La Costituzione è una cosa troppo seria per lasciarla difendere dai costituzionalisti

Se c’è un modo sicuro per perdere il referendum, lo abbiamo visto ieri sera su La 7, nel confronto tra Matteo Renzi e Gustavo Zagrebelsky moderato da Mentana.

Renzi ha confermato ciò che sapevamo, e che spiega la sua ascesa, di essere un demagogo imbattibile e politicante di prima classe. Aveva studiato a menadito la parte, e la sua parte l’ha fatta quasi a perfezione. E’ riuscito ad apparire, ostentando la sua proverbiale tracotanza, di essere il modernizzatore appassionato, l’uomo del cambiamento, della sburocratizzazione e della governabilità, che sblocca il motore grippato dell’economia, quello che finalmente attua le “riforme” che tutti hanno evocato negli anni ma che nessuno nessuno è mai riuscito a realizzare. Il “decisionista” spavaldo che pur di salvare la Patria nel mondo della globalizzazione si gioca il tutto per tutto. Quindi a far passare quelli del NO come conservatori che vogliono tenere il Paese nella palude.

Dall’altra parte, sul ring, chi avevamo? Un liberale di antico lignaggio, un educato gentiluomo, un costituzionalista emerito che ha fatto la figura della mammoletta. Zagrebelsky ha infatti tentato, non senza assumere una fastidiosa postura professorale, di giocare di fioretto mentre l’avversario adoprava la scimitarra, non esitando a colpire con colpi bassi, come quando ha ricordato che l’avversario, che oggi dice peste e corna contro l’Italicum, nel 2003 così parlava:
“Una proposta meritevole d’attenzione c’è: sistema proporzionale con premio di maggioranza dato a chi prevale con una certa percentuale di voti oppure, in mancanza, assegnato con ballottaggio. Le idee non mancano”.

Abile Renzi tirando fuori dal cappello questa citazione. Egli ha in tal modo mostrato che l’esimio professore ha un bello scheletro nel suo armadio, quindi ciò a cui il Nostro più tiene: che egli non fa che realizzare l’ultimo decisivo tassello dell’opera intrapresa proprio dalla sinistra sistemica dal momento che questa divenne la testa d’ariete per abbattere la Prima repubblica. Anzi, Renzi ha mostrato un’altra cosa: che Zagrebelsky  — essendo stato ai vertici dello Stato mentre la democrazia costituzionale veniva spappolata dai Ciampi, dagli Amato, dai D’Alema e dai Napolitano — è colluso, corresponsabile della svolta autoritaria che oggi il professore esecra.

Zagrebelsky ha denunciato sì la visione oligarchica che sottende alla controriforma, ma invece di picchiare duro lo ha fatto di sfuggita, in modo minimalista e quel che è peggio se si vuole essere compresi da milioni di cittadini che vivono sulla loro carne il disastro sociale, senza alcun pathos, senza  alcuna emozione, con un distacco anche fin troppo aristocratico. Il professore ha giustamente sostenuto che la “costituzione materiale” è ben più importante di quella “formale”, del pezzo di carta con le sue regole, ma, e questo è stato davvero inammissibile, non ha fatto alcun accenno al marasma sociale, alle condizioni materiali di vita del popolo lavoratore, alle sofferenze sociali dei più. Non ha portato alcun attacco alle politiche neoliberiste e di cessione della sovranità al grande capitalismo finanziario globale e quindi all’Unione euro-tedesca che Renzi persegue, e di cui lo scardinamento costituzionale è solo un atto funzionale di coronamento.

Morale della favola: se c’è una via sicura per perdere il 4 dicembre, ci è stata indicata ieri sera su La7.
LA COSTITUZIONE È UNA COSA TROPPO SERIA PER LASCIARLA DIFENDERE DAI COSTITUZIONALISTI. Noi, mentre tutti correvano dietro ai professori, l’avevamo detto.