Ieri si è svolta l’annunciata marcia promossa dal Movimento 5 Stelle, da Perugia ad Assisi. I promotori possono ritenersi soddisfatti: diecimila attivisti, forse anche più, la maggior parte giovani, hanno risposto all’appello di marciare per la dignità, contro la povertà e per il reddito di cittadinanza. Mostrando, a chi ancora rifiuta di prenderne atto, che M5S non è solo Beppe Grillo, non è solo i suoi gruppi parlamentari, e nemmeno un’associazione che vive solo nel mondo virtuale di internet. M5S c’è, e con esso tutti debbono farci i conti.

Con la tradizionale Marcia della Pace Perugia-Assisi quella di ieri non aveva in comune solo il percorso (per la verità diverso: non si capisce per quale ragione essa, a metà dei 20 Km, ha seguito un assurdo ed estenuante zig-zag). Del tutto simile l’allegra compostezza, il melting pot di soggettività sociali, il miscuglio magmatico di idee politiche, un crogiuolo di facce, radici, storie personali. Il tutto tenuto però assieme da un potente collante, il senso orgoglioso di appartenenza ad una comunità di gente semplice, onesta, pulita, impegnata nel voler cambiare questo disgraziato Paese. Diciamola tutta: M5S ha ricostruito attorno a sé un proprio senso identitario — un punto di forza indiscutibile in una società spappolata da decenni di egemonia del pensiero unico neoliberista dove “identità” era condannata come un residuo del ‘900 che fu.

Un’identità tuttavia minimalista, figlia essa stessa (e come poteva essere diversamente) dei tempi. Qual è infatti l’emblema, l’ideogramma in cui si racchiude questo senso di diversità e quindi d’indentità? Consiste in un unico sostantivo: ONESTÀ. Non a caso ONESTÀ è stato l’unico (l’unico!) slogan che abbiamo sentito venire dalla piazza a Marcia finita. Un grido tanto più significativo poiché esso è stato il sigillo della manifestazione, conclusasi sorprendentemente, senza palco né alcun discorso di chiusura.

Un’identità figlia dei tempi dicevo, che come matrice politico-simbolica ha punti decisivi di somiglianza col defunto “dipietrismo”, col suo spirito giustizialista, “manipulitista” per non dire manettaro. Un’identità debole si dirà, ed è vero, a patto di capire che un vincolo ideale più forte non sarebbe in grado di tenere assieme tutte le diverse anime che invece convivono nel Movimento 5 Stelle, sarebbe anzi divisivo.

Distante quindi, dal comune sentire della grande maggioranza dei manifestanti, il messaggio profetico, di sapore escatologico ed implicitamente anticapitalistico che contraddistingue invece la narrazione del fondatore n.1, Beppe Grillo. Una narrazione radicale, quella di Grillo, che è una delle due anime più profonde del movimento, l’altra essendo quella che s’incarna nel messianismo improbabile quanto ambiguo di Gianroberto Casaleggio.

In un panorama sociale e politico come quello italiano si deve dire tuttavia: per fortuna che il Movimento 5 Stelle c’è.

Non che non capiamo le critiche di chi accusa il Movimento grillino di non dare risposte davvero esaustive sul piano programmatico, ed i suoi dirigenti di essere evasivi per quanto attiene ad una visione coerente della società, della funzione della politica, dello Stato, delle relazioni internazionali.

La domanda che ci si deve porre è tuttavia un’altra: dove andrà a parare M5S? Non c’è una risposta bell’e pronta. Di sicuro questo Movimento è un organismo in evoluzione, metamorfico, è una miscela necessariamente instabile. Cosa potrà diventare dipende anche da tutta una serie di fattori oggettivi che trascendono dalle possibilità di chi oggi ne è alla guida. Dipende anche da come sapremo dialogare ed interagire con esso.

Qui c’è un problema di cui è bene tenere conto. Questo orgoglioso spirito d’identità e diversità che distingue M5S, di cui l’altra faccia della medaglia è appunto l’instabilità insita nel suo stesso Dna, alimenta tra le sue fila, anzitutto in alcuni suoi esponenti di grido, un sentimento settario che ha volte trapassa in una autistica tendenza all’autosufficienza.

Un settarismo che è in verità  indice di una congenita fiacchezza, di una consapevole fragilità davanti alle enormi sfide del presente, per non dire del futuro.

Non si vince questo settarismo col settarismo, la spocchia con la supponenza, bensì abbattendo quei muri divisivi che fan comodo solo al nostro comune nemico. Per questo noi eravamo ieri, forti delle nostre ragioni, a marciare accanto agli attivisti di M5S. Ahimè eravamo i soli.