Ma quale sinistra del Pd?

Sento dire che con l’arrivo di Matteo Renzi sarebbe in atto una “svolta genetica del Pd”.
E’ un’affermazione che fa molto comodo alla cosiddetta “sinistra del Pd”, ma è falsa. Renzi porta solo a compimento una mutazione genetica iniziata con la “Bolognina”, ovvero con i funerali del vecchio Partito comunista.

E si sbagliava chi allora sosteneva che il Pci, divenuto Pds,  si era trasformato in un partito socialdemocratico. Quel mutamento era invece più profondo, simboleggiava lo spostamento definitivo di quel gruppo dirigente e del partito nel campo della classe dominante. Una classe dominante che aveva abbracciato da almeno un decennio la visione del mondo liberista e globalista. Per diventare il referente politico principale della grande borghesia italiana l’ex-Pci doveva quindi accettare il neoliberismo.

E questo in effetti avvenne.

La verifica l’avemmo presto. Prima ancora di accedere direttamente al governo, l’ex-Pci accettò entusiasticamente i neoliberisti Trattati di Maastricht che fondarono, sulla moneta unica, l’Unione europea. Poi il sostegno al governo Ciampi, quindi a “riforme” liberiste che cambiarono per sempre il paese ed il mondo del lavoro. Una volta giunti al potere liberalizzazioni e privatizzazioni a tutta randa (Bersani docet). Quindi l’abolizione in combutta con le destre del sistema elettorale proporzionale (Mattarellum) e la “bicamerale” con cui si tentò di scardinare la Repubblica parlamentare e la Costituzione in nome della governabilità e di un modello presidenzialistico. Infine, ciliegina sulla torta, D’Alema primo ministro, partecipazione diretta alla guerra d’aggressione contro la Iugoslavia.

Di passata è doveroso ricordare che se oggi la sinistra italiana è agonizzante è per questo, ed anche perché il partito che era sorto per contrastare questa deriva liberista, parliamo di Rifondazione, agì come quinta ruota del carro di questo colossale processo di putrefazione politica; perché la CGIL assicurò la pace sociale non disturbando i guidatori.

Renzi è dunque figlio legittimo di una mutazione genetica pienamente compiuta.

I notabili del Pd oggi piagnucolano, non perché non sono d’accordo con le politiche di Renzi, ma perché quest’ultimo gli ha sfilato di mano il partito, ovvero lo strumento che assicurava loro, assieme al predominio nelle istituzioni, prestigio e immenso potere.

Quando i renziani rinfacciano tutte queste cose ai notabili, quando gli ricordano che essi han sostenuto senza fiatare il peggiore massacro sociale della storia repubblicana, ovvero il governo Monti imposto dall’euro(pa), hanno quindi ragione. E dunque si spiega come sia stato possibile che Renzi gli abbia sottratto il partito, non l’ha fatto con un golpe interno ma ottenendo il sostegno del basso clero degli amministratori piddini e di un’ampia maggioranza degli iscritti e di elettori del Pd.

Renzi ha ragione a non temere la scissione dei vecchi notabili. Non la teme perché sa bene che fuori dal suo Pd non andranno da nessuna parte se non verso l’oblio.

E’ vero che con Renzi si apre a sinistra del Pd un grande spazio a sinistra. Ma ve l’immaginate un partito di sinistra capeggiato da Bersani, D’Alema e la Rosi Bindi? Un partitello che avrebbe difficoltà a superare lo sbarramento elettorale.
A meno che…

A meno che Landini non decida di ospitarli nella sua “cosa” ancora tutta evanescente.
E noi scommettiamo che Landini non vorrà imbarcarli. E non vorrà farlo perché invece di un valore aggiunto sarebbero un nocumento alla sua causa.

Che ci faccia uno come Stefano Fassina in questa porcilaia per noi è un mezzo mistero. Fassina, al netto di certe sue ambiguità (ieri, nella direzione del Pd, ha affermato che all’Italicum preferirebbe i collegi uninominali — Sic!)  è il solo che abbia avuto il coraggio di indicare la radice di tutti i mali del Pd, la sua adesione alla dottrina neoliberista, la sua supina sottomissione all’Europa oligarchica, processi di cui i notabili che oggi dicono di “stare a sinistra di Renzi” sono stati artefici. Prima si smarca meglio è. Per lui e per la futura opposizione sociale e politica.