve essere provato che nei paesi più vulnerabili la crescita può stabilizzarsi e quindi mostrare segni di ripresa».

«Se vedremo qualche segno di questo nel 2013, allora la crisi europea continuerà a restare in sospeso. Tuttavia, la nostra paura è che se gli economisti di nuovo sotto-stimeranno le conseguenze negative sulla crescita di questa crisi e dell’austerità nei paesi più vulnerabili, allora è possibile che si possano riaffermare le preoccupazioni sulla solvibilità anche in presenza di un programma di liquidità operativo».

Reid continua:

«Il programma è uno schema di liquidità condizionale e se i termini non sono rispettati (per qualsiasi ragione) o ci sono dubbi nel 2013 sulla solvibilità di un qualsiasi paese europeo a causa della sua debole crescita, è improbabile che sia sufficiente per prevenire una svendita dei titoli periferici a più lunga scadenza e una generale avversione al rischio che potrebbe richiedere livelli di intervento ancora più straordinari da parte della banca centrale per evitare l’impensabile».

Riassumendo:

«Le valutazioni degli spread sono ancora ragionevoli se le aspettative di default rimangono basse come sembra probabile, ma c’è da attendersi un sell-off entro la metà dell’anno se la crescita ristagna, come noi ci aspettiamo. Probabilmente questo porterà le autorità ad intervenire e ci sarà un’opportunità di acquisto. Uno schema del genere probabilmente si ripeterà molte volte in poco tempo prima che questa crisi sia davvero finita».

«Sarà difficile valutare volta per volta il punto in cui ci troveremo durante questi mini-cicli nel 2014, ma pensiamo che, come la debolezza dei fondamentali macroeconomici continuerà nonostante gli straordinari interventi monetari, queste profonde oscillazioni del mercato saranno dominanti».

In breve, Deutsche Bank ritiene che la crisi sia tutt’altro che finita, e l’Europa è probabile che attraverserà nel 2013 una fase molto peggiore che nel 2012.