La Troika non molla e vuole imporre 19 nuove misure di austerità

Sui giornali è di moda parlare della Grecia come di un “malato” in via di guarigione. Secondo le previsioni, il 2014 farà segnare un incremento del Pil dello 0,6%. In realtà un nulla, dopo 4 anni di recessione continuativa e dopo aver perso addirittura il 26% rispetto al prodotto interno lordo del 2007. Ma in mancanza di meglio, agli euristi basta anche questo zerovirgola per cantare vittoria.

A sentire certi toni trionfalistici molti penseranno che per la Grecia sia quantomeno finita la stagione dell’austerità. Errore. E non da poco. Gli euro-fanatici brindano e la Troika gongola, ma il tributo di sangue richiesto non vede ancora la parola fine.

In questi giorni la Troika (Fmi-Ue-Bce) sta chiedendo al governo di Atene un nuovo aumento dell’età pensionabile, più licenziamenti tra i lavoratori pubblici, maggiore facilità nei licenziamenti sia nel pubblico che nel privato. Ma non basta, la triade vuole anche che si renda più semplice per le banche l’acquisizione della prima casa per chi è indietro con le rate del mutuo, ed in generale vuole che siano più semplici e più rapidi i sequestri ai debitori morosi.

E, come se tutto questo non bastasse, lorsignori vogliono anche un nuovo taglio di 2,6 miliardi al già misero bilancio statale. Insomma, le torture nei confronti del popolo greco non sono certo finite.

C’è però un problema politico, che sta spingendo il servile governo Samaras a chiedere una tregua. Il problema è che all’inizio del prossimo anno i greci potrebbero essere chiamati al voto anticipato. Dunque, anche un governo di fedeli esecutori dei diktat dell’Europa e del Fmi, avrebbe bisogno di respirare un po’ per cercare di turlupinare in qualche modo gli elettori.

Fino ad oggi il premier Samaras (Nuova Democrazia) ed il suo vice Venizelos (Pasok) non si sono certo fatti scrupoli nel portare avanti la loro politica di massacro sociale. Ora, però, la situazione per loro è davvero delicata.   

Il prossimo 12 febbraio il parlamento greco si riunirà per eleggere il nuovo presidente della repubblica, in sostituzione di Karolos Papoulias. I due partiti di governo contano su 154 seggi, ma per l’elezione del presidente ne servono 180. Dove trovare gli altri 26? Inutile dire che le trattative sottobanco sono in corso da tempo, ma non è sicuro che possano garantire il risultato. In quel caso il presidente in carica dovrebbe sciogliere il parlamento, convocando nuove elezioni politiche.

Elezioni che secondo tutti i sondaggi verrebbero vinte, al momento, da Syriza che incasserebbe in questo modo il mega premio di maggioranza del 15%. Certo, anche così, il partito di Tsipras ben difficilmente potrebbe raggiungere il 50% dei seggi, ma di sicuro non ci andrebbe troppo lontano. Secondo le proiezioni effettuate in base al sondaggio di Public Issue, realizzato a fine settembre, Syriza potrebbe ottenere ben 146 seggi, solo 5 in meno della maggioranza assoluta.

Ora, tutti sanno che Tsipras sta ammorbidendo le sue posizioni e, soprattutto, che la sua non è (e non è mai stata) una posizione anti-euro. Tuttavia, non può sfuggire a nessuno che una sua eventuale affermazione rappresenterebbe un vero terremoto, oggettivamente un tassello certo non secondario del processo in atto di disfacimento dell’UE.

Che perfino in una situazione come questa, la Troika (della quale Ue e Bce sono parti fondamentali) continui imperterrita nei suoi obiettivi non è forse la migliore dimostrazione dell’assoluta irriformabilità dell’Unione Europea?

Solo i ciechi possono continuare a dubitarne.