Cinque sono i dati salienti della tornata elettorale spagnola.

(1) In primo luogo il successo del Partito Popolare, ovvero della destra storica spagnola, erede diretta del franchismo. Dentro questo successo, quello personale di Rajoy, che ora riceverà il mandato per formare il governo. Molto probabilmente di “larghe intese” con il Partito socialista —così come chiedono le classi dominanti spagnole e gli oligarchi euro-tedeschi.

(2) La sostanziale tenuta del Partito socialista, che ha evitato l’annunciato sorpasso da parte di Podemos, e può quindi vendere cara la pelle nell’ipotesi di dover governare assieme a Rajoy e il Partito Popolare.

(3) Il vero e proprio crollo di Ciudadanos, la neonata formazione neoliberista che, sul lato destro del panorama politico spagnolo, ha cercato di emulare Podemos.

(4) Il forte calo dei votanti. Un dato rilevante se si pensa che da sei mesi la Spagna era senza governo ed in una ininterrotta campagna elettorale ossessivamente alimentata dai media.

(5) La sconfitta elettorale di Unidos Podemos. L’alleanza tra il movimento di Pablo Iglesias e Sinistra Unita non solo non scavalca il Partito socialista, ma perde una milionata di voti rispetto ai voti che le due formazioni ottennero a dicembre.


Come spiegare il “fracaso”, il fallimento di Podemos?

Le prime analisi dei flussi elettorali indicano che, mentre una piccola parte di ex-elettori di Podemos e Sinistra unita ha votato per i socialisti, la maggioranza non si è recata alle urne o ha votato scheda bianca. Un fallimento che sarebbe stato catastrofico senza i notevoli successi nei Paesi Baschi ed in Catalogna — che si spiegano per le peculiarità di queste due nazioni e per il decisivo contributo dei movimenti indipendentisti.

Allora la vera domanda
è non tanto perché non c’è stato l’annunciato “sorpasso”, ma perché centinaia di migliaia di cittadini che a dicembre votarono Podemos o Sinistra unita hanno scelto l’astensione?

A rischio di sbagliarmi, ed avendo seguito la campagna elettorale spagnola, anzitutto nelle sue ultime battute, azzardo la mia spiegazione.

La ragione che a me pare prevalente è che Podemos, anzitutto attraverso le dichiarazioni in pompa magna del suo leader carismatico, ha scelto un posizionamento elettorale moderato, posizionamento che tanti elettori hanno respinto.

Di che parlo? Parlo di alcuni clamorosi errori compiuti da Pablo Iglesias.

Provo ad elencarli senza seguire un rango per importanza.

(1) I dirigenti di Podemos hanno voluto credere ai sondaggi, che davano per acquisito il “sorpasso”. “Io sarò il primo ministro di un governo coi socialisti”, ha più volte ripetuto Iglesias: vertigini del successo che spiegano non solo una sicumera indisponente, ma quanto prigioniero Iglesias si sia dimostrato del cerchio magico dei media, e quanto poco egli percepiva i sentimenti più profondi di tanti suoi elettori, quanto bolliva nella pentola della sua base sociale. Questo, diciamo così, potrebbe essere considerato un peccato veniale, parzialmente perdonabile, non possono esserlo invece quelli capitali.

(2) Errore clamoroso si è rivelata la fretta governista, incarnata nella proposta politica centrale della campagna elettorale: quella del governo di coalizione con il Partito socialista, il principale pilastro, più ancora del Partito popolare del regime euro-oligarchico — che è come se qui gli M5S proponessero un governo di coalizione col Pd. Gli elettori più radicali e di base di Podemos e Sinistra unita hanno respinto questo….inciucio.

(3) Per giustificare questa alleanza di governo con il Partito socialista, Iglesias ha fatto concessioni programmatiche ai socialisti che sarebbero state considerate impossibili solo pochi mesi prima. Nessuna proposta di nazionalizzazione di banche e settori strategici per colpire i santuari della casta oligarchica, abbandono totale della rivendicazione storica della sinistra spagnola di uscita dalla NATO, nessun riferimento al superamento dell’ordinamento istituzionale monarchico.

(4) Un vero e proprio autogol la dichiarazione rilasciata da Pablo Iglesias dopo il dirompente successo popolare della Brexit. Citato: «Giorno triste per l’Europa. Va cambiata, perché da un’Europa giusta e solidale nessuno vorrebbe andarsene. Cambieremo l’Europa». Che pena! Una dichiarazione di fede europeista che lo ha collocato al fianco delle euro-oligarchie che dice di voler combattere. Uno tsiprismo fuori tempo massimo. Un errore clamoroso, questo aver reiterato proprio dopo Brexit, il suo europeismo, visto che oramai quasi la metà degli spagnoli è nel campo dell’euroscetticismo e che l’eurofilia è in rapido declino di consensi anche da quelle parti.

(5) Non solo Iglesias ha affermato che Podemos è la “vera socialdemocrazia dei nostri tempi” (sic!), negli ultimi giorni di campagna è giunto a tessere le lodi di Jose Luis Rodriguez Zapatero, qualificato come, testuale! “…il miglior presidente della democrazia” [Democrazia il regime monarchico di Spagna??]. Zapatero, ovvero il primo ministro socialista sotto il cui governo sono state adottate in Spagna (e gli spagnoli se lo ricordano molto bene) le più radicali e antipopolari misure neoliberiste e austeritarie — come qui fece Prodi tanto per capirci.

Iglesias non sembra sapere o volere correggere la rotta. Sembra si sia incartato, ha perso lo smalto…

Nella sua dichiarazione a caldo di ieri notte ha anzi aggravato le cose, insistendo comunque per un’alleanza coi socialisti, dicendo che Podemos è ancora pronta a costruire una “blocco progressista contro il blocco conservatore”, il quale ultimo avrebbe “aumentato i suoi consensi”.

Una dichiarazione molto grave quindi
, e per due regioni, non una sola.

La prima è che Iglesias ha teso ad accreditare una svolta a destra dell’elettorato che non c’è stata —Partito Popolare e Ciudadanos assieme hanno perso anche loro in voti assoluti. Ricordiamo che durante la campagna Iglesias aveva più volte ribadito che più che i seggi si sarebbe dovuto considerare i voti assoluti.

La seconda è che inopinatamente lo stesso Iglesias, venendo meno alla principale narrazione su cui Podemos è sorta ed ha sfondato, ovvero essere alternativa ad entrambi i due pilastri del regime oligarchico — leggi: oltre la dicotomia destra(PP) e sinistra (POSOE) — ora ripropone niente meno che la minestra riscaldata del falso bipolarismo “progressisti/conservatori”.

Iglesias sembrava un populista radicale intelligente
, un leader coraggioso deciso a rompere il bipolarismo che ha ingessato la Spagna dopo Franco. E’ finito nella palude del più modesto dei politicismi pseudo-macchiavellici, facendosi arruolare come truppa di complemento del sistema eurista e come salvagente del bipolarismo comunque moribondo.

Ps.

Tante volte Iglesias ha detto di considerarsi un alunno di Antonio Gramsci.
Altro che Gramsci e lotta per l’egemonia attraverso una lunga guerra di posizione per conquistare le casematte nella società civile. Qui siamo in presenza di un’impaziente guerra di movimento elettoralista per accedere al vertice delle istituzioni di quella che si scrive “democrazia spagnola” ma si deve leggere “monarchia”.

da sollevAzione