…ma noi ci crediamo poco

A proposito dell’assemblea di “Eurostop” di ieri a Roma

Ieri eravamo all’assemblea nazionale della campagna “Eurostop” a Roma. Un’assemblea con luci ed ombre. Per la verità più ombre che luci.

Il Coordinamento della sinistra contro l’euro ha aderito all’appello di convocazione di questo incontro, valutando positivamente il recente spostamento su posizioni no-euro di uno spezzone della sinistra precedentemente indifferente al tema della sovranità monetaria e nazionale, e addirittura ostile a chi da tempo, da sinistra, ne sosteneva le ragioni. Per chi, come noi, ritiene ormai da molti anni questa questione assolutamente centrale, si tratta senz’altro di un passo avanti da salutare positivamente.

Al tempo stesso non ci sfuggiva, già nella fase preparatoria, l’assoluta contraddittorietà tra l’adozione di una parola d’ordine (no-euro, no-UE) ed un’elaborazione del tutto inadeguata – per alcuni aspetti assente – sulle implicazioni della lotta contro la gabbia europea. Speravamo sinceramente che l’assemblea di ieri iniziasse a colmare queste lacune. Purtroppo non è andata così.

Dipenderà forse dal fatto che il Coordinamento della sinistra contro l’euro, e le forze che vi aderiscono, hanno sviluppato da anni un’elaborazione assai precisa, che c’è stato un confronto costante con i migliori economisti euro-critici, ma francamente il livello espresso nell’assemblea di ieri non ci ha convinto.

Non ci riferiamo tanto al primitivismo politico di alcuni interventi, che pure c’è stato, ci riferiamo soprattutto al mancato approfondimento degli stessi temi proposti. Temi pesanti, che avrebbero richiesto ben altre riflessioni, ben altro livello di elaborazione. In breve: si è voluto mantenere il dibattito su un piano di estrema genericità, come se un’iniziativa anti-euro, anti-Ue ed anti-Nato, equivalesse ad una delle tante assemblee di movimento degli ultimi cinquant’anni. Non si fa così. E se lo si fa non si va da nessuna parte.

L’intervento del Coordinamento della sinistra contro l’euro ha posto tre questioni: 1) La necessità di costruire una soggettività politica che, partendo dall’assunzione della questione europea come decisiva, si doti di una piattaforma programmatica adeguata – in sostanza, la lotta contro l’euro/Ue non può esaurirsi in una campagna. 2) La possibilità di colpire il fronte eurista italiano, cogliendo in particolare l’occasione del referendum costituzionale (che dovrebbe tenersi nell’autunno 2016) per mandare a casa Renzi. 3) L’urgenza di porsi l’obiettivo della costruzione di un fronte ampio, basato sui valori della Costituzione del 1948, per arrivare ad un governo popolare d’emergenza in grado di rompere davvero con l’Unione Europea e di riconquistare la sovranità nazionale, democratica e popolare.

Su questo tema del fronte, e delle sue caratteristiche ampie, ha insistito con forza anche Ugo Boghetta, della minoranza no-euro di Rifondazione Comunista.

Non serve oggi un fronte residuale, un aggregato purchessia d’estrema sinistra. Serve invece un fronte ampio, popolare, democratico, in grado di raccogliere le forze migliori per salvare il Paese dal disastro economico, dalla disoccupazione di massa, dall’impoverimento crescente. E’ dentro questo fronte, in parallelo con la sua costruzione, dentro la concreta battaglia per rompere con l’UE, che le forze che puntano alla fuoriuscita dal capitalismo-casinò potranno sviluppare appieno la propria iniziativa nella direzione del socialismo.

Fin qui i problemi di contenuto, di impostazione politica. Ma c’è stata anche una gestione dell’assemblea a dir poco burocratica, con una presidenza che ha incomprensibilmente escluso dal tavolo gli stessi esponenti della sinistra no-euro arrivati appositamente dalla Grecia (Dimitris Mitropoulos di Unità Popolare) e dalla Spagna (Pedro Montes e Diosdado Toledano, della Piattaforma uscire dall’euro). Meglio sorvolare su quello che è stato il curioso ordine degli interventi.

Si fa così se davvero si vuol costruire uno schieramento che pretende di essere popolare ed inclusivo quindi non autoreferenziale? Certamente non è solo una questione di stile, è anche l’assenza di un vero spirito unitario, probabilmente l’assenza di una vera convinzione su quel che si sta facendo.

Il nostro è un giudizio politico franco. E, sinceramente, preferiremmo avere torto. Ma non si costruiscono percorsi unitari in questo modo, né si potrà svilupparli fingendo di non vedere la realtà delle cose.

Con la stessa franchezza con la quale scriviamo questo commento, dobbiamo dire che l’assemblea di ieri ci conferma al 100% la giustezza della strada che il Coordinamento della sinistra contro l’euro ha intrapreso: quella di lavorare alla costruzione di un nuovo soggetto politico. Un’esigenza condivisa da molti dei presenti, ma sentita pure da un mondo ben più vasto di quello presente nell’assemblea romana.

Il primo passo di questo percorso è rappresentato dal Seminario nazionale che si terrà a Morlupo (Roma) il 12 e 13 dicembre.

Naturalmente, e ieri lo abbiamo ribadito, fermo rimane il nostro spirito unitario, la nostra disponibilità a partecipare ad iniziative comuni. Vedremo quali saranno i prossimi passi.

A coloro che hanno gestito la presidenza ieri ci sono voluti 7 anni di crisi per arrivare ad una posizione no-euro. Ma noi non facciamo come fanno altri: gli diciamo benvenuti! Ci auguriamo però che non ce ne vogliano altrettanti per trarne le relative conseguenze in termini di analisi, elaborazione, programma ed alleanze.

In conclusione: se son rose fioriranno… ma la partenza di ieri proprio non è stata convincente.