Per la terza volta il governo ricorre al famigerato articolo 49.3 per imporre il jobs act. Il 15 settembre l’intersindacale in piazza. Lo stato d’emergenza soffoca la Francia e la polizia uccide nelle banlieue
Terzo e ultimo colpo di mano del governo francese sulla riforma del lavoro. Nel Paese alle prese con l’orrore jihadista (ma perché dare per certa la matrice jihadista? – ndr) dopo la strage di Nizza, la terza in appena 18 mesi, il premier Manuel Valls ha voluto chiudere rapidamente l’infinita querelle sulla Loi Travail barricandosi dietro allo stato d’emergenza. Nel corso di un intervento all’Assemblea Nazionale, il capo del governo – nell’unica breve parentesi non consacrata a sicurezza e stato d’emergenza – ha annunciato il terzo ricorso all’articolo 49.3 della costituzione, che consente di adottare il ‘Jobs act’ francese senza passare per il voto dei deputati, salvo una ormai improbabile mozione di sfiducia entro le prossime 24 ore.
Tutto è cominciato a marzo con una prima versione presentata dalla giovane ministra del Lavoro Myriam El Khomri. Dopo mesi di trattative si è arrivati a una sorta di versione ‘alleggerita’ accettata dal sindacato CFDT, una sigla compiacente non manca a nessuna latitudine, ma non dalla CGT, il principale sindacato di Francia contrario alla riforma, che in quattro mesi – spinto dalle mobilitazioni dei precari e degli studenti delle Nuit Debut, ha indetto ben 12 giornate di mobilitazione nazionale con scioperi e manifestazioni di piazza in tutto il Paese, anche nel corso degli Europei di calcio. Da parte sua, il presidente Hollande ritiene la legge «conforme ai suoi valori di uomo di sinistra» ma conferma che le sentinelle in piedi del neoliberismo sono i partiti dell’internazionale socialista (la stessa in cui vorrebbe entrare Sel e in cui c’è il Pd).
Bestia nera della CGT era anzitutto l’articolo 2 sulla contrattazione. Una disposizione su cui l’esecutivo non si è piegato e che inverte la gerarchia normativa introducendo la possibilità delle aziende di distaccarsi dai contratti nazionali di categoria e utilizzarne versioni modificate attraverso contrattazioni interne tra direzione e lavoratori. La legge non cancella le 35 ore di lavoro settimanale, misura ‘simbolo’ del Partito socialista, ma permette alle aziende di aggirarla in scioltezza, negoziando aumenti fino a 48 ore e turni di 12 ore. La riforma punta anche a semplificare i licenziamenti economici. Nella visione dell’attuale governo l’obiettivo è ridurre i ricorsi alla giustizia e aumentare la flessibilità col miraggio che tutto ciò spinga le assunzioni.
Nonostante il colpo di forza i sindacati ostili alla riforma non hanno indetto alcuna manifestazione complice il clima, pesantissimo, dovuto al terrorismo. Contrariamente al recentissimo passato le piazze sono rimaste vuote a Parigi e in tante altre città di Francia ma la Cgt di Philippe Martinez continua a promettere battaglia, almeno dopo la pausa estiva. Appuntamento fissato per il 15 settembre. «Anche in costume non si molla niente!», dice all’incirca il sito di Solidaires, l’altra gamba della lotta contro la loi travail, sindacato combattivo di base. Per tutta l’estate sono in programma azioni locali per preparare la nuova giornata nazionale del 15 settembre.
Hollande, intanto, ha annunciato di aver portato a diecimila il numero di militari per proteggere le manifestazioni di festa, gli eventi popolari, i luoghi di svago. «Insomma, tutti i luoghi dove saranno i francesi e i turisti stranieri che dobbiamo accogliere». Ma la situazione è pesante anche nelle banlieue: terza notte di tensione in Val-d’Oise, nella banlieue di Parigi, dopo la morte del giovane Adama Traoré durante un fermo di polizia. Cinque persone sono state fermate e rilasciate nella notte. Incendiate sei auto nei comuni di L’Isle-Adam, Champagne-sur-Oise, Bernes-sur-Oise e Beaumont-sur-Oise, e due pompe di benzina. A Persan, un’auto della Gendarmerie Nationale è stata bersaglio di «tiri ad aria compressa».
Il n.2 della prefettura locale, Jean-Simon Mérandat, ritiene però che la situazione sia «molto più calma» rispetto alle due notti precedenti. Alle 17 è stata fissata una marcia bianca in ricordo del ragazzo. Ieri, l’esito dell’autopsia praticata sul corpo di Adama, fermato a inizio settimana per sospetta estorsione, avrebbe scartato una possibile responsabilità delle forze dell’ordine. Secondo il procuratore di Pontoise, l’autopsia rivela che Adama soffriva di una «infezione molto grave» su «diversi organi» e il medico legale non ha trovato «tracce di significative violenze sul corpo» del defunto. Per l’avvocato della famiglia, Karim Achoui, «l’infezione» non spiega le cause della morte». Il legale radiato dall’ordine degli avvocati in Francia ma iscritto al foro di Algeri ha detto che chiederà una contro-expertise e si opporrà al permesso di seppellire Adama. Anche la sorella gemella di Adama, Hawa Traoré, non crede alle conclusioni dell’autopsia ma cerca di placare gli spiriti dei giovani di banlieue: «troveremo la verità, calmatevi ragazzi». La vicenda richiama alla memoria la tragica morte di Zyed e Bouna, due adolescenti morti in una centralina elettrica per nascondersi dalla polizia. Un dramma che dieci anni fa, il 27 ottobre del 2005, scatenò due settimane di rivolte in banlieue.
Infine, un campo profughi di fortuna nel nord di Parigi, con più circa 1500 migranti è stato sgomberato questa mattina dalle autorità francesi nel corso di una vasta operazione, la 26esima registrata dal giugno 2015. Secondo quanto riferiscono i media e le organizzazioni in difesa del diritto d’asilo, tra le 1500 e 2000 persone, per lo più provenienti da Eritrea, Somalia o Afghanistan, sono state radunate prima di essere portate via dai servizi della Prefettura dell’Ile-de-France. I migranti avevano occupato con tende e materassi una vasta zona nei pressi della stazione della metropolitana Jaures, al confine tra il X e il XIX arrondissement.