Pubblichiamo alcuni stralci, quelli che ci paiono più significativi, di un’intervista che Varoufakis ha rilasciato giorni orsono alla rivista australiana MONTHLY. Svela non solo alcuni retroscena interessanti del “negoziato” in sede di Eurogruppo ma anche la situazione all’interno del governo greco, soprattutto dopo la vittoria del NO al referendum. Non meno importante quanto Varoufakis dice di sé, di un pensiero che oscilla tra una deciso “europeismo” ideologico e la lucida comprensione della “follia” della moneta unica.

«Lasciatemi descrivere il momento successivo all’annuncio del risultato della vittoria del NO. Ho fatto una dichiarazione dal Ministero delle Finanze e poi sono andato negli uffici del primo ministro, al Maximos [che è anche la residenza ufficiale del primo ministro greco], per incontrarmi con Aleksis Tsipras e il resto dei ministri. 

Io ero euforico. Quel clamoroso OXI, inaspettato, è stato come un raggio di luce che ha trafitto fitte e profonde tenebre. Stavo camminando per gli uffici, sostenuto e spensierato, portando con me quella incredibile energia della gente. Avevano superato la paura, e con il loro superamento della paura mi faceva sentire come se stessi fluttuando nell’aria. Ma nel momento in cui sono entrato al Maximos quella sensazione semplicemente svanì. Anche lì c’era un’atmosfera elettrica, ma la carica era negativa. Era come se la dirigenza si fosse staccata dal popolo. E la sensazione che avevo era di terrore: e ora che facciamo?

E la reazione di Tsipras? Le parole di Varoufakis si fanno misurate. Insiste che il suo affetto e il rispetto per l’assediato primo ministro greco sono immutati. Ma nella sua risposta la tristezza e la delusione sono evidenti.

«Potrei dire che era scoraggiato. Sentiva che era una vittoria importante ma che in fondo in fondo il governo non poteva gestire. Era chiaro che c’erano elementi nel governo che gli facevano pressione. Nel giro di poche ore riceveva, da importanti personaggi del governo, pressioni tali per trasformare il NO in un SI, nella capitolazione»

Per lealtà verso Tsipras, e per onorare una promessa fatta, Varoufakis non fa nomi. Ma lui mi dice che ci sono stati pezzi da novanta all’interno della fragile coalizione di governo “che stavano considerando il referendum come una strategia d’uscita, non come una strategia di lotta”.

«Quando ho capito come si stavano mettendo le cose, ho detto a Tsipras che aveva una scelta molto chiara: o utilizzare il 61,5% di NO come una forza energizzante, o capitolare. E gli ho detto, prima che mi rispondesse: “Se fai la seconda scelta, io mi tolgo di mezzo. Mi dimetterò se sceglierete la strategia del cedimento».

Anche se Varoufakis è circospetto,  chiarisce che l’uscita della zona euro era qualcosa che lui, Tsipras e i loro colleghi della coalizione non avrebbero tollerato.

«Abbiamo sempre pensato che il progetto europeo, nonostante tutti i suoi difetti … era l’occasione per gli europei di stare insieme, che forse ci sarebbe stata la possibilità di sovvertire le intenzioni originali trasformando l’Unione europea in una sorta di Stati Uniti d’Europa. E, in questa prospettiva, mobilitarsi per politiche progressiste di sinistra. Questo è stato il nostro modo di pensare, quello che ci ha nutrito sin da giovani».

Questa mentalità da il senso della decisione di SYRIZA di giungere al compromesso dopo il referendum. Non era c’è malafede in questo impegno per l’Europa, a dispetto dell’allarmismo dei media europei mainstream. Ma per Varoufakis, onorare questo impegno [europeista, Ndr] non poteva essere la scusa per accettare i soffocanti termini proposti per la riduzione del debito, la devastazione sociale in nome dell’austerità.

«Tsipras mi guardò e disse: “Ti rendi conto che non faranno mai un accordo con me e te? Vogliono liberarsi di noi”.

E poi mi ha detto chiaramente la verità, che c’erano altri membri del governo che lo spingevano nella direzione della capitolazione.

Gli ho risposto: “Fai il meglio che puoi con la scelta che hai fatto, con tutto il cuore, io non sono d’accordo, ma non mi metterò contro di te.

Quindi sono andato a casa. Era le 4,30 del mattino. Ero sconvolto. Non personalmente, non me ne frega niente di lasciare il ministero; in realtà è stato un grande sollievo. Ho dovuto sedermi tra le 4,30 e le 9 di mattina per scrivere con parole più precise le ragioni delle mie dimissioni, perché  da una parte sostenevo Aleksis e non volevo attaccarlo. ma d’altra parte volevo fosse chiaro il motivo per cui me ne stavo andando, che non stavo abbandonando la nave. Era la nave che stava abbandonando la sua rotta».

Chiedo Varoufakis se ci fossero tra i 19 ministri delle Finanze dell’Eurogruppo, che spingevano per un uscita della Grecia. La sua risposta è rapida e schietta:

«Non l’Eurogruppo. Il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schäuble».

Chiedo: c’era malafede nell’atteggiamento di Schäuble? Ancora una volta, la risposta Varoufakis è immediata.

«Non era cattiva fede, era un piano molto preciso. L’ho chiamato il “Piano di Schäuble”. Egli ha pianificato un’uscita della Grecia come parte del suo piano per la ricostruzione della zona euro. Questa non è una teoria. Il motivo per cui lo dico è perché me l’ha detto lui stesso».

Per Varoufakis la spietatezza delle misure di austerità è parte di un gioco politico che la Commissione europea sta svolgendo per spaventare gli altri Stati membri.

«Questo era il modo di Schäuble di strappare concessioni a Francia e Italia, questo è stato sempre il vero gioco. La partita è stata tra la Germania, la Francia e l’Italia, e la Grecia era solo un capro espiatorio. Si tratta di una chiara strategia per influenzare Parigi e Roma, in particolare per disciplinare Parigi, in vista di un modello teutonico della zona euro».

Chiedo: ma davvero essi credono che l’austerità è la sola maniera per tenere la Grecia nella zona euro?

«E’ una cinica visione utilitaristica quella che per forgiare il futuro si deve sacrificare popoli improduttivi buoni a nulla. Ora, quelli più intelligenti — e tra loro ce ne sono molto pochi— comprendono che questa è tutta spazzatura. Capivano che il programma che stavano attuando era catastrofico. Ma erano cinici. Hanno pensato, so dove sta la mia convenienza.

È interessante notare che il ministro delle finanze della Germania è un uomo che capisce meglio di chiunque altro. In una pausa durante una riunione, gli ho chiesto, ‘Vuoi davvero firmare questo accordo? E lui ha detto, ‘No, non lo farei. Questo non è un bene per il vostro popolo.

Questa è la parte più frustrante della storia, che a livello personale si può avere questa conversazione umana, ma nelle riunioni è impossibile farlo, è impossibile avere l’umanità sul piano politico. Il dibattito politico è strutturato in modo tale che l’umanità deve essere lasciata fuori dalla stanza».

Varoufakis speiga che l’interesse e l’arrivismo giocano un ruolo all’interno di questi negoziati. Ma se gli uomini di Stato prendono decisioni in base a criteri a cui non credono, non c’è anche la viltà in gioco?

«Vorrei cercare di rispondere nel modo più accurato. Dei miei colleghi dell’Eurogruppo … “— si corregge, “ex colleghi” dell’Eurogruppo, io non sono più nell’ Eurogruppo grazie a Dio — è stato spesso detto che ero solo, 18 contro 1. Non è vero, non è vero. Una piccola minoranza, guidata dal ministro delle finanze tedesco, ha fatto finta di credere che l’austerità fosse per  i Greci l’unica via d’uscita, la cosa migliore per loro, ma erano una minoranza. C’erano altri due gruppi significativi.

Uno composto dai ministri delle finanze che non credono in queste politiche austeritarie, ma che sono stati costretti in passato a imporle ai loro stessi popoli con grandi conseguenze pregiudizievoli. Questo gruppo era terrorizzato alla prospettiva che avremmo potuto vincere perché avrebbero dovuto rispondere ai loro popoli “Perché siete stati così codardi?”

C’era poi un terzo gruppo, la Francia e l’Italia. Si tratta di importanti paesi, stati di prima linea in Europa, i cui ministri delle finanze non hanno creduto all’austerità né l’avevano praticata seriamente. Ma quello che temevano era che se si schieravano con noi, se fossero stati solidali con i greci, avrebbero incontrato l’ira del gruppo teutonico e magari si sarebbero visti imporre l’austerità. Non volevano passare per nostri sostenitori poiché sarebbero potuti essere costretti a subire le stesse umiliazioni».

Varoufakis offre quindi un resoconto preciso e convincente dei passi falsi della zona euro, la follia di “creare un’unica moneta comune gestita da una banca centrale che non avrebbe avuto alle sue spalle uno Stato, e stati con nessuna banca centrale alle loro spalle”.

da sollevAzione
*Fonte: Yanis Varoufakis del 3 agosto
* Traduzione a cura della redazione