Nella notte del 23 novembre, all’età di settanta anni, è venuto a mancare Costanzo Preve.

Lo conoscemmo come intellettuale comunista a metà degli anni ’80, attraverso i suoi scritti, che leggevamo sulla rivista Marx101. Costanzo aveva nel frattempo preso le distanze dal suo maestro Luis Althusser, conosciuto da studente a Parigi negli anni ’60.

Alcuni di noi lo incontrarono nel 1990, in occasione di un congresso di Democrazia Proletaria. Era appena crollato il Muro di Berlino. Respinse la nostra proposta di diventare portabandiera dell’estrema sinistra. Malgrado ciò, quando prese forma poco dopo Rifondazione comunista, i diversi capi-corrente di Democrazia proletaria, anche approfittando della malattia che lo tenne temporaneamente lontano dall’agone politico, gli voltarono le spalle.  Essi non lo consideravano “affidabile”. Costanzo in effetti, ed è questa una caratteristica che lo distinguerà per sempre, era geloso della sua indipendenza intellettuale, rifiutandosi di fare “l’intellettuale di partito”, ovvero di mettersi al servizio di questo o quel ceto politico.

Guarito dalla sua prima malattia si rigettò in modo sistematico negli studi filosofico-politici, dando alla stampe alcuni volumi. Era giunto alle conclusioni a cui resterà fedele fino alla fine: (1) Il “comunismo storico-novecentesco” marx-leninista (fatti salvi alcuni essenziali contributi del maoismo (ma fino alla rivoluzione culturale), era morto e sepolto e nessuno lo avrebbe mai potuto resuscitare; (2) La teoria marxista restava uno strumento indispensabile per interpretare i fatti storico-sociali, ma andava superata in avanti, sottoponendola ad un processo di radicale de-costruzione; (3) Questa decostruzione doveva condurre alla rinuncia di due postulati filosofici marxiani che la storia aveva destituito di ogni fondamento scientifico, ovvero [a] che la tesi che la classe salariata aveva una capacità trans-modale si era dimostrata errata, vista l’incapacità di questa classe di fungere da levatrice del modo socialistico di produzione e [b] che occorreva sbarazzarsi delle forti dosi di utopismo marxiano, anzitutto dell’idea del comunismo come palingenesi universale e società egualitaria armonica e perfetta; (4) Da queste premesse giunse al paradigma che tanto scandalo suscitò a sinistra, ovvero che occorreva abbandonare la “dicotomia destra-sinistra” in quanto entrambe erano diventate maschere della globalizzazione imperialistica a predominio americano, una globalizzazione che veniva dipinta come una fase oramai post-capitalista, globalizzazione contro la quale si doveva lottare in ogni maniera, sostenendo le resistenze e le lotte di liberazione nazionali, a partire da quella palestinese.

Lo rincontrammo nel 1999, quando scese in campo contro l’aggressione NATO alla Jugoslavia e aiutò la causa antimperialista con brevi scritti polemici di rara efficacia.

Nell’estate dell’anno 2000 fu così nostro ospite al Campo Antimperialista di Assisi, di cui fu uno dei protagonisti. Partecipò a tutti i Campi successivi, fino a quello del 2004, come sostenne ogni passo della straordinaria esperienza antimperialista di quegli anni, passando per la prova del fuoco dell’appoggio alla Resistenza irachena (2003-2005).

Preve non diventò tuttavia un esponente del Campo, come noi, malgrado le dicerie in senso contrario, non diventammo “previani”. La più sincera comunanza nelle battaglie antimperialiste, che Costanzo abbracciò in modo coraggioso e indomito, non ci permetteva di accogliere tutti gli aspetti e le conseguenze del suo prolifico quanto aporetico pensiero.

Non condividemmo la tesi che la globalizzazione fosse andata fino al punto di conformare un sistema sociale post-capitalista; non condividemmo il suo cupio dissolvi della teoria marxista, né la furia iconoclastica contro quello che luì chiamava “comunismo storico novecentesco”. Non accettammo l’idea che fosse morta per sempre la “dicotomia destra-sinistra”. Abbiamo infine criticato la sua adesione ad un certo “geopoliticismo metafisico”, che lo ha condotto alla condanna delle sommosse popolari arabe dell’inverno-primavera del 2010-11.

Rifiutammo sempre, tuttavia, con tenacia, la vergognosa condanna all’ostracismo che Costanzo dovette subire da parte non solo degli intellettuali della sinistra sistemica ma pure di quella “radicale”, che in quanto a profondità di pensiero non gli arrivano nemmeno alle ginocchia. Fino alla fine abbiamo mantenuto con lui rapporti di amicizia e sincera solidarietà, fondati sulla reciproca stima, quella di chi resta irriducibilmente nemico dello stato di cose presente, di chi non negozia la propria indipendenza dal potere; rapporti diradatisi negli ultimi mesi, ma solo a causa del suo stato di salute.

Avremmo voluto esserti accanto compagno Costanzo, farti sentire la nostra vicinanza. La distanza non ce lo ha permesso. Ti saremo vicini custodendo la tua memoria, nella lotta per quel mondo nuovo che non hai mai smesso di pensare e di desiderare.

Oggi la peccaminosità è compiuta e forse ci sono le precondizioni sociali perché una nuova forma di coscienza possa nascere. Io non la vedrò sicuramente, ma è molto possibile che le persone che hanno oggi venti o trent’anni non soltanto la vedano, ma ne siano anche protagoniste!
Costanzo Preve