Il macellaio sarà macellato – E così sia

«Prepariamoci dunque ad entrare in un periodo di forte instabilità politica, di nuovi scompaginamenti, di sconquassi istituzionali e, quel che più conta, ad un risveglio generale del popolo lavoratore. La rabbia che si riverserà nelle urne, sommata a quella che sceglierà l’astensione, non tarderà a manifestarsi nelle piazze e nelle strade».

Non tutto il male viene per nuocere. Va anzi benissimo che il Quisling Mario Monti, dopo tanta fastidiosa melina, invece di togliersi dalle palle, abbia rotto gli indugi ricandidandosi  a guidare il governo. Riceverà una batosta memorabile — malgrado, come noi avevamo previsto, abbia paraculescamente evitato sia di candidarsi in prima persona (cosa che poteva fare dimettendosi da senatore a vita) sia di far mettere sulla scheda il suo nome.

E’ anche per questo che organi di stampa come il Corriere o Repubblica, contrariamente a quanto il Quisling poteva aspettarsi, non esultano affatto e mettono in risalto l’opaca ambiguità con cui il Nostro ha giustificato la sua decisione. Perché il Monti ha dato sì la sua disponibilità, ma in una maniera pelosa, lasciando aperta la porta ad un suo passo indietro.

Si capisce che Monti ha preso questa decisione controvoglia. E non solo perché andrà incontro a sconfitta certa — la coalizione centrista che metterà assieme, ben che vada, prenderà un 15% dei voti, ovvero potrebbe essere scavalcata dal Pd, dai berluscones e addirittura dai grillini. I suoi sodali sono una vera e propria Armata Brancaleone, un’accozzaglia in cui gli ittiosauri democristiani, forti della benedizione della Cei, la faranno da padroni. Il Monti ha pensato bene di cautelarsi scolpendo come le Tavole delle Legge la sua “agenda” liberista. I buoni vecchi dorotei ovviamente dicono di abbracciarla in toto, ma mentono. Essi lo hanno invocato come il loro condottiero non perché condividano le sue indigeste terapie liberiste ma solo come paravento, come siero salvifico per perpetuare la loro razza.

Si capisce il mal di pancia dei borghesi montiani convinti. Essi contestano che, per la modalità pasticciata che ha scelto nello scendere in campo, l’Unto si è di fatto messo nelle condizioni di essere ostaggio dei giochi e delle trame dei soliti notabili politici alla Casini. Avrebbero preferito da Monti una scelta netta; che egli avesse dato vita ad un suo partito e che questo non si fosse sottratto alla prova elettorale.

Monti sa anche benissimo che il Pd vincerà le prossime elezioni, che quindi sarà Bersani a dare le carte per formare il prossimo governo, che quindi lui non sarà il dominus ma, al massimo un primus inter pares. Monti può scordarsi di fare il Primo ministro, al massimo, se il Pd non avrà una maggioranza anche al Senato e fosse costretto, per formare il governo, a coalizzarsi con l’accozzaglia montiana, dovrà accontentarsi di un ruolo di secondo piano. La qual cosa cozza con la sua megalomania.

Chi glielo ha fatto fare, dunque, di rinunciare al Quirinale, per accettare il modesto ruolo di comparsa? Più che le pressioni interne hanno pesato quelle esterne. Non lo chiamiamo Quisling per caso. Monti scese in campo un anno fa come garante dei potentissimi poteri finanziari globali, come emissario e proconsole non solo della Bce e degli azionisti di maggioranza dell’Unione (Germania e Francia), ma pure della Casa Bianca.

Le stesse potenze che gli hanno assicurato il pieno sostegno gli hanno imposto di ricandidarsi, e il Nostro non ha potuto tirarsi indietro, come avrebbe preferito, ben conoscendo, Lui, il marasma vischiosissimo della politica italiana. Ma per quelle potenze sistemiche poco conta la sorte personale di Monti. Esse lo hanno gettato nell’arena come una cartina di tornasole, vogliono verificare che aria tiri davvero in Italia proprio per capire che pesci debbono pigliare. Monti è proprio questo: una pistola puntata sul nostro paese e sul popolo lavoratore italiano. La finanza predatoria globale ci sta dicendo questo: o mangiate questa minestra (macelleria sociale austeritaria di lungo periodo) o saltate la finestra e vi spingiamo sull’orlo del default.

I mandanti di Monti hanno evidentemente già messo nel conto che gli italiani infliggeranno una batosta al loro curatore fallimentare e stanno già affilando le armi per stringerci un cappio al collo, non solo risfoderando l’arma di distruzione di massa dello spread.

Non restano che due possibilità: o si accetta questo ricatto o lo si respinge. E gli italiani, ne siamo certi, lo respingeranno. Le prossime elezioni, se hanno un significato, saranno infatti un referendum pro o contro Monti. Punendo Monti i cittadini daranno una botta al montismo, a coloro che lo hanno sostenuto nell’ultimo anno e che hanno portato il paese allo sfascio e milioni di italiani sulla soglia del baratro. La stessa eventuale vittoria del Pd, a fronte di una contestuale batosta dei “montani doc”, sarà un funesto presagio — così si spiega la perentoria richiesta di D’Alema, rivolta a Monti, di tenersi fuori dalla mischia, dato che ciò contribuisce a fare di queste elezioni una specie di referendum pro o contro il tecnico che mette in ambasce gli stessi democratici. Con che faccia, se il macellaio Monti verrà macellato, Bersani verrà a dirci che occorrerà perseguire la strada dell’austerità penitenziale?

Prepariamoci dunque ad entrare in un periodo di forte instabilità politica, di nuovi scompaginamenti, di sconquassi istituzionali e, quel che più conta, ad un risveglio generale del popolo lavoratore. La rabbia che si riverserà nelle urne, sommata a quella che sceglierà l’astensione, non tarderà a manifestarsi nelle piazze e nelle strade.

Così sia.

da SollevAzione