Per un’analisi del berlusconismo

I berluscones hanno, com’è noto, una bella faccia tosta. Invocando un qualche “salvacondotto” di Napolitano  (e chi esclude che il golpista possa provarci?) argomentano che “non si può far fuori per via giudiziaria il leader che prende più voti di tutti”. Falso. Su 50milioni di elettori il Pdl ha ottenuto 7milioni e 330mila voti. In pratica un italiano su sette (vedi Tabella n.1, che somma i voti di Pdl e Lega Nord). Una piccola minoranza.

Non è che il Pd se la passi meglio (vedi tabella n.2). L’inizio del declino del blocco sociale Berlusconiano fu sancito dal tonfo nelle elezioni regionali del marzo 2010 — il Pdl perse di punto in bianco un terzo dei voti. Tra le cause una spiccava su tutte, l’insorgere della grande crisi, di cui il Cavaliere, come si ricorderà, semplicemente negava l’esistenza. Un’analisi rigorosa di quella decisiva e premonitrice  tornata elettorale la svolse Leonardo Mazzei.

Tabella n° 1

In diversi, già allora, cantarono vittoria: “Berlusconi è morto!“. Anche oggi, per bocca di Grillo, è risuonata la medesima sentenza. E come allora non condividiamo questo giudizio. Anche ove Napolitano non gli getti un salvagente e Berlusconi debba scontare la sua condanna penale, ciò non significa che egli sia espulso dall’agone politico. Potrebbe anzi, da pregiudicato, calandosi la maschera della vittima, svolgere il ruolo di capo-popolo incendiario. 

Che le quotazioni di Mediaset vadano a gonfie vele malgrado la sentenza della Cassazione, potrebbe incoraggiarlo a giocare il tutto per tutto. Qui c’è l’eventualità che decida di usare, certo attraverso stop and go e alcuni passaggi tattici, la carta anti-euro. Che si decida a compiere o meno questa mossa, essa è tuttavia solo un aspetto della questione. 

L’analisi va compiuta più in profondità. La crisi sistemica ha causato il declino e lo sfrangiamento di entrambi i principali blocchi sociali  ossatura della “seconda repubblica” (di converso l’ascesa di M5S), quindi anche del berlusconismo. Ma il blocco sociale belusconiano, per quanto ferito, è tenace e il suo leader pugnace. Cambieranno pelle. Quali saranno il nuovo volto e il nuovo posizionamento dei berluscones? Decideranno di cavalcare la latente rivolta della borghesia e del ceto medio pauperizzato? Ha ancora validità il concetto gramsciano di “sovversivismo delle classi dirigenti”? Tutto questo lo sapremo, non nel giro di anni, ma dei prossimi mesi.

Entro questa cornice ci pare doveroso segnalare ai nostri lettori un articolo di Moreno Pasquinelli che pubblicammo il 31 marzo 2010, subito dopo le elezioni regionali che segnarono appunto il punto di svolta.

Un pronostico sul dopo-Berlusconi
di Moreno Pasquinelli (31 marzo 2010)

Com’era prevedibile la sfilata dei berluscones ha lasciato lo spazio al balletto sulle cifre. Possono aggiustarsela come vogliono, ma visto che la parata era stata annunciata come una gigantesca prova di forza, questa è stata un sostanziale flop

Il fallimento del contrattacco berlusconiano, ha mostrato le profonde crepe in seno al Pdl, la sua costitutiva fragilità come “Partito di plastica”, il carattere volatile del tele-populismo berlusconismo. Piazza San Giovanni conferma l’impressione generale, ovvero che il berlusconismo è effettivamente al tramonto.

Tabella n° 2

Sarebbe tuttavia un errore pensare che questo commiato avverrà in maniera indolore, che il berlusconismo possa scomparire lasciando sul tappeto solo il cadavere politico del suo artefice. Affinché questo accada occorre una condizione, che esso decida di farsi sommessamente da parte. Ma che vada a finire in questa maniera noi dubitiamo. Berlusconi ha già fatto capire che non ha alcuna intenzione di togliersi di mezzo, o di venir fatto fuori da una congiura di Palazzo, né di farsi cuocere a fuoco lento. La sua migliore arma essendo l’attacco, ha già annunciato la strada perigliosa che intende perseguire: presidenzialismo e riforma della Giustizia: cioè scardinamento finale della Costituzione e definitiva messa in mora della democrazia parlamentare.

L’animale ferito ha insomma fatto intendere che vuole giocarsi il tutto per tutto. Tanto peggio tanto meglio. Mors tua vita mea. Non è quindi difficile prevedere che i prossimi mesi e anni saranno segnati da uno scontro furibondo tra le diverse cosche politiche e tra gli apparati istituzionali. La guerra strisciante in atto da un ventennio tra le diverse fazioni che compongono l’oligarchia dominante va precipitando nella battaglia finale e decisiva.

E come in ogni grande battaglia campale due sono gli eserciti (con annesse riserve e forze di complemento), due i piani di battaglia. Di contro al berlusconismo non c’è più l’Unione prodiana, il centro-sinistra. Che esso sia risorto in occasione delle imminenti elezioni regionali, non deve trarre in inganno. Quella roba lì è morta e sepolta. I rimasugli della “sinistra radicale” e il Dipietrismo vengono mesfistofelicamente aggregati e utilizzati con già in programma la loro defenestrazione.

Ben diverso il disegno in via di attuazione: ed esso è un governo super-capitalista di unità nazionale o di emergenza istituzionale destinato a fare due cose fondamentali: rimettere ordine nella sfera politica e in quella economico-sociale. Cosa questo significhi è presto detto: un sistema istituzionale che consolidi, sul solco tracciato dalla seconda Repubblica, il suo carattere oligarchico, partitocratico e autoritario (un presidenzialismo senza Berlusconi), e un programma di misure sociali d’urgenza e draconiane per salvare il capitalismo italico dal rischio di bancarotta e i cui costi saranno le masse popolari a pagare.

Agli oligarchi che stanno congiurando per togliere di mezzo Berlusconi non sfugge che di tempo a disposizione ce n’è poco. La recessione, l’impoverimento di gran parte della popolazione, il risveglio operaio come pure il crescente malumore tra le fila del ceto medio e della stessa borghesia — tutti quei fattori primari che sono alla base della crisi del berlusconismo — hanno dato non solo un’accelerazione alla crisi politica, ma l’hanno resa ancor più ingarbugliata e acuta.

Non va confuso il Pdl col blocco sociale che esso rappresenta. Il Pdl è infatti solo la rappresentazione momentanea, o se si preferisce la maschera, che quel blocco sociale ha indossato dopo la scomparsa della prima repubblica, nella limacciosa e interminabile fase di passaggio della seconda e dalla quale siamo destinati ad uscire presto, in un modo o nell’altro. Ma qual’è il blocco sociale di cui stiamo parlando? Le anime belle che fanno del rispetto delle regole (ma quali esattamente?) l’alfa e l’omega della politica, i sacerdoti dell’immaginaria etica borghese politicamente corretta che fu, mettono in risalto del berlusconismo i suoi aspetti goliardici, populistici, cesaristi, cialtroneschi, mariuoli. Non sarà un caso che in questa rappresentazione ci si rispecchi buona parte del popolo, a dimostrazione che Berlusconi è il miglior interprete della più volgare italianità.

Ma non è questo il vero punto di forza del berlusconismo. La sua forza è che ha saputo mettere assieme il diavolo con l’acqua santa, coalizzare, com’era riuscito a suo tempo solo a Mussolini (vi ricordate l’accozzaglia che di nome faceva “Blocco nazionale anti-bolscevico”?) padroni e servi, capitalisti e operai, furbetti del quartierino e morti di fame, ex-comunisti ed ex-fascisti, beghine e fanatici del progresso all’americana, sanfedisti e pagani. Il tutto nella più classica e schmittiana logica “amico-nemico”, sapendo indicare a questa paccottiglia sociale vittimista irrancidita da un crisi che viene da molto lontano, il bersaglio, il nemico, i colpevole delle loro disgrazie. Gli oligarchi del capitalismo, la casta dei burocrati politici, i magistrati, i sindacati, i comunisti, gli immigrati. Proponendo una visione sociale che è un instabile combinato composto di corporativismo e egoismo sociale americanista, di liberismo e assistenzialismo, di apparente meritocrazia col più becero pietismo per “i meno fortunati”.

Si illude chi ritiene che fatto fuori il berlusconismo questo blocco sociale evapori. In un contesto di crisi sistemica che annuncia un periodo durissimo di austerità, e che quindi sarà segnato da aspri conflitti sociali per decidere chi debba accollarsi il grosso dei costi della crisi medesima e come verrà ripartita la calante ricchezza sociale disponibile, questo blocco sociale è destinato a radicalizzare le sue posizioni e cercherà una nuova forma politica.

Al periodo post-berlusconiano in cui stiamo entrando, che sarà segnato dall’inasprimento dei contrasti ad ogni livello, corrisponderà un post-berlusconismo come movimento politico-sociale, che sarà più radicale, populista e aggressivo di quello che l’ha tenuto in grembo in questi anni.

 

da sollevAzione