Se i sondaggi danno Monti al quarto posto

Doveva spaccare il mondo e invece si spaccherà solo le corna. Non è passato neanche un mese dalla sua «salita» in politica, una specie di ascensione in cielo benedetta dalla Curia e dalla Banca, e tutto è salito fuorché i suoi consensi.

Eravamo stati facili profeti. Non sarà un caso se in Italia non è mai esistito un partito borghese di massa. La reazione al pericolo rosso ebbe bisogno del fascismo, la stabilizzazione post-bellica della Democrazia Cristiana, mentre il confuso ventennio che ormai ci separa dalla fine della Prima Repubblica ha avuto diversi interpreti, ma – come nei casi precedenti – niente che somigliasse ad un partito conservatore di stampo europeo.

Nei pensatoi altolocati pensavano che questa potesse essere davvero la volta buona. Partiti tradizionali in disfacimento, crisi del berlusconismo manifesta, assenza di leader credibili, appoggio dei poteri forti nazionali ed internazionali, sostegno pressoché unanime della grande stampa: cosa potevano avere di più?

Muniti di tutto ciò, e confortati dalle parole d’Oltretevere, si erano persuasi di poter sbaragliare il campo. Tanto ne erano convinti, che mentre «salivano» si richiamavano al precedente di colui che vent’anni fa «discese» in campo, con una terminologia un po’ più modesta ma risultati assai più brillanti.

Cosa manca a Monti per realizzare l’exploit in cui aveva certamente sperato? Berlusconi direbbe forse ciò che ha detto a proposito di Alfano, e cioè che li manca un quid. Noi, più semplicemente, rileviamo che gli manca il consenso. Senza il quale, dettaglio fastidioso per chi è abituato ad ergersi sempre al di sopra del disprezzato popolo, non si vincono le elezioni.

Ora, i sondaggi vanno certo presi con prudenza, ma la soglia massima del Salvatore della Bocconi pare ormai essere quella del 15%. Eppure un mese fa sembrava già raggiunto il 20%, ottima base di lancio per chissà quali prodezze. E mentre tutti i principali mezzi di informazione accreditavano l’idea del possibile sfondamento, gli italiani (almeno quelli consultati dagli istituti demoscopici) restavano più che freddi, gelidi.

La panzana del consenso popolare per Monti, diffusa a piene mani da oltre un anno per giustificare il golpe del novembre 2011, si è sciolta così come neve al sole. E la scelta di misurarsi direttamente sul terreno elettorale si rivelerà un autentico autogol.

Tra i candidati premier Monti viene dato oggi per quarto, dietro a Bersani, Berlusconi e Grillo. Immaginatevi cosa ne penseranno a Washington e Berlino: quarto, e per giunta dopo un politico comico ed un comico politico… Tra i partiti della coalizione montiana l’Udc crollerebbe al 4%, mentre la finiana Fli sarebbe all’1% e dunque fuori dalla Camera. Questi partitucoli alleati sono tuttavia più radicati della presuntuosa «Lista civica» montiana, tant’è che le firme per presentarsi gliele ha raccolte il tanto disprezzato Cesa…

Al di là delle diversità tra il Berlusconi 1994 e il Monti 2013, la differenza politica è sostanzialmente una: il primo copriva un vuoto politico reale, il secondo si candida solo come garante di quelle oligarchie dominanti che hanno già tanti servitori, ma che non si fidano mai abbastanza di nessuno.

Proprio per questa sua funzione – e nonostante l’insuccesso elettorale che si profila – Monti continuerà certamente ad avere un ruolo importante anche nella prossima legislatura. Ce l’avrà, però, come nominato di Obama e della Merkel, non come eletto dai cittadini italiani. Niente di nuovo, si dirà, rispetto a quel che è avvenuto fino ad oggi.

Niente di nuovo, certo. Una bella conferma, però, della debolezza del montismo. Una debolezza che non diventerà forza alleandosi con il centrosinistra. Costoro metteranno comunque in piedi un governo. Ma ben difficilmente quel governo avrà la forza di reggere le future tempeste. In alto lo sanno e sono preoccupati. Qualcuno si è accorto di come la stampa montista abbia ormai abbandonato il trionfalismo di dicembre, per ripiegare sul ben più misero obiettivo di «condizionare» il già condizionatissimo Bersani?

Quel che è male per loro, è bene per il popolo lavoratore. Ecco una ragione di ottimismo nel grigiore di una grigia campagna elettorale d’inverno, dove grigi politicanti e grigi tecnocrati trattano gli equilibri del futuro governo, quello che dovrà gestire la prosecuzione del massacro sociale targato Europa.

Le cose per ora non gli vanno troppo bene. Che gli vadano del tutto di traverso!