Vuol turlupinare i greci, e rapidamente? Applausi scroscianti della stampa eurista a Tsipras
Intanto è nata “Unità Popolare“
La stampa eurista – nazionale e non – ha un nuovo idolo: Alexis Tsipras. Le oligarchie sanno accogliere come si deve i collaborazionisti. Che, per definizione, vengono sempre dalle fila del nemico, siano essi di primo o secondo pelo. E che, al momento giusto, sono l’arma migliore per tutelare gli interessi dei dominanti. Del resto, quale miglior prova dell’«inesistenza di alternative», dell’adesione al dogma imperante di colui che è stato in precedenza un simbolo della lotta contro quel dogma?
In fondo, è proprio questo triplo salto mortale che piace agli euristi. Leggiamo come lo descrive Federico Fubini sul Corriere della Sera: «La prima volta l’attuale premier di Atene aveva forzato le elezioni con l’obiettivo di far saltare le intese in vigore con i governi creditori. La seconda, meno di due mesi fa, aveva chiesto ai greci un “grande No” all’accordo che lui stesso aveva negoziato per cinque mesi. La terza volta invece, dimettendosi ieri, Tsipras induce un voto anticipato che equivale a un referendum per dire “Sì” a un compromesso più duro di quello che ha già respinto e più pesante di quello che avrebbe potuto strappare a febbraio scorso, se solo ci avesse provato».
Come si vede è tutto molto semplice. La cosa è sotto gli occhi di chiunque non li voglia chiudere. La sostanza è racchiusa in quel disinvolto passaggio dal NO al SI’ alle politiche liberiste ed austeritarie imposte dall’Europa. Tutto il resto è menzogna bella e buona.
Adesso l’imbroglione cerca di chiudere il cerchio. Dice che – da democratico qual è – c’è bisogno di un nuovo mandato elettorale. Il che, beninteso, non sarebbe neppure falso. Il problema è che il mandato che verrà richiesto a settembre sarà l’opposto di quello domandato a gennaio, per non parlare di quello – completamente tradito – del referendum del 5 luglio.
Non solo, la fretta di Tsipras ha altre due motivazioni: far votare i greci prima che arrivino gli effetti delle misure approvate in applicazione del Terzo Memorandum; cercare di distruggere politicamente la sinistra di Syriza – cioè la parte che è rimasta fedele al programma elettorale di gennaio – togliendole il tempo necessario ad organizzarsi.
Entrambi questi obiettivi sono ben chiari ai commentatori di tutta Europa, che infatti ne scrivono in abbondanza. Tra questi, quelli più dichiaratamente schierati sul fronte eurista sono i più entusiasti delle astuzie del trasformista in questione. Insomma: l’obiettivo è turlupinare il popolo, viva il turlupinatore!
Qual è il “merito” di Tsipras? Per Adriana Cerretelli, sul Sole 24 Ore di oggi, aver «avuto l’audacia della capitolazione». No comment.
Illuminante la retorica spesa dalla Cerretelli nella conclusione del suo articolo:
«Se dovesse riuscire a superare brillantemente anche questa terza prova, tenendo poi ferma la barra del risanamento e della modernizzazione della Grecia, Tsipras potrebbe non solo procurarsi un giorno un posto nell’Olimpo dei grandi statisti greci ma diventare anche una figura di riferimento della nuova politica europea: l’uomo che, evitando Grexit con un’incredibile e lungimirante testa-coda ideologico, ha salvato non solo il suo Paese ma anche l’euro. Mostrando che il coraggio della flessibilità mentale, dote rara nella cultura e nella dottrina europea ma decisiva per cavalcare con successo le sfide del mondo globale, in fondo è un obbligo morale per tutti. In politica come in economia. E in Europa per poter continuare a stare insieme. E tornare a crescere».
Fin qui il giornalistume plaudente.
Ma l’impostore, cos’ha raccontato ai greci ieri sera in tv? In un discorsetto penoso quanto disonesto, ha fatto l’elogio di se stesso e dei suoi tradimenti. Gli ha raccontato che, certo, l’accordo sottoscritto non è quello che avrebbe voluto, ma sicuramente è stato il migliore che si potesse ottenere.
Come no? Basta vedere i contenuti. O, ancora, i primi effetti. Ma per l’ometto di Atene non è questo che conta. Conta che si sarebbe potuto fare peggio. Insomma – ed in Italia ce ne intendiamo – menopeggismo allo stato puro. Peccato che con questa logica chiunque possa assolversi. Anche Samaras potrebbe dire la stessa cosa. Così come un omicida può sempre dire di aver evitato una strage.
E così avrebbero potuto comportarsi i greci nel 1940: arrendersi al diktat mussoliniano, evitare ogni resistenza per impedire il dramma della guerra. I menopeggisti di allora avrebbero di certo applaudito. I greci scelsero invece la strada della Resistenza, e così avrebbe potuto fare Tsipras dopo il grande consenso popolare del referendum. Certo, se gli oppressori di oggi vengono considerati come i necessari partner del “sogno” (che per noi è un incubo) europeista, è ovvio che ad essi non si può opporre resistenza alcuna. Ma che almeno la si faccia finita con la lagna della “sindrome TINA” (There is no alternative). Le alternative ci sono sempre. E Tsipras non è andato al governo proprio in nome dell’alternativa all’austerità ed al liberismo?
Tsipras ha detto che con l’accordo «l’economia respira» e tutto lentamente andrà a posto. Che i peggiori nemici sono quelli che vogliono il ritorno alla sovranità monetaria e nazionale. Che adesso – udite, udite! – «l’Europa non è più la stessa». Che «L’idea che si possa finalmente mettere fine all’austerità guadagna terreno».
Il tutto detto a nemmeno quaranta giorni dalla capitolazione di luglio ed a due giorni dall’inizio della svendita massiccia del patrimonio pubblico del paese. Non è davvero il caso di spenderci altre parole.
Concludiamo però con una previsione.
Il premier greco fa il furbetto perché sa di avere con sé le oligarchie europee. Del resto su chi altro potrebbero contare? Sa che le elezioni anticipate gli eviteranno il congresso di Syriza. Sa della debolezza degli avversari, del vantaggio assicuratosi con la precipitazione del voto anticipato (altro che la retorica sulla sovranità popolare!). Sa dunque di poter riconquistare il premio di maggioranza di 50 deputati. Così assicurano, del resto, tutti sondaggi di queste settimane.
Noi pensiamo però che le cose non saranno così semplici. I sondaggi non brillarono neppure a luglio, e molti di quelli attuali potrebbero essere “spinti” da quegli stessi centri di potere che vogliono un governo di unità nazionale.
Ed è questo l’esito più probabile del voto di settembre. Questa è almeno la previsione di chi scrive. Perché arrivare primi non basta per avere la maggioranza assoluta. Neppure con gli attuali alleati di Anel. Syriza potrebbe sì arrivare prima, ma avendo poi bisogno di un accordo con alcuni dei partiti che hanno governato in precedenza la Grecia. Certo, Tsipras farebbe comunque il primo ministro, ma la sua immagine politica ne verrebbe irrimediabilmente colpita.
Intanto la sinistra è uscita da Syriza ed è nata “Unità Popolare“. Avremo dunque una lista di sinistra chiaramente schierata per l’uscita dall’euro. A questi compagni facciamo i nostri migliori auguri. La battaglia elettorale sarà certamente difficile, ma il percorso che inizia è quello giusto. Da Atene ci viene dunque un segnale davvero importante. E non solo per la Grecia.