Sicilia: la lotta continua

7 marzo. Sicilia. La situazione sociale è più drammatica di prima. Il movimento dei Forconi, ad un anno dalla grande rivolta del gennaio 2012, ritorna sulle strade. A mezzanotte del 10 marzo prossimo daranno vita a presidi di massa che potrebbero trasformarsi in veri e propri blocchi, come quelli dell’anno passato.

Il movimento dei Forconi: «Abbiamo sbagliato, la lotta è l’unica via»

Se credevate che fossero spariti, vi siete sbagliati. Certo, hanno subito una battuta d’arresto dopo il tentativo elettorale in occasione delle regionali dello scorso ottobre — proprio quelle che segnarono la clamorosa vittoria dei Beppe Grillo e di M5S. Segnalo quanto scrivemmo a bilancio subito dopo: Un giudizio sulle elezioni siciliane.

I Forconi, dopo la rivolta del gennaio 2012, sulla scia del Movimento dei pastori sardi (coi quali sono sempre in strettissimo contatto) hanno tentato di trasformarsi in vero e proprio movimento politico, ponendosi come aggregatore di un più vasto fronte sociale — anche qui sull’esempio sardo della Consulta rivoluzionaria. E’ in questa prospettiva che i Forconi si lanciarono nella prova elettorale dell’ottobre 2012 (ottennero un modesto 1,55% con punte significative, nelle loro roccaforti del 15-18%). Non solo noi ma pure il Movimento dei pastori sardi di Felice Floris misero in guardia Mariano Ferro dalla scelta di presentare liste.

Lasciatisi alle spalle la prova elettorale, passata la fase della riflessione, archiviati gli incontri con il nuovo presidente piddino della Regione Sicilia, Rosario Crocetta — cui i Forconi hanno avanzato le loro richieste — eccoli di nuovo imboccare la via della lotta e della protesta di massa.

L’essere passati dalla rivolta al “dialogo propositivo” con le istituzioni e le controparti non ha dato alcun frutto degno di questo nome. Adesso i Forconi dicono di aver sbagliato. Nel volantino che stanno diffondendo si legge:
«Nel gennaio 2012, responsabilmente, ci siamo fermati, per sederci al tavolo e passare dalla protesta alla proposta. Siamo caduti nel tranello, ci siamo illusi e siamo stati persino insultati per questo. Abbiamo sbagliato»

E continua:
«L’undici di Marzo, uomini, donne, le madri ed i padri di quei giovani senza futuro, gli studenti, il trasporto, l’artigianato, il commercio, la pesca, l’agricoltura, tutti quelli che hanno perso il lavoro e la fiducia in questo paese ma che pretendono con forza dallo stato una prospettiva di sviluppo, ritornano sulle strade: Non se ne può più».
La situazione è veramente drammatica, a causa di una povertà oramai endemica, aggravatasi molto con le misure draconiane del governo Monti. Anche in Sicilia onesti cittadini, spinti dalla disperazione, sono stati costretti al suicidio, l’ultimo un mese fa. I siciliani “Non sanno più a quale santo votarsi!”

A partire dal giorno 11, saranno nuovamente in strada, con quelli che chiamano “presidi di sensibilizzazione”, che potrebbero trasformarsi in veri e propri blocchi come quelli del gennaio dell’anno passato. Anche in Calabria e Puglia partirà la stessa iniziativa, grazie alla rete di contatti che hanno saputo tessere. Il tentativo è dunque quello di mobilitare tutto il Mezzogiorno.

Legittime le richieste che vengono avanzate: condono della Serit (l’equivalente siciliano di Equitalia), che con i suoi tassi da usura, sta strozzando migliaia di famiglie, gettandole nel lastrico; accesso al credito dato che sempre più imprese chiudono e nessuna nuova nasce, perché non esiste quasi più la possibilità di ottenere un finanziamento; riduzione del prezzo del carburante; legge anti taroccamento per tutelare le produzioni agricole isolane e l’applicazione degli articoli 36 e 37 dello Statuto siciliano, che permetterebbero alla Regione Sicilia la piena attribuzione di tutte le entrate fiscali delle imprese che operano nell’isola, per poterle impiegare sul territorio.

Per quanto legittime, si tratta delle stesse richieste avanzate al governo Lombardo prima, al governo Crocetta poi, ignorate fino al momento non perché manchi la volontà, o ci sia corruzione o mafia. Il punto è che c’è la crisi. Il punto è che all’ordine del giorno ci sono altre prerogative, le richieste dei Forconi non sono compatibili con il Fiscal Compact, il pareggio di bilancio in costituzione, i diktat europei, l’austerity conseguente.

Ma protestare, manifestare il proprio malessere, urlare le proprie rivendicazioni, stare fra la gente, è sempre legittimo. I Forconi ci sono e si fanno sentire e noi, anche in questa occasione, siamo dalla loro parte.

da sollevAzione