Nuit Debout: forza e limiti di un movimento trasversale

Perché ci occupiamo tanto di quel che sta accadendo in Francia?
Semplice! Perché riteniamo che prima o poi anche in Italia scenderà in campo un movimento popolare e spontaneo simile a quello francese, che a sua volta segue le orme di quello spagnolo degli indignados. Siamo in presenza, per chi la sa intravedere, di una tendenza di fondo, quella alla rivolta sociale, alla sollevazione.

In barba ai tanti pessimisti che si stracciano le vesti che tutto sarebbe oramai perduto, che non ci sarebbe più alcuna speranza di cambiare l’ordine di cose esistenti. Un movimento, quello francese, che ha evidentemente dei limiti. Che sono quelli che ci segnala Sapir.
Chi ha sale in zucca si prepari ed impari la lezione che viene da Oltralpe.


Sulla rivolta francese abbiamo giù pubblicato:

– FRANCIA: SCINTILLE DI SOLLEVAZIONE (e di che sollevazione stiamo parlando?)
– “NUIT DEBOUT”. LA RIVOLTA CHE NON TI ASPETTI (reportage)
NUIT DEBOUT: PASSARE ALL’OFFENSIVA di Frédéric Lordon

Qui sotto l’articolo di Jacques Sapir

Il movimento chiamato “Nuit Debout” [“Notte in piedi”, Ndt] ha avuto un impatto politico sorprendente in Francia, a dispetto delle pressioni della polizia e di tutte le altre minacce di cui è oggetto. Da Parigi, dove è nato, il movimento si è diffuso in oltre 50 città nell’intero paese. Dall’iniziale movimento di protesta contro la “legge El Khomri” (o riforma della legge sul lavoro), esso rappresenta una forma di mobilitazione stabile e continua. Ma va anche oltre questo. È evidente che questo movimento esprime un’enorme frustrazione politica, che ha a che fare con il tradimento del Partito “Socialista”, ma rappresenta anche una grande speranza. Al di là del numero delle persone coinvolte, è un segno che le cose stanno cambiando. Questo movimento viene definito “non organizzato”, ed è chiaramente “a-partitico”, sebbene non a-politico, e in esso ci sono dei militanti chiaramente identificabili. Si tratta di un fenomeno politico che potrebbe diventare importante nei prossimi mesi. Questo ci porta a porre una serie di domande.

1. Qual è l’estensione del movimento?

Questo movimento è particolarmente noto per la sua espansione geografica. È questo il motivo per il quale è così impressionante. È composto da decine o centinaia di migliaia di persone da svariate città della Francia, non solo provenienti da grandi città o da città universitarie. Questo movimento ricorda le “assemblee generali” degli ampi movimenti sociali che abbiamo visto negli anni ’60 del Novecento. Ciononostante, esso differisce in quanto si è costruito nel contesto di un disastro politico che riguarda sia i “Repubblicani” (centro-destra) che il Partito “Socialista”; ma quest’ultimo potrebbe piuttosto essere chiamato il Partito del Clientelato. Ma sebbene l’estensione geografica di questo movimento sia un aspetto positivo, non deve mettere in ombra l’aspetto della sua estensione sociale.

Il numero di persone che ogni sera vengono e passano parte della notte è ovviamente limitato. Il movimento deve porsi il problema di una sua estensione anche alle classi sociali più svantaggiate. Per ora queste sono molto meno rappresentate rispetto agli studenti (disoccupati o meno) e alla classe media. Da questo punto di vista è bene non considerare solamente la composizione sociale del movimento nella città di Parigi o in altre città principali. La capacità di questo movimento di collegarsi realmente con gli strati popolari, specialmente quelli che non sono nelle grandi città francesi ma vivono nelle città minori, lontani dalle luci della ribalta, è essenziale per la sua sopravvivenza.

2. La questione del suo esito politico

A parte la questione dell’estensione sociale, si pone ancora di più la questione dell’esito politico di questo movimento. Il movimento è di natura politica, ma non fa politica in senso stretto. È nato dall’attuale impasse nel quale un governo che finge di rappresentare la “sinistra”, presieduto da François Hollande, guida la Francia. Si capisce benissimo che l’attuale naufragio della cosiddetta “sinistra di governo” (ma dovremmo chiamarla piuttosto “sinistra di potere”, dato che vuole essere amica, e amica intima, della classe imprenditoriale, e ha iniziato a intascarsi soldi pubblici ogni volta che può), è uno dei motori del movimento. Supponiamo anche che questo movimento non abbia nulla a che fare con le proposte dei vari candidati “repubblicani”, cioè dell’ex UMP e dei suoi satelliti centristi. Il discorso scandaloso di Francois Fillon, che chiede di applicare il condono per l’evasione fiscale, conferma solo ciò che possiamo intuire dei discorsi di Alain Juppé, ex tuttofare (incluso fare le cose peggiori) dell’UMP che sta lentamente passando dalla rigidità alla mummificazione, ma anche di Bruno La Maire, Wauquiez e altri.

In realtà il movimento “Nuit Debout” oppone un rifiuto sia alla politica attuale che a un ritorno a quella passata. Perché in questo movimento c’è la comprensione, in alcuni implicita, in altri esplicita, che queste due politiche sono in realtà la stessa cosa. Si tratta solo della trasformazione del quadro disciplinare imposto dall’euro, ma anche dall’Unione Europea, alla Francia. Un esempio perfetto è proprio la legge sul lavoro, o “El Khomri Act”. Ma questo non basta. Il movimento non può limitarsi a un obiettivo ristretto. Deve trovare un obiettivo reale sia a breve che a medio termine. Gli esempi dell’Italia (con il M5S di Beppe Grillo) e della Spagna (con Podemos) mostrano che un movimento di questo tipo può avere uno sbocco in una reale forza politica. Ma allo stesso tempo l’incertezza politica di Podemos (e una simile incertezza che blocca anche il M5S) mostra che c’è bisogno di alcuni chiarimenti.

3. Quale forma organizzativa è necessaria?

Ci si deve porre un’ultima questione. Se questo movimento vuole durare, bisogna porsi al più presto la questione della sua struttura e organizzazione. C’è da apprezzare la “trasversalità” del movimento. Ma un’organizzazione così decentralizzata può funzionare, come sappiamo, solo se c’è una forte omogeneità nella rappresentanza di tutti i suoi membri. Tale omogeneità può essere ottenuta tramite un’ideologia condivisa, altrimenti detta “dottrina”. Ad oggi, però, l’omogeneità sta solo nel rifiuto della situazione attuale, ed è abbastanza ovvio che questa sia inaccettabile. Non ci sono “dottrine” capaci di assicurare l’omogeneità della rappresentanza, e questa sarebbe necessaria per avere una reale decentralizzazione dell’azione. Pertanto, il problema dell’esito politico di questo movimento si pone fortemente. Deve trovare uno sbocco in un tempo relativamente breve se vuole mantenere la sua capacità di mobilitare le masse. Ma la mancanza di organizzazione e struttura, che ora lo caratterizza, e che andava anche bene nelle fase iniziali, può essere fatale nelle prossime settimane, a meno che non si trovi una forma di organizzazione gradualmente più stabile. Questa è la sfida.

da sollevAzione