La mobilitazione del 9 dicembre, partita in sordina, si va facendo largo, raccogliendo l’adesione spontanea di migliaia e migliaia di cittadini. Praticamente in ogni provincia del Paese si sono formati o si vanno formando comitati e coordinamenti decisi a portare in strada la rabbia popolare e la sete di giustizia.
Chi come noi partecipa attivamente alla preparazione di questa mobilitazione ha potuto verificare che non si tratta solo di indignazione morale o di cieca rabbia. C’è dietro una consapevolezza tutta politica. Che vogliono coloro che scenderanno in strada? (1) cacciare il governo e farla finita coi partiti, di destra e sinistra che ci hanno accompagnato al baratro; (2) uscire dall’Unione europea, farla finita con l’euro-dittatura e tornare alla sovranità monetaria, ovvero a quella popolare e nazionale; (3) infine, e questo non è meno importante, li unisce tutti la consapevolezza che per cambiare il corso delle cose occorre una generale sollevazione popolare dal basso, che rispettando le compatibilità sistemiche resteremo sempre prigionieri.
Alle porte delle elezioni del febbraio scorso, spiegando le ragioni della nostra decisione di votare M5S scrivevamo che una forte affermazione elettorale di M5S:
«… darà forza e coraggio al popolo lavoratore, lo farà uscire dall’apatia e dallo stato d’impotenza. La spallata che verrà dalle urne sarà il segnale di un risveglio popolare, risveglio che è la condizione per invertire la rotta, per cacciare una volta per tutte una casta di politicanti corrotti e venduti, per creare le condizioni di un’alternativa di governo e di sistema. (…) Ognuno deve sapere che entriamo in un periodo ancor più turbolento, e che chi comanda è pronto a tutto pur di impedire una svolta. Il popolo lavoratore questo lo sa, deve quindi essere consapevole che una vittoria elettorale non sarà sufficiente, che dopo la spallata sarà necessario mobilitarsi, agire, lottare in milioni, che solo una sollevazione popolare potrà finalmente evitare la catastrofe del paese». [Una spallata per invertire la rotta, 19 febbraio 2013 ]
Dopo la spallata elettorale, dicemmo, verrà quella sociale.
La mobilitazione del 9 dicembre potrebbe essere, dopo alcuni segnali visti ad ottobre, un importante passo verso questa “spallata sociale”.
“Si tratta di bottegai, di piccoli imprenditori, di ex-leghisti e ed ex-berlusconiani… come potete mischiarvi con certa gente?”. Questo ci sussurra certa sinistra mentalmente incartapecorita, prigioniera di consunti miti ideologici operaisti.
Che in questo movimento che sfocerà nella mobilitazione che inizia il 9 dicembre ci siano, e per adesso in prima linea, strati della piccola borghesia, non c’è dubbio. Che in questa polvere d’umanità massacrata dalla crisi allignino tanti pregiudizi se non proprio posizioni politiche destrorse, per noi, è chiaro. Non è vero, tuttavia, che esse siano dominanti. Alla base c’è invece un sincero comune sentire sovranista democratico — attestato dall’appello che indice la mobilitazione medesima. Ciò è confermato tra l’altro dal fatto che, se i “bottegai” sono stati in molti casi i primi a farsi avanti, molti giovani precari, disoccupati (quasi tutti senza precedenti esperienze politiche), stanno ora partecipando alle riunioni preparatorie della mobilitazione e possono diventare la forza motrice della battaglia che si prepara.
Il compito dei rivoluzionari è di stare accanto a questi settori sociali che si ribellano, di innervare questo movimento di idee a proposte adeguate. Solo da dentro, eventualmente sulle barricate, dando l’esempio di determinazione e intelligenza tattica, portando la nostra esperienza, si conquista la fiducia di chi lotta, si possono far viaggiare le idee giuste, così contrastando gli avventurieri e i demagoghi reazionari che fanno capolino.
Chi sceglie di mettersi alla finestra, chi fa finta di niente, chi addirittura sputa addosso alla mobilitazione del 9 dicembre, lo voglia o meno, fa un favore non solo al regime (che si regge sulla pace sociale e l’apatia delle masse) ma proprio ai settori politicamente reazionari che agiscono nel movimento, lasciando loro aperta la strada per prendere la testa della rivolta sociale.
Chi condanna la mobilitazione del 9 dicembre non venga a dirci che è un “rivoluzionario”. Può forse essere utile ricordare quanto disse Lenin:
«Ogni crisi rigetta tutto ciò che è convenzionale, strappa gli involucri esterni, spazza via ciò che è sorpassato, scopre le molle e le forze più profonde. (…) Credere che la rivoluzione sociale sia immaginabile senza le insurrezioni e le esplosioni rivoluzionarie della piccola borghesia, con tutti i suoi pregiudizi, senza il movimento delle masse proletarie e semiproletarie arretrate … non la vedrà mai. Egli è un rivoluzionario a parole che non capisce la vera rivoluzione.
La rivoluzione russa del 1905 è stata una rivoluzione democratica borghese. Essa è consistita in una serie di lotte di tutte le classi, i gruppi e gli elementi scontenti della popolazione. V’erano tra di essi masse con i pregiudizi più strani, con i più oscuri e fantastici scopi di lotta, v’erano gruppi che prendevano denaro dai giapponesi, speculatori e avventurieri, ecc. Obiettivamente, il movimento delle masse colpiva lo zarismo e apriva la strada alla democrazia, e per questo gli operai coscienti lo hanno diretto.
La rivoluzione socialista in Europa non può essere nient’altro che l’esplosione della lotta di massa di tutti gli oppressi e di tutti gli scontenti. Una parte della piccola borghesia e degli operai arretrati vi parteciperanno inevitabilmente — senza una tale partecipazione non è possibile una lotta di massa, non è possibile nessuna rivoluzione — e porteranno nel movimento, non meno inevitabilmente, i loro pregiudizi, le loro fantasie reazionarie, le loro debolezze e i loro errori. Ma oggettivamente essi attaccheranno il capitale». [V. I. Lenin, Luglio 1916]
A chi si considera davvero rivoluzionario vogliamo ripetere quando andiamo da tempo dicendo. La rivoluzione che sta crescendo nelle viscere di questa società in decomposizione non sarà, per stare all’analogia, come quella del 1917, ma come quella del 1905, ovvero sarà oggettivamente una rivoluzione popolare e democratica contro il regime dell’euro-dittatura, per rovesciare il sistema oligarchico e plutocratico.
Dentro quindi la mobilitazione del 9 dicembre, affinché si allarghi, per sostenere che una volta cacciati i Quisling dal potere avremo un governo popolare d’emergenza che dovrà applicare solo poche ma incisive misure: (1) uscita unilaterale dall’eurozona, (2) rinazionalizzazione della Banca d’Italia, (3) emissione della nuova lira, (4) misure restrittive dei movimenti di capitali; (5) moratoria sul debito pubblico. Il tutto entro il quadro di una decisa difesa dei redditi e dei diritti delle classi lavoratrici.
Il socialismo — un sistema che utilizzi razionalmente le fonti da cui solo sgorga la ricchezza, la natura e il lavoro, non per il profitto di una esigua minoranza ma per il bene comune e la collettività tutta — è la sola alternativa al marasma capitalistico, ma esso non è dietro l’angolo, giungerà al culmine di una serie di difficili battaglie preliminari. Vinciamole!
La Segreteria nazionale del Mpl
30 novembre 2013
da sollevAzione