Mentre scriviamo un Parlamento illegittimo sta votando una terza fiducia al governo Napolitano-Letta. C’era un convitato di pietra, la rivolta di piazza che sta incendiando il Paese, giunta oggi al suo terzo giorno. Indicativo quanto ad un certo punto ha dichiarato il segretario del Partito democratico Guglielmo Epifani. Da portavoce qual è del principale paladino dell’ordine costituito dopo aver stigmatizzato e condannato il movimento del 9 dicembre, ha inveito e minacciato rabbiosamente “chi si è permesso di oltraggiare gli esponenti e le sedi del Partito democratico”. Il riferimento è a quanto accaduto ieri a Perugia.
Nelle stesse ore il Ministro dell’interno suonava il medesimo spartito.
Segno del nervosismo che regna nei traballanti Palazzi del potere. Un segno di debolezza che suo malgrado Letta ha confermato quando, chiudendo la sua filippica, ha dovuto ribadire che lui non si arrende e si “batterà come un leone contro le pulsioni antieuropeiste”.
Dunque, anche se la rivolta si fermasse oggi, essa avrebbe ottenuto un successo enorme. Lo ha ottenuto perché ha saputo strappare tanti comuni cittadini dallo stato di sudditanza e d’impotenza, gettandoli nel fuoco della lotta; perché ha saputo parlare al cuore e alla testa di milioni e milioni di cittadini falcidiati dalle politiche criminogene dei dominanti ottenendo un ampio consenso —dominanti che d’ora in avanti non potranno più usare l’alibi che siccome gli italiani non s’incazzano vuol dire che condividono i duri sacrifici richiesti.
Ma questo NUOVO MOVIMENTO non si fermerà qui. Potrà rallentare, inciampare, ma è destinato a crescere, ad ingrossare le sue fila. Si farà le ossa, si dovrà strutturare in forma stabile (un coordinamento nazionale di tutti i portavoce locali?) superando disorganizzazione e pressapochismo. La sfida lanciata dal Movimento è tutta politica, ciò che lo obbliga a crescere a maturare in fretta. Se la sua attuale direzione si dimostrerà inadeguata non abbiamo dubbi che verrà scavalcata e sostituita.
Se il Movimento del 9 dicembre è riuscito in questo mezzo miracolo non è solo perché la misura era colma. Se ha funzionato come catalizzatore della rabbia è grazie ad otto fondamentali fattori:
(1) E’ stato respinto ogni sindacalismo categoriale a favore di un vero e proprio programma politico generale
(2) No alla globalizzazione e al capitalismo finanziario predatorio
(3) No all’Unione europea
(4) Riconquistare la sovranità popolare e monetaria
(5) Difesa e applicazione della Costituzione
(6) Ripudio di tutti i partiti, di destra e di sinistra, che hanno governato il Paese causando la catastrofe sociale
(7) Di contro alla richiesta rivolta ai governi di cambiare la loro politica economica si chiede un cambiamento radicale, politico ed economico, un governo popolare
(8) Decisiva, sul piano simbolico, anche la decisione di rifiutare ogni bandiera di partito a favore di quella italiana.
I media di regime, dopo aver annunciato che la protesta sarebbe stata un flop, hanno scatenato la loro artiglieria pesante, definendo la rivolta “populista”, “demagogica”, “qualunquista”, “fascista”, “golpista”.
Al secondo giorno, quando hanno visto i presidi e i blocchi ingrossarsi — di giovani, studenti, precari, pensionati, oltreché di piccoli imprenditori in rovina —, le centrali strategiche della disinformazione hanno aggiustato il tiro, ricalibrandosi verso un peloso paternalismo.
E’ la medesima traiettoria di certa sinistra “antagonista”.
Leggendo lunedì certi siti “rivoluzionari” veniva il dubbio che avessero fatto un copia e incolla da la repubblica. Martedì, ieri, già si segnalavano le prime, timide e contorte correzioni di tiro. Senza tuttavia ammettere il madornale errore iniziale. Un buon segno.
Ci sono tuttavia numerosi babbei in circolazione — faremo nomi e cognomi a tempo debito, stiamo anche noi monitorando e catalogando — che insistono a chiamare questa rivolta “reazionaria”. La prova sarebbe che i fascisti l’avrebbero infiltrata. Gli stessi che hanno scatenato una miserabile campagna contro l’MPL e i suoi dirigenti, accusandoli, dal momento che aderiscono alla protesta, di essere “pappa e ciccia coi fascisti” — ciò che a sinistra suona come la più infamante delle scomuniche, quella che merita la condanna all’ostracismo se non peggio. Veramente noi non solo “aderiamo”, ci siamo dentro fino ai capelli, e in ogni luogo in cui siamo abbiamo occupato la prima linea.
Ed è proprio per questo nostro ruolo attivo, perché ci stiamo conquistando la stima di chi sta occupando strade e piazze, che possiamo praticare l’antifascismo, quello vero, quello che toglie spazio, agibilità e ossigeno ai fascisti proprio nei luoghi di massa in cui essi cercano di ficcarsi.
Sì, cari babbei! noi abbiamo deciso di “sporcarci le mani”, di stare comunque col popolo che soffre e, nel fuoco della battaglia, guadagnare la sua fiducia. Non è con le declamazioni isteriche e con gli esorcismi che si emarginano i demagoghi, ma battendosi per indirizzare sui giusti binari la rabbia sacrosanta di chi ormai è alla fame ed è pronto a tutto.
Babbei! Chiedetevi piuttosto come mai proprio nelle città in cui siete i fascisti si sono potuti infiltrare, perché siete ai margini di questa grande protesta. Chiedetevi se ciò non sia dovuto al fatto che non avete alcuna reale base sociale, che la vostra consistenza politica è inversamente proporzionale al volume dei vostri proclami ideologici, ed al vostro antifascismo paranoide.
Vi faremo rimangiare le vostre accuse infamanti. Non sarete voi che verrete a prenderci. Saremo noi che verremo e prendere voi!
da sollevAzione